"Nei giorni scorsi abbiamo segnalato al ministro Franceschini alcuni contratti di lavoratori che sono stati chiamati a coprire il ruolo di mimo nelle Fondazioni liriche. Artisti chiamati in uno spettacolo lirico prodotto da questi grandi teatri, con compensi inaccettabili e con obbligo di partita Iva. Il ministero ha raccolto la nostra segnalazione e chiede conto ai teatri interessati. Ringraziamo, quindi, il Mibact e chiediamo a tutti gli artisti d'informarci perché il loro coraggio ci permette di rompere il muro del silenzio". Così Emanuela Bizi, segretaria nazionale Slc.

"È una situazione grave e intollerabile per questi lavoratori, che per lavorare devono piegarsi ad accettare condizioni che sono state evidenziate dal recente questionario vita da artisti. Povertà e impossibilità di vivere della propria professione. Il teatro di Roma ha proposto ad artisti - per la stagione estiva a Caracalla - un compenso di 600 euro per 21 giorni di prova e 5 recite. Simili richieste erano arrivate anche a professionisti che hanno lavorato al Comunale di Bologna, ma siamo convinti che questo sia solo la punta dell'iceberg", prosegue la dirigente sindacale.

"Quando i lavoratori si sono lamentati, il teatro ha risposto che la crisi debitoria non permette di fare contratti diversi. Il problema del finanziamento pubblico è reale, mancano risorse e giungono, in particolare quelle locali, con considerevole ritardo. L'Italia sta in fondo alla classifica europea rispetto ai fondi stanziati al comparto in rapporto al Pil. Ma pagano sempre i lavoratori. Ovviamente, tutte le nostre iniziative non espongono i lavoratori, perché dai contratti vengono tolti tutti i dati sensibili", aggiunge la sindacalista.

"Oggi i lavoratori dipendenti protestano e occupano simbolicamente le Fondazioni, perché temono gli effetti della legge 60/2016 che impone dei requisiti impegnativi requisiti alle stesse Fondazioni. Il mancato raggiungimento comporterà il declassamento a teatro di tradizione. Questo significherà meno finanziamenti, meno occupazione stabile, diversa produzione. Ancora una volta il legislatore colpisce il lavoro, conclude l'esponente Cgil.