Durante la notte del 18 maggio 2016, Giuseppe Antoci, presidente del parco dei Nebrodi, ha subito un gravissimo agguato di stampo mafioso. Un commando di sicari ha bloccato la sua auto blindata tra Cesarò e San Fratello aprendo il fuoco. Solamente grazie all'auto blindata e al tempestivo intervento del personale del Commissariato di Sant'Agata di Militello, Antoci e la sua scorta sono usciti illesi dal vile attentato. 
In questo modo l'opinione pubblica è venuta a conoscenza del fatto che l'Ente Parco dei Nebrodi sta operando per diffondere trasparenza e legalità in un vasto territorio ai confini di più provincie siciliane. E la Giunta regionale ha avviato un'azione di contrasto delle pratiche clientelari e affaristico-mafiose in quel territorio.


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Cgil: solidarietà, l'azione deve continuare

Sappiamo che Antoci già in passato era stato raggiunto da minacce di morte di tipico stampo mafioso per le nuove politiche avviate dall'ente da lui gestito.
 Anche l'attività dell'Esa siciliana (ente di sviluppo agricolo) ha impresso un'azione di legalità e di sviluppo in tal senso, tanto da revocare migliaia di ettari di terreno dell'ente pubblico regionale in mano ai privati, alcuni dei quali appartenenti a storiche famiglie di mafia.
 Tra le famiglie figurano esponenti di spicco dei clan mafiosi del circondario, come peraltro si evince dalla relazione annuale sulle attività svolte tra il 2012-2013 dal procuratore nazionale antimafia e dalla Dna, da cui si apprende che tali attività erano anche volte al controllo del territorio nebroideo.


Dal complesso delle attività di intelligence svolte dall'autorità giudiziaria, emergerebbe un connubio tra le famiglie mafiose della zona. Un legame che ha portato a gravi reati contro la persona e danneggiamenti perpetrati ai danni di imprenditori e commercianti attraverso la corresponsione di ingenti somme di denaro e l'imposizione di forniture e manodopera attraverso il furto di automezzi, macchine agricole, mezzi di lavoro operanti in cantieri, con la conseguente richiesta di denaro per la restituzione del maltolto.
 Non a caso, se si guardano i reati commessi nell'ambito di questi Comuni, emerge un elevato numero di furti e di danneggiamenti.
 Da qui l'esigenza di non sottovalutare un fenomeno criminale in crescita e ben radicato sul territorio, in particolare nel Comune di Troina che gestisce i boschi (circa 4.200 ettari) in una zona con presenza di allevatori e famiglie legate inevitabilmente ad ambienti della mafia messinese, in particolare tortoriciana.


Le famiglie degli allevatori insediate nei boschi del Cmune di Troina hanno spesso condizionato le scelte rispetto ai contraenti e alle condizioni economiche, sia dal punto di vista del canone di affitto da corrispondere, sia per la durata: in sostanza, un vero e proprio sodalizio criminale che avrebbe messo le mani sugli ingenti intessi del parco e che Antoci, insieme ad altri, ha cercato in tutti i modi di contrastare.
 L'intento del sodalizio era gestire direttamente – attraverso propri uomini di fiducia – i contratti di locazione dell'azienda, come si rileva dai procedimenti penali ancora pendenti.


Questo lo scenario nel quale si è consumato il grave attentato sventato dai nostri colleghi che hanno anch'essi rischiato la vita e ai quali va la nostra solidarietà e la nostra ammirazione.
 Poche ore dopo la notizia abbiamo immediatamente richiesto maggiori forme di protezione per la personalità e per la stessa scorta, cosa che è avvenuta da lì a poco. In tale contesto abbiamo espresso tutta la nostra preoccupazione per le modalità con le quali i criminali hanno agito, perché si trattava non di un atto intimidatorio, bensì di un vero e proprio attentato alle vite degli occupanti dell'auto.
 Successivamente, quando in risposta al gravissimo agguato ad Antoci, il ministro Alfano annunciava l'invio di alcuni reparti di prevenzione crimine sui luoghi oggetto dell'attentato, come Silp Cgil abbiamo definito una tale risposta, di carattere muscolare poiché essa non potrà mai sostituire l'attività di controllo del territorio e di intelligence assicurata dai locali presidi delle forze di polizia. 


La giusta risposta consiste infatti nel rafforzamento della componente investigativa presso i Commissariati di S.Agata di Militello e Capo d'Orlando, uffici che registrano una sofferenza di personale di almeno il 20%. Il potenziamento di questi uffici (oggi di 26 unità a San'Agata e di 40 a Capo) consentirebbe, infatti, di stroncare affari, corruzione, intimidazioni e collusioni esercitate su un territorio storicamente lasciato troppo spesso nell'abbandono.
 Per tale motivo il potenziamento dei presìdi sul circondario dei Nebrodi rappresenta, oggi, l'unico investimento strutturale e duraturo per il contrasto agli interessi economici dei sodalizi criminali del ricco patrimonio boschivo di Troina.

Oggi il governo deve saperci dire quali forme di protezione intenda mettere in atto per salvaguardare l'azione di Antoci e di tutti coloro che in quel territorio si battono per la legalità.
 A tale proposito, crediamo che si debba insistere in particolar modo sulle indagini riguardanti il versante patrimoniale delle famiglie mafiose, aggredendone e sequestrandone i beni, attività strategica finalizzata a combattere tale criminalità rurale legata al capillare controllo della gestione del territorio boschivo di Troina da parte dei clan della zona. 
Perciò abbiamo chiesto di rafforzare i presìdi delle forze dell'ordine, specialmente nella loro componente investigativa, attività che devono avere nella "prevenzione" il loro importante fulcro.
Stessa cosa dicasi per le altre aree del Paese dove il controllo del territorio da parte delle mafie appare incontrastato.
Su questo versante siamo e saremo sempre presenti perché la Legalità è il volano dello Sviluppo del Paese e non possiamo consentire, in particolare per le generazioni future, che si lascino in mano alle cosche attività che lo Stato ha il compito di proteggere e di tutelare.


Serve un'azione sinergica e concreta da parte del governo che passa attraverso l'immissione di reali risorse per la sicurezza, investimenti per la formazione del personale e sul versante investigativo, aspetto da troppo tempo trascurato anche in conseguenza dei tanti compiti che, sussidiariamente, vengono oggi affidati alle forze di Polizia.
 Riprova di tutto ciò la abbiamo, per esempio, nel lento e costante depauperamento di risorse umane ed economiche presso la Dia (Direzione investigativa antimafia), ma anche nel calo degli organici delle forze di Polizia, nel costante aumento dell'età media del personale, così come nella riduzione dei presìdi di Polizia. 
Come abbiamo sempre detto, serve un'inversione di marcia: investire, anziché tagliare, perché la sicurezza non si garantisce attraverso gli spot o gli annunci, né con operazioni di facciata – come nel caso del l'impiego dei militari nelle città – che non risolveranno mai il problema in modo strutturale. 
Di tutto ciò siamo pienamente convinti e, per questo, continueremo nella nostra azione di sensibilizzazione dell'opinione pubblica affinché le scelte future portino, finalmente, a interventi esaustivi e concreti.

Daniele Tissone è il segretario generale del Silp Cgil