Sabato 9 aprile nelle piazze delle città italiane la Cgil allestirà migliaia di banchetti e gazebo per raccogliere le firme necessarie alla legge di iniziativa popolare sulla Carta dei diritti universali del lavoro. “E' una grande novità, perché  contrariamente alla nostra tradizione, si è deciso di avanzare una proposta di legge, quindi di costruire un testo composto da 97 articoli che riscrivono le regole generali del lavoro e che intervengono in parte su articoli della Costituzione italiana”. Lo ha detto Elena Lattuada segretario generale della Cgil Lombardia, ai microfoni di RadioArticolo1 (qui il podcast).

“L'obiettivo – ha continuato il segretario generale – è quello di applicare anche parti della Costituzione italiana che non sono mai state applicate. Una per tutte, l'articolo 39 sulle organizzazioni sindacali, che prevede vincoli e regole di controllo, ma agiscono anche con una sorta di delega erga omnes rispetto agli accordi che costruiscono. Siamo arrivati a questa considerazione in ragione della frammentazione della rappresentanza che stiamo vivendo, ma anche per provare a rendere esercitabile il contenuto degli accordi e delle regole che si pattuiscono”.

“Un altro elemento di novità – ha continuato Lattuada – è che con la Carta dei diritti proviamo a instaurare un rapporto con i lavoratori non di delega passiva, ma che tenga conto dei soggetti della rappresentanza oggi esistenti. Vogliamo aprire una interlocuzione col mondo delle professioni, ad esempio. Un  mondo nel quale a volte mancano regole certe e che  costringe i lavoratori a una sorta di isolamento.  La più grande organizzazione sindacale esistente in questo paese, quindi, sta tentando di creare una relazione politica con questi soggetti e prova a costruire un percorso comune. Il tutto in nome dei diritti che ritiene universali, come il diritto a ammalarsi, il diritto alla maternità, il diritto alla retribuzione e al riposo, ecc...”

“E' chiaro – ha concluso Lattuada  - che siamo di fronte a una grande scommessa e anche a un grande rischio. Abbiamo però scelto questa strada, quella della legge di iniziativa popolare perché siamo coscienti del fatto che in questo paese ci sono già state troppe occasioni perse. Per la prima volta un'organizzazione sindacale avanza una proposta di legge, raccoglie le firme e propone anche dei referendum. Lo facciamo perché è arrivato il momento di provare a rimettere in discussione la condizione del lavoro in questo paese. E lo strumento che abbiamo scelto ci permette di farlo, permette di riprendere il ragionamento e di coinvolgere interamente un mondo del lavoro fortemente frammentato. E' questa la nostra sfida per provare a rinnovarci e ad ascoltare 
anche le opinioni degli altri”.