Si è tenuta oggi, 14 giugno, a Ginevra la 106ma Conferenza internazionale del lavoro, l’evento annuale nel quale l’Ilo (l’Organizzazione internazionale del lavoro) ospita i rappresentanti dei suoi Stati membri (governi, sindacati e associazioni datoriali). Per la Cgil è intervenuta Silvana Cappuccio, dell’area delle politiche europee e internazionali, e ha sottolineato che “i sindacati italiani Cgil, Cisl e Uil accolgono con favore la ‘Green Initiative’ come tema principale della relazione del Direttore generale di quest’anno, concordando con i contenuti e l’analisi politica”. “Le disuguaglianze e gli effetti interconnessi sul cambiamento climatico – prosegue – come la crisi idrica e le guerre per le risorse, sono i rischi più gravi dei prossimi decenni, poiché alimentano la fame, la povertà, il terrorismo e l’esclusione e rendono le democrazie più fragili”.

Nel corso dell'intervento, Silvana Cappuccio si è soffermata sulla vicenda di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano assassinato lo scorso anno in Egitto. “La comunità internazionale – ha detto Cappuccio – fa attenzione a mantenere un silenzio cinico e complice con gli autori dell'omicidio di Giulio, mentre le richieste dei sindacati liberi e della sua famiglia per una ricerca approfondita per rivelare la verità, individuare gli autori e dare giustizia devono ancora essere soddisfatte. Giulio, 28 anni, era entusiasta di studiare come attuare il rispetto per la dignità umana attraverso la libertà di associazione dei lavoratori in Egitto. Qui va onorata la sua memoria, con un reale impegno per la verità e la giustizia e non permettendo che tale male venga ripetuto”.

Cappuccio è intervenuta sul caso Regeni, a nome dei lavoratori dell’Italia, del Regno Unito, della Spagna e del Belgio, anche nel corso della discussione sul caso Egitto/violazione Convenzione 87 sulla libertà di associazione sindacale alla Commissione Applicazione Standard (CAS) della Conferenza. “Un anno e mezzo dopo l'omicidio di Giulio – ha detto la dirigente sindacale italiana –, la sua famiglia non sa ancora chi ha ordinato di rapirlo, torturarlo e ucciderlo, o perché. Molte ombre esistono ancora, a causa delle risposte fuorvianti e della persistente mancanza di riscontro da parte delle autorità egiziane alle autorità italiane. Mentre le autorità dell'Egitto hanno rigorosamente rispettato il loro codice di silenzio, il corpo martoriato di Giulio ha parlato ogni giorno. Ci ha detto che è stato torturato per sette giorni e che ha avuto una morte lenta. Quando sua madre andò al Cairo per identificarlo, disse che ‘era irriconoscibile. Lo riconoscevo solo dal naso’. E che sul suo viso vide tutto il male del mondo”.

“Come ben riportato dai media italiani – prosegue Cappuccio – alcuni funzionari dell'NSA, l'agenzia di sicurezza nazionale, hanno avuto un ruolo diretto nel suo omicidio. Ecco perché il Procuratore Pubblico di Roma aveva chiesto al Procuratore del Cairo di interrogarli, proprio perché potrebbero rivelare aspetti cruciali sul caso. Il Procuratore egiziano non ha mai dato seguito a questa richiesta”. Ma la sindacalista Cgil ricorda che il caso Regeni non è isolato: “Solo per il periodo da giugno 2014 al 7 giugno 2017, le Ong ci informano di 1134 uccisioni, 126 morti in luoghi di detenzione, 428 casi di tortura individuale, 261 casi di tortura collettiva, 393 negligenze mediche nei centri di detenzione e 325 casi di violenza statale sulla persona (polizia, forze di sicurezza)”.

E accusa: “Nonostante l'enorme numero di prove di abusi, il governo egiziano continua a negare che il suo apparato sia coinvolto in sparizioni forzate, torture e altre gravi violazioni dei diritti umani. Anziché punire questi crimini, il governo preferisce respingere le accuse spacciandole come propaganda”. Ma per Cappuccio le “autoassoluzioni del governo non reggono all'evidenza, dato il numero delle vittime e l'ampia consistenza delle testimonianze. Le sparizioni forzate avvengono in contemporanea a torture e ad altre gravi violazioni nei confronti dei detenuti. E' provato che in Egitto l'NSA tortura i detenuti impunemente per estrarre ‘confessioni’ e altre informazioni da utilizzare per perseguire le persone a norma del Codice Penale, della Legge contro il Terrorismo o di altre disposizioni, come per la partecipazione a proteste anti-governative”.

L’elenco è lungo: “Nel mese di agosto del 2015 – riporta la rappresentante Cgil –, la Commissione egiziana per i diritti e le libertà (ECRF) ha richiamato l'attenzione internazionale sulle violazioni e a sostegno delle vittime e del loro diritto ad avere giustizia. Le autorità hanno successivamente arrestato e trattenuto il capo dell'ECRF e di alcuni suoi membri. Ad aprile 2016, i gruppi di attivisti sui diritti umani contavano più di 1.000 vittime che erano scomparse in tutto il paese, escludendo il North Sinai Governorate nel nord-est del paese, che è effettivamente off-limits per i gruppi che lavorano sui diritti umani”.

In realtà Giulio Regeni “aveva messo il dito in una profonda piaga dell'Egitto – spiega Cappuccio – , che però ha rappresentato il vero cambiamento a piazza Tahrir e in ogni rivoluzione ovunque nel mondo, vale a dire il diritto fondamentale di donne e uomini a manifestare ed esprimersi liberamente a difesa del lavoro e della libertà di associazione, per cambiare lo status di ognuno e realizzare una società più giusta, in un contesto di pace e democrazia. La scomparsa di Giulio e il suo calvario hanno provocato notevoli emozioni in tutta Italia e sono stati all'inizio di una mobilitazione nazionale a sostegno della famiglia Regeni, affinché venisse fatta luce sulla vicenda”.

Giulio è un simbolo del perché la giustizia, la verità e la speranza devono essere perseguite con determinazione, instancabilmente – ha concluso Cappuccio –. Ribadiamo qui al governo egiziano che la famiglia di Giulio, che è grande perché in essa si riconoscono le italiane e gli italiani di tutte le età, non smetterà mai di impegnarsi con tenacia, affinché sia conosciuta la verità e resa giustizia”.