La decisione della Procura di Modena di indagare quattro dirigenti di un'azienda del settore lavorazione carni e la richiesta del pm di rinvio a giudizio sono "i primi atti che confermano quanto da noi denunciato nei mesi di maggio e giugno dello scorso anno". Lo affermano in una nota Antonio Mattioli, della segreteria Cgil Emilia Romagna, Umberto Franciosi, segretario generale Flai Emilia Romagna, e Michele De Rose, segretario generale Filt Emilia Romagna. "Il tutto - si legge nella nota - ruotava attorno agli sgravi fiscali (fino a 8.000 euro all'anno per 3 anni) concessi alle imprese, che rendevano stabile l'occupazione, generandone della 'nuova', con l'unica condizione che il lavoratore non avesse un contratto a tempo indeterminato nel corso degli ultimi sei mesi".

"Diverse aziende - spiegano i sindacalisti - intimavano o proponevano ai lavoratori, stabilmente occupati anche con contratti a tempo indeterminato, di licenziarsi (magari con un piccolo incentivo), per poi essere riassunti il giorno successivo da una nuova azienda (che lavorava negli stessi cantieri e svolgeva le stesse attività), ma stavolta assunti con un contratto a termine di sei mesi, con l'impegno che al termine dei sei mesi sarebbero stati tutti assunti a tempo indeterminato a tutele crescenti (senza i diritti vigenti prima dell'entrata in vigore del Jobs Act, a partire dall'articolo 18)".

"Trascorsi i sei mesi - raccontano ancora Mattioli, Franciosi e De Rose - le aziende, generalmente tutte 'nuove', assumevano gli stessi lavoratori e chiedevano di accedere ai famosi sgravi fiscali, senza aver creato alcuna nuova occupazione". 

Per i tre dirigenti Cgil si tratta di "una truffa ai danni dello Stato, 'giocata' sulla pelle dei lavoratori. Tant'è, che lo stesso ministro del Lavoro Poletti dovette emettere una circolare per impegnare gli organismi preposti al controllo a verificare sul campo quanto stava accadendo. Diverse realtà presenti in Regione, furono segnalate da parte nostra agli organismi competenti - sottolineano ancora i sindacalisti - e ora la decisione della Procura permette di far luce su un 'fenomeno' che, per l'ennesima volta, la dice lunga sullo stato di una parte dell'imprenditoria del nostro Paese, alimentato da norme legislative che rischiano di favorirlo".