Il prossimo 13 gennaio i lavoratori che si occupano di tessile e calzaturiero incroceranno le braccia insieme a quelli del settore elettricità. Lo hanno deciso a Milano, il 21 dicembre, durante l’Assemblea nazionale. La rivendicazione dello sciopero, però, è la stessa per tutti: il contratto. Nel frattempo, l'Istat ha reso noti i dati sulle retribuzioni e sui contratti, svelando una situazione sconcertante: i lavoratori con contratto scaduto aspettano in media tre anni e mezzo per il rinnovo, i contratti in attesa di rinnovo sono 49, e corrispondono a circa 8,8 milioni di dipendenti.

Ci sono molti motivi diversi per spiegare questa situazione. Da una parte c'è una lunga crisi che ha lasciato il segno. Dall'altra, la politica che Confindustria persegue nel rendere i contratti inerti, quando avremmo invece bisogno di accordi che gestiscano la crisi, che intervengano sulle flessibilità e che negozino l'orario.” A dirlo, ai microfoni di RadioArticolo1, è il segretario generale della Filctem Cgil, Emilio Miceli.

E poi - ha continuato Miceli - c'è un dato politico che emerge con forza in questa tornata contrattuale. Perché Confindustria vuole mettere in discussione i minimi salariali, che sono il cuore della retribuzione. I minimi sono il luogo nel quale si costruisce la pensione e le ricadute su tutti gli istituti contrattuali. Sono quindi una condizione vitale per il lavoratore, che se viene messo in discussione determina un enorme problema”.

Quella di trasformare gli aumenti salariali in bonus, quasi fossero delle elargizioni, è, secondo il leader della Filctem “un'idea che non possiamo che rifiutare, anche perché noi siamo abituati a un sistema di relazioni industriali solido, partecipativo, in cui si negozia tutto. Se ci mettiamo nelle mani del governo sugli incentivi, come vuole Confindustria, con una sorta di verifica ex-post dell'inflazione, con una procedura piatta, burocratica, ragionieristica, è difficile tenere in piedi il contratto come organismo vitale che regola il rapporto tra il lavoratore e l'impresa”.

Infine c'è la questione del salario, “uno dei nodi sui quali ci si è spesso avvitati nel corso di questa stagione contrattuale”. “La nostra controparte - conclude Miceli - immagina che l'aumento possa essere anche un voucher. E' una controrivoluzione copernicana della contrattualistica, è il mondo sottosopra. Noi ci misuriamo con questi problemi, ed è il motivo per cui con i tessili ancora non riusciamo a fare il contratto. E stiamo parlando di oltre 700.000 lavoratori. Per questo sciopereremo il 13 gennaio, perché c’è bisogno di costruire un contratto che abbia coordinate chiare. Il salario si negozia e non si registra, non è una sede inerte che raccoglie la registrazione degli aumenti in busta paga e le disposizioni di legge. Se hanno in testa questa cosa, non ci saranno spazi”.