Migliaia di marittimi rischiano di perdere il posto di lavoro, a seguito delle nuove disposizioni del ministero dei Trasporti sui certificati. È l'allarme che arriva oggi (19 ottobre) da Giacomo Santoro, segretario generale Filt Cgil Genova e Enrico Ascheri, responsabile dei marittimi della Filt Cgil Genova. Le nuove certificazioni chieste dal dicastero, spiega il sindacato locale, "appaiono come una sorta di 'gabella' imposta a chi da anni naviga in sicurezza e seguendo le norme del mare. Se da un lato lo spirito della proposta è condivisibile, favorendo la formazione professionale continua, dall’altro la stessa è costruita in modo tale da non poter essere perseguita. Un punto su tutti, il numero di ore di formazione che possono essere anche superiori a 300 l’anno mettendo in serio rischio l’ottenimento dell’imbarco", continua la nota.

Insomma, per la Filt genovese, "è una situazione molto pericolosa vissuta con superficialità dal ministero, ma non dai marittimi che non resteranno inerti davanti allo sfacelo della categoria", concludono.

SCHEDA: Chi sono i marittimi

Il caso della circolare

Al termine del 2016 c'è rischio che un grande numero di marittimi non possano lavorare, a causa di un eccesso di burocrazia nato in seguito agli emendamenti di Manila alla convenzione Stcw. A riassumere la questione è stata la Fit Cisl, nelle parole di Giovanni Olivieri, coordinatore nazionale per Trasporto marittimo. In particolare, la Stcw è la Convenzione internazionale sugli standard di addestramento, abilitazione e tenuta della guardia per i marittimi. Riepilogando la vicenda, spiega, "l'Italia è arrivata con quattro anni di ritardo all'adeguamento delle certificazioni per i propri marittimi, le quali in base agli emendamenti di Manila sono indispensabili per poter lavorare a partire dal 1 gennaio 2017". Con queste lentezze si rischia "di non poter più imbarcare marittimi italiani dall'anno prossimo".

Il dicastero ha poi emanato una circolare che obbliga i comandanti e i direttori di macchina già in possesso del titolo a frequentare corsi direttivi da 300 e 570 ore per poter continuare a lavorare. Il sindacato quindi si chiede: "Come troveranno il tempo per frequentare? Quanto costerà agli armatori la frequenza di questi corsi? È utile che comandanti e direttori di macchina di lunga esperienza seguano corsi in cui si riparte dalle basi della professione? Perché l'Italia è l'unico Paese che ha adottato simili misure?". Il ministero deve rivedere la sua circolare, dato che queste direttive "favoriscono soltanto il personale straniero, perché le navi non si possono fermare".