Il problema non è consentire o meno che il boss di Cosa Nostra Totò Riina venga seppellito nel cimitero di Corleone, come pure si è attardato a fare qualcuno in Sicilia. Il problema, l’unico vero problema, per i corleonesi e per i siciliani onesti è quello di riuscire a trovare la forza e l’unità di intenti necessari per costruire quello sviluppo nella legalità, che potrebbe consentire di lasciarci alle spalle la stagione delle stragi mafiose ispirate e determinate da Totò “u curtu”.

Non sarà facile perché è morto Totò Riina, non la mafia. La mafia non è morta né a Corleone né in Sicilia. Anzi, tra famiglia di sangue e famiglia di cosca, è sicuro che “i corleonesi” il loro ruolo vorranno continuare ad averlo. Non sarà più quello avuto durante la “dittatura” di Totò Riina, ma sicuramente continuerà ad essere rilevante.

Per fortuna, a Corleone un ruolo vogliono averlo anche i lavoratori e i giovani, il movimento sindacale e i cittadini onesti che non ne possono più di avere additata la propria città come capitale della mafia. Magari, da parte di pezzi di opinione pubblica, non sempre questa rabbia viene manifestata nella giusta maniera. Spesso, più che i mafiosi, sono i giornalisti ad essere indicati come responsabili di questo volere inchiodare a tutti i costi Corleone allo stereotipo di capitale del malaffare. Un errore madornale, che provoca un effetto boomerang. Per evitarlo, è necessario una nuova consapevolezza, una presa di coscienza, principalmente da parte dei giovani, per fare in modo che Corleone apra con fiducia le porte “al mondo”, chieda “al mondo” di essere aiutata a liberarsi dalla mafia e dalla subcultura mafiosa.

Molti giornali hanno messo in rilievo, in questi giorni, che nel cimitero di Corleone coesistono mafia e antimafia. Infatti, vi sono le tombe e le ceneri di boss mafiosi come Michele Navarra, Luciano Liggio, Bernardo Provenzano e (a giorni) Totò Riina. Ma anche le tombe e le ceneri di eroi dell’antimafia come Placido Rizzotto, Luciano Nicoletti, Andrea Orlando e (fra qualche mese) anche quelle di Bernardino e della sua famiglia, di cui sono state chieste la traslazione dal cimitero dei Rotoli di Palermo. Una contrapposizione antica, che dura dalla fine dell’Ottocento, da quando – con il movimento dei fasci dei lavoratori – è iniziata l’antimafia sociale dei contadini e dei braccianti poveri, che hanno rivendicato la loro dignità di lavoratori, scontrandosi contro i mafiosi che – con i loro soprusi e le loro violenze – la negavano. Un concetto che la Cgil continua a ripetere con forza: l’antimafia in Sicilia e a Corleone è antica quanto la mafia; non è nata dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio, ma alla fine dell’Ottocento col movimento contadino e bracciantile dei Fasci.

È un racconto della Sicilia e di Corleone che stupisce e affascina chi siciliano e corleonese. È successo anche sabato scorso, durante l’incontro che abbiamo avuto nel salone della Camera del lavoro Corleone con gli studenti americani della Syracuse University della sede di Firenze. Sono venuti, insieme alla loro insegnante Natalia Piombino, a Corleone (e poi a Portella della ginestra) per conoscere la storia della mafia e dell’antimafia. E per due ore hanno animato un serrato dibattito, a cui hanno partecipato con domande e considerazioni profonde e pertinenti, che hanno mostrato la loro voglia di capire e di non accontentarsi degli stereotipi della mafia, magari veicolati da film come quelli della saga del “Padrino”. Un atteggiamento che è simile a quello delle scuole corleonesi, che ormai hanno inserito nei loro “POF” (piani dell’offerta formativa) lo studio di eroi dell’antimafia come Bernardino Verro e Placido Rizzotto, collaborando col sindacato nel tenere viva la memoria di personaggi che ancora oggi parlano alla coscienza civile dei cittadini onesti, dando loro la forza per continuare la lotta per la libertà e i diritti.

La Cgil – a Corleone, come a Palermo – ha ormai chiaro che la mafia si batte e si supera con la battaglia per il lavoro e per i diritti, con l’impegno per lo sviluppo nella legalità. Per questo continua a sostenere lo sforzo delle cooperative sociali che gestiscono i beni confiscati alla mafia e la voglia di partecipare dei giovani volontari di ogni angolo d’Italia, che ogni anno vengono a “sporcarsi” le mani aiutando i soci di queste cooperative a coltivare la terra. Insieme a ciò, però, diventa sempre più necessario l’impegno della Flai e della Cgil nella lotta contro il caporalato, rivendicando l’applicazione della legge recentemente approvata dal parlamento. E nella lotta per chiedere alle istituzioni locali di impegnarsi a fondo per dare alle popolazioni i servizi e le infrastrutture necessarie al miglioramento delle loro condizioni di vita e di lavoro. A cominciare dai lavori urgenti per ripristinare il transito lungo le strade provinciali SP4 ed SP2, che rappresentano due arterie fondamentali per il collegamento della zona di Corleone con l’ospedale di riferimento di Partinico, con la strada veloce Palermo-Sciacca, con l’autostrada Palermo–Mazara del Vallo e con gli aeroporti “Falcone e Borsellino” di Palermo ed “Ignazio Florio” di Trapani.