La campagna FilieraSporca - promossa dalle associazioni Terra! e daSud - insieme alla Flai Cgil lanciano oggi la campagna #ASTEnetevi per l’abolizione delle aste al doppio ribasso (aste elettroniche inverse) e della vendita a sottocosto dei prodotti alimentari: la campagna chiede un intervento legislativo urgente al ministro dell’agricoltura, Maurizio Martina, e un impegno formale da parte degli attori della grande distribuzione organizzata, nella fattispecie ai presidenti delle principali catene di supermercati (Auchan Italia, Carrefour Italia, Conad, Coop Italia, Crai, Despar, Esselunga, Eurospin, Interdis, Lidl Italia, Gruppo Pam Panorama, Selex, Sigma, Sisa, Sma Italia), a interrompere questa pratica.

Si tratta di aste on line, basate sul meccanismo del doppio ribasso: la gdo fa sedere attorno a una piattaforma virtuale i propri fornitori, chiedendo loro di avanzare un’offerta per una grande quantità di un certo prodotto. Sulla base dell’offerta più bassa, la gdo convoca successivamente una seconda asta on line, che in poche ore chiama i partecipanti a rilanciare, con un evidente paradosso, per ribassare ulteriormente il prezzo di vendita di quel prodotto. Strettamente collegato al fenomeno delle aste al doppio ribasso, è la vendita sottocosto dei prodotti alimentari, che distoglie il consumatore dalla qualità reale del prodotto che acquista.

“Qualche giorno fa, il ministro Martina si è detto assai preoccupato per le aste al doppio ribasso e il forte impatto che hanno sull’agricoltura – dice Fabio Ciconte, direttore di Terra! e portavoce di #FilieraSporca –. Oggi lanciamo una campagna per dire al ministro che condividiamo la sua preoccupazione, ma gli chiediamo di tradurla in un segnale chiaro e immediato per fermare le aste al doppio ribasso e il fenomeno del sottocosto. Meccanismi del genere distruggono l’intera filiera dell’agricoltura, perché alterano alla base i rapporti tra grande distribuzione e consumatore, facendo pagare il costo più elevato all’ambiente e ai produttori, oltre ad aggravare le condizioni di sfruttamento dei lavoratori e il caporalato. Se il denaro pubblico non è utilizzato per innovare o migliorare la qualità dei prodotti, ma di fatto per garantire pratiche commerciali sleali, non sarà mai possibile fare della filiera dell’agroalimentare un mercato equo, cioè un campo di regole e opportunità in cui tutti possano crescere e guadagnare e nessuno ci debba rimettere, a partire dai consumatori”.

Portando il punto di vista di chi da sempre difende i diritti dei lavoratori agricoli e dei lavoratori dell’industria di trasformazione alimentare, la segretaria generale Flai, Ivana Galli, dichiara: "Sul lavoro agricolo ci guadagnano tutti - dal campo agli scaffali del supermercato -, tranne i lavoratori che stanno 12 ore sotto il sole o in serra, spesso pagati 3 euro l’ora, anziché quanto previsto dal contratto, e ingaggiati da caporali, cui corrispondere 5 euro al giorno per il trasporto. Il tema dell’illegalità e di fenomeni distorsivi del prezzo sono, però, un problema di tutta la filiera che arriva fino alla gdo: qui la criticità è costituita ta da una forte discrepanza tra prezzi alla fonte e prezzi al bancone, con l'imposizione del prezzo da parte della gdo, che attraverso il sistema delle aste elettroniche inverse abbassa il prezzo a livelli quasi insostenibili per chi produce”.

Chiedendo di “porre un argine legale a questa pratica, affinché il risparmio sul costo del lavoro, che viene praticato, non possa diventare in nessun modo caporalato, buste paga non veritiere, lavoro nero, brutale sfruttamento, orario di lavoro senza regole”, la dirigente sindacale conclude: “È possibile porre un argine legale a questa pratica. Per tali motivi, crediamo in questa campagna con cui vorremmo agire a monte della filiera, poiché non è accettabile che anche alcune pratiche di acquisto della gdo ricadano sull’ultimo anello della catena, cioè i lavoratori". Secondo uno studio condotto dalla società di consulenza Iri, ogni 32 euro di spesa su 100 vengono effettuati in presenza di un’offerta.

Da un’indagine dell’Antitrust del 2013, emerge che in media l’incidenza di sconti e contributi è pari al 24,2% del fatturato delle singole aziende nei confronti della catena cliente. È un sistema che si sostiene grazie al fatto che l’alternativa è perdere la possibilità di lavorare con la grande distribuzione, un lusso che in pochi possono permettersi, nel momento in cui il 70% degli acquisti alimentari passa per i punti vendita della gdo. A livello europeo, sconti e promozioni imposte o concordate ammontano a 30-40 miliardi (Europe economics), una cifra colossale, pari a più della metà dei sussidi che la Commissione europea garantisce agli agricoltori comunitari attraverso la politica agricola comune (Pac).

Già con il rapporto 'Spolpati', un’inchiesta sulla filiera del pomodoro, presentata lo scorso novembre nell’ambito della campagna FilieraSporca, era stato denunciato il meccanismo delle aste che vengono lanciate da alcuni attori della gdo per acquistare dall’industria stock di prodotti alimentari al costo più basso possibile. La campagna #FilieraSporca - promossa dalle associazioni Terra! Onlus e daSud - che ha l’obiettivo di ricostruire il percorso dei prodotti agroalimentari, dal campo allo scaffale del supermercato, per restituire valore a tutta la filiera e all’economia agricola, è in prima linea nella lotta alle aste on line e alla pratica del sottocosto.