LECCE – “Siamo di fronte a un cambiamento epocale, la sfida dell’innovazione ci costringe a mettere in campo politiche a lungo termine. Lavoro ce ne sarà sempre di meno, la massa diminuirà, questa è già una certezza. Un’altra certezza è che il lavoro cambierà, e ciò ci impone l’esigenza di redistribuire quello che esiste a partire dalla politica degli orari, un tema da riaffrontare con vent’anni di ritardo”. È una delle priorità, insieme a quella della formazione, che il segretario confederale della Cgil Franco Martini ha rilanciato durante un dibattito alla Giornate del lavoro con il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e Guglielmo Epifani, ex segretario generale della Cgil, oggi presidente della Commissione Attività produttive della Camera.

“Non pensiamo a una legge sulle 35 ore – precisa Martini –, è un tema che va affidato alla capacità delle parti sociali di redistribuire la ricchezza, quando c’è. Ma intanto, almeno, evitiamo che aumenti l’orario, perché la tendenza è questa e non è forse un caso che siano aumentati gli infortuni: i lavoratori sono sempre più spremuti, un incremento che sa di antico. Ed è un dramma non solo quantitativo: in agricoltura e in edilizia si muore come cinquant’anni fa”. L’altro tema – entrambi sono legati a Industria 4.0 – è quello della formazione: “Per rendere più equa la società – afferma l’esponente della Cgil – dobbiamo dare alle persone le conoscenze necessarie, per questo proponiamo alle imprese di fare un piano straordinario per la formazione”.

“Condividiamo la premessa, dobbiamo fare un salto di qualità insieme per costruire il lavoro del futuro come elemento di dignità e ridurre divari e disuguaglianze che aumentano”, risponde il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. “Non ci troviamo d’accordo invece sulla riduzione dell’orario: il fallimento della Francia su questo fronte ne è la prova”. Il leader degli industriali rivolge lo sguardo alla Germania, dove “la produttività – afferma – è più alta grazie allo scambio con il salario. Su questo ci giochiamo una parte importante, da affrontare insieme e le premesse ci sono tutte. Però, possiamo costruire più lavoro solo se siamo più competitivi”.

Anche il ministro del Lavoro Giuliano Poletti insiste sul dialogo con tutti gli attori in campo. “È essenziale per Industria 4.0. Il cambiamento è già in corso, ogni anno circa 150 mila persone si spostano da un settore all’altro. Una trasformazione ineludibile che va accompagnata e gestita”. L’esecutivo, annuncia Poletti, ha scelto di puntare sulla manifattura come pilastro per la crescita. E insieme sulla formazione: “Il primo investimento che deve fare questo paese – sottolinea – è la conoscenza. L’alternanza scuola-lavoro va in questa direzione. Nella prossima legge di Bilancio vogliamo prevedere trattamenti fiscali per aiutare le imprese che investono sulla conoscenza, le risorse sono poche ma dobbiamo trovare la maniera per farlo”. Quanto all’orario di lavoro, “va gestito tra le parti che devono scegliere come usare gli aumenti di produttività. Sappiamo che non può esistere una regola generale, ma è giusto domandarci come gestire queste novità”.

“Il movimento operaio ha sempre pensato che l’innovazione sia necessaria”, ricorda Guglielmo Epifani nel suo intervento. “Dobbiamo intanto affrontare il delicato problema della perdita di milioni di posti di lavoro dall’inizio della crisi, praticamente quasi tutti nella manifattura, ben 600 mila nel settore delle costruzioni. Ecco perché è indispensabile riaprire le assunzioni e far ripartire gli investimenti pubblici al palo”. L’ex segretario generale insiste sulla conoscenza: “Lo sforzo fatto su Industria 4.0 finora ha dato incentivi per i macchinari e software, rimane fuori però il tema della formazione. Ma anche il discorso territoriale, perché l’89 per cento degli incentivi va al Centro-Nord”. E sulla riorganizzazione dell’orario di lavoro apre uno spiraglio: “In alcuni casi, specie con l’aumento della produttività, si può fare”.

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