I dati del Rapporto Svimez sul Mezzogiorno, presentato il 7 novembre, “confermano il trend dello scorso anno, ossia una debole ripresa”. Questo il commento di Gianna Fracassi, segretaria confederale Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1. “Si è chiusa una programmazione europea – ha detto Fracassi nel corso del programma Italia Parla –, quindi specialmente tra il 2014 e il 2015 una serie di iniziative per il sud hanno cominciato a produrre dei piccoli risultati. In ogni caso il nostro Paese ha una crescita più lenta rispetto agli altri paesi europei, e il sud non fa nessuna differenza. Dopodiché, occorre andare oltre i semplici dati statistici e provare a interrogarsi invece sulla qualità della crescita e dell'occupazione. Questo è il tema che va affrontato con urgenza e che rappresenta la vera emergenza del sud”.

 

Negli ultimi anni sono arrivate molte risorse nell'Italia del Mezzogiorno ma erano tutte risorse europee. Per quanto riguarda le risorse in conto capitale, cioè quelle del bilancio ordinario dello Stato, la cifra è quasi praticamente a zero. Gli investimenti pubblici nel 2016, invece, hanno toccato il punto più basso della serie storica. Insomma c'è anche da parte dello Stato una differenza di trattamento tra le regioni del nord e le regioni del sud. Dati ai quali se ne aggiunge un altro – precisa Fracassi – “preoccupante anche rispetto al complesso degli investimenti in rapporto alla popolazione. La Cgil l’ha detto con chiarezza a Lecce in occasione della sua assemblea nazionale (lo scorso settembre, ndr): si riscontra una inadeguatezza degli investimenti pubblici in termini generali nel Mezzogiorno, quindi non stiamo parlando di investimenti straordinari, c'è un divario che si è allargato in questi anni”.

Occorrerebbe che lo Stato si facesse carico di una esigenza di maggiori investimenti e di maggior sviluppo proprio nelle regioni meridionali e – ricorda ancora Fracassi – questa è stata una delle proposte lanciate dalla Cgil a Lecce: “provare a invertire il trend per un periodo delimitato di tempo, per 5-7 anni. Ma non è una proposta che può essere messa in campo a fine legislatura. Va assunto un impegno di legislatura”.

Quanto alla qualità, parlando di bonus occupazione per il sud, “il quadro che emerge – rileva la dirigente Cgil – è che il 53% dei contratti avviati sono stati a part-time. È evidente che qui c'è un tema che richiama il part-time involontario, cioè il lavoro povero e non di qualità. Questo ci offre anche una lettura sugli insediamenti produttivi e su che tipo di dinamica produttiva si sta determinando nel sud. E legittima le nostre critiche più profonde a reiterare questi strumenti. Come sappiamo, in legge di bilancio si prevede lo stesso strumento per il sud con decontribuzione piena, al contrario dello strumento previsto per tutto il resto del paese che ha decontribuzione dimezzata. Se si pensa che questo sia l'unico tipo di intervento come leva occupazionale, evidentemente c'è qualcosa che non funziona. Infatti, in sede di audizione sulla legge di bilancio, la Cgil ha detto chiaramente che lo strumento non è sufficiente, e che va quantomeno ancorato a lavori full-time, perché altrimenti si riproduce la stessa dinamica”.

Infine, tornando sui dati Svimez, Fracassi rileva le “disomogeneità tra regione e regione, quindi dovremmo parlare di ‘mezzogiorni’. E abbiamo anche un problema rispetto ai processi più innovativi. Alla disoccupazione intellettuale e all'emigrazione si aggiunge il determinarsi, nel Paese, di un’economia duale, con il centro-nord più spostato sul versante dell'innovazione, e un sud invece che questo tipo di innovazione non riesce ad agganciarla”.