Voci insistenti e notizie di stampa, da ultimo l’articolo del Sole 24 Ore dello scorso 20 ottobre, danno come definita la vendita del settore pegno di UniCredit (200 milioni di impieghi e 35 filiali in Italia, compreso lo storico palazzo del Monte di Pietà nel centro di Roma e le agenzie periferiche) al gruppo Dorotheum, famosa casa d’aste austriaca. "Esprimiamo la propria preoccupazione e contrarietà, ribadita nell’assemblea del 14 novembre scorso da tutti i lavoratori, alla possibilità che il gruppo UniCredit preveda nel piano industriale forti ridimensionamenti e dismissioni sul territorio di attività, peraltro ad alta redditività, come il credito su pegno, senza preoccuparsi delle ricadute economico-sociali che inevitabilmente tale processo produrrà". Così, in una nota, Fisac Cgil, First Cisl, Uilca Uil, Unisin, Fabi.

Per i sindacati è inaccettabile "alienare un settore a cui è stato affidato nel tempo un ruolo sociale di microcredito e antiusura, esercitato in particolare durante questa lunga fase di crisi economica, con il rischio di produrre effetti devastanti e la perdita in una capitale come Roma di un presidio certo di legalità". L’attività del settore del Pegno rappresenta, infatti, "una forma trasparente e regolamentata di accesso al credito di chi, in momentanea difficoltà, necessita di liquidità temporanea al termine della quale ritira il possesso del proprio bene. Riteniamo grave e intollerabile che il tutto stia avvenendo senza il coinvolgimento dei lavoratori, del sindacato di categoria e nel silenzio assordante dei vertici UniCredit che lascia i dipendenti da oltre un anno in un insopportabile stato di incertezza".

"Preoccupano pertanto non poco – concludono Fisac Cgil, First Cisl, Uilca Uil, Unisin, Fabi –, oltre alle ripercussioni sociali di una eventuale cessione ad una società privata non bancaria, il cui interesse è circoscritto ai beni in garanzia dei prestiti, le ricadute sui livelli occupazionali e contrattuali per i lavoratori del settore".