Ancora vittime sul lavoro in Qatar. Vittime di uno sfruttamento perverso – reso possibile da una legislazione sul lavoro “medievale” – che sta sacrificando al dio profitto un prezzo altissimo in termini di vite umane in vista dei mondiali di calcio che si svolgeranno in questo paese nel 2022.

Dodici lavoratori, denuncia l’Ituc, hanno perso la vita in un incendio scoppiato in un campo dove vivono i migranti utilizzati nei cantieri del complesso turistico di Salwa che comprende un grande resort dell’Hilton. In tutto il paese, 1,4 milioni di persone abitano in questi agglomerati in contesti spaventosi: sovraffollati e in condizioni igieniche che definire critiche è un eufemismo. “Fornelli di fortuna e installazioni elettriche difettose – denuncia Sharan Burrow, segretaria generale dell’Ituc – o ancora bombole del gas mal collocate e tenute in condizioni pericolose, mettono ogni giorno a rischio la vita di questi lavoratori, in aggiunta alle condizioni terribili in cui sono costretti generalmente a lavorare”. Tutti aspetti rispetto ai quali, attacca la sindacalista, “imprese di costruzione e marchi globali come l’Hilton, non possono sottrarsi alle proprie responsabilità”.

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Ma una responsabilità pesante è in capo al Qatar stesso. “Nella legislazione del paese – spiega Fausto Durante, responsabile per le politiche europee e internazionali della Cgil – vige ancora il Kafala. Una modalità di ingaggio dei lavoratori dall’estero, provenienti in specie dal sud-est asiatico e spesso con un accordo tra gli stessi Stati, che prevede, al momento del loro arrivo in Qatar, il ritiro del passaporto per impedire che tornino a casa: si tratta di un regime di semi-schiavitù”. Una modalità utilizzata spesso dal nostro caporalato, con la differenza non dà poco che in Qatar è perfettamente legale.

L’Oil – aggiunte il dirigente Cgil – ha di recente messo ‘sotto avviso’ il paese per il mancato rispetto delle normative internazionali sul diritto al lavoro dignitoso, a un salario decente e al rispetto dei diritti di associazione e libertà sindacale. Anche la nuova dirigenza Fifa ha intimato al Qatar di fare passi concreti in questa direzione, ma nulla di quanto promesso nelle ultime settimane è stato realizzato”.

Ed è per questo, secondo Durante, che occorrerebbe fare qualcosa in più, oltre alla semplice pressione, e cioè “prendere in seria considerazione, da parte delle autorità del calcio, la possibilità di revocare l'assegnazione dei mondiali di calcio. L’unica minaccia che potrebbe davvero essere efficace per spingere il paese a cambiare rotta”.

L’unica possibilità, forse, per evitare che lavoratori in stato di schiavitù continuino a morire – sotto un caldo cocente e con orari di lavoro e dispositivi di sicurezza totalmente fuori norma – per dotare questa terra deserta delle infrastrutture necessaria a ospitare il torneo internazionale di calcio. Da qui al 2022 il progetto faraonico è quello di realizzare altre 40.000 stanze di albergo. Si spera senza più il costante tributo di vittime: nei cantieri la media è di 2,5 morti al giorno e finora le vittime sono state 1.300. Se continua così, denuncia la Fillea Cgil, “al fischio d'inizio si potrebbero contare più di 4.000 morti", oltre la metà dei quali per infarto o suicidio. Il sindacato internazionale degli edili, la Bwi, ha lanciato una campagna per porre fine a questa tragedia che ha come slogan “Red Card for Fifa”. Ed è ora, appunto, che la autorità del calcio facciano qualcosa: per esempio, appunto, minacciare la revoca dell’assegnazione dei mondiali.