Dotazioni organiche in base al fabbisogno reale e non alle disponibilità economiche; integrazione tra territorio e azienda per la cura e il ricovero dei malati cronici; riconferma del livello di alta specializzazione dell’ospedale ternano: sono queste le tre richieste alla base della vertenza aperta da sindacati e Rsu dei lavoratori del Santa Maria di Terni, il secondo ospedale dell’Umbria. Stamani, 8 febbraio, in una conferenza stampa, tenuta presso la saletta sindacale del nosocomio, Giogio Lucci della Fp Cgil, Nicola Ambrosino della Cisl Fp, Mauro Candelori della Uil Fpl e Lucio Moscetti della Rsu dell’azienda ospedaliera, hanno illustrato le ragioni della proclamazione dello stato di agitazione di tutto il personale, senza escludere di arrivare allo sciopero, qualora non arrivassero risposte all’altezza.

“Le condizioni di lavoro del personale, medici, infermieri, tecnici, amministrativi, sono progressivamente peggiorate nel corso degli anni – hanno spiegato i sindacalisti - La dotazione organica è ferma al 2004, ma in tredici anni sono cambiate molte cose: abbiamo una complessità di cura più elevata, un rapporto malato paziente diverso, si sono aperti servizi importanti e nel solo 2016 l’ospedale ha accolto circa 6.000 pazienti da territori limitrofi. Nel frattempo, però, l’organico non è aumentato, ma l’età media del personale sì, ormai siamo sopra i cinquant'anni”.

Di fronte alle proteste del sindacato e al malessere del personale, l’amministrazione aziendale ha fatto una proposta che i sindacati considerano “un passo avanti, ma assolutamente insufficiente”. “Con quell’ipotesi d'integrazione di organico (21 infermieri, 16 Oss, 2 tecnici, 2 ostetriche, 25 amministrativi) non si risolvono assolutamente i problemi in essere – hanno spiegato i tre dirigenti sindacali –, perché ci sono servizi che sono al collasso”. Clamoroso, secondo i sindacatisti, l’esempio della dialisi, “una situazione che grida vendetta”, ma un discorso simile vale anche per il pronto soccorso e le terapie intensive. Qui entra in gioco il problema dell’integrazione con il territorio, “tanto sbandierata, ma mai realmente praticata”.

“Questa vertenza è fondamentale per la città di Terni – hanno concluso le tre sigle –, perché in gioco c’è un valore fondamentale, la salute pubblica. Vogliamo un’azienda di alta specializzazione con servizi di qualità. Ma questo obiettivo non è raggiungibile, se il peso continua ad essere tutto sulle spalle di chi lavora, con turni massacranti, straordinari che diventano ordinari, rinuncia a ferie e permessi. Non possiamo continuare così. Non solo perché non è giusto, ma perché non potremmo ottenere i risultati sperati”. Da qui, l’appello alla “politica con la p maiuscola”, e in particolare alla Regione, affinché si lavori insieme e si collabori per provare a trovare una soluzione.