Il raggiungimento della parità di genere – in linea con l’Agenda 2030 dell’Onu – è una condizione essenziale per la realizzazione di uno sviluppo sostenibile che non lasci nessuno indietro e, al contempo, assicuri che il lavoro sia in futuro dignitoso per tutti. A questo proposito, Women at work: Trends 2016 (“Donne a lavoro: Tendenze 2016”) – un rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) – mostra le enormi difficoltà che le donne continuano ad affrontare nel trovare e anche nel mantenere un lavoro dignitoso, assieme alle enormi disparità di genere, che si tratti di protezione sociale, pensioni o salari.

8 marzo 2016: lo speciale di Rassegna

Il rapporto – esaminati i dati di 178 Paesi – conclude che la disuguaglianza tra uomini e donne persiste e riguarda un ampio spettro di problemi nel mercato del lavoro globale (il progresso significativo delle donne in termini di livelli d’istruzione non si è tradotto in un miglioramento della loro posizione sul versante occupazionale). Nel 2015, a livello globale, si è riscontrato un tasso d’occupazione del 46% per le donne, contro il 72% per gli uomini. Nello stesso anno, circa 586 milioni di donne nel mondo lavoravano per conto proprio o come coadiuvanti: ciononostante, la quota di coloro che lavorano come coadiuvanti in un'impresa familiare (negli ultimi 20 anni, 17,0 punti percentuali per le donne, contro 8,1 punti percentuali per gli uomini) si è ridotta in modo significativo tra le donne.

Ancora dal rapporto dell’Oil – e sempre a livello globale – si apprende che il 38 per cento delle lavoratrici salariate (e il 36 per cento dei lavoratori) non beneficiano di protezione sociale. La quota delle donne raggiunge addirittura il 63,2 per cento nell’Africa sub-sahariana e il 74,2 per cento in Asia meridionale, dove il lavoro informale è la principale forma di occupazione. Il rapporto “Donne a lavoro: Tendenze 2016” fornisce per circa 100 paesi nuovi dati sulle ore di lavoro retribuite e non retribuite e sull’accesso alle tutele previste per la maternità e al diritto alla pensione. Le donne continuano a lavorare più ore al giorno rispetto agli uomini, sia nel lavoro retribuito che nel lavoro non retribuito.

Nei Paesi ad alto e a basso reddito, la partecipazione delle donne al lavoro domestico e a quello di cura e assistenza familiare è di 2,5 volte maggiore rispetto a quella degli uomini. Nelle economie sviluppate, le donne occupate (sia nel lavoro autonomo che in quello salariato e subordinato) lavorano in media 8 ore e 9 minuti al giorno in lavori retribuiti e non retribuiti, rispetto alle 7 ore e 36 minuti lavorate degli uomini. Nei paesi in via di sviluppo, le donne sono impegnate per 9 ore e 20 minuti in lavori retribuiti e non retribuiti, mentre per gli uomini la durata di tale occupazione è pari a 8 ore e 7 minuti.

La quota sproporzionata del lavoro non retribuito, sottolinea il rapporto, limita la capacità delle donne di aumentare il numero di ore impiegate in lavoro retribuito (nell’economia formale). Di conseguenza, a livello mondiale, le donne (che rappresentano meno del 40 per cento dell'occupazione totale) costituiscono il 57 per cento della manodopera retribuita che lavora meno ore e in lavori a tempo parziale. Non solo. Negli oltre 100 paesi esaminati, più di un terzo degli uomini occupati (35,5 per cento) e più di un quarto delle donne occupate (25,7 per cento) lavora più di 48 ore settimanali. Questo è anche dovuto allo squilibrio tra i due sessi nella ripartizione del lavoro familiare non retribuito.

Le donne, sempre secondo i dati dell’Oil, rappresentano quasi il 65 per cento delle persone che hanno superato l’età pensionabile e che, normalmente, non ricevono alcuna pensione. Ciò significa che circa 200 milioni di donne in età avanzata (rispetto ai 115 milioni di uomini) vivono senza un reddito derivante da pensione di vecchiaia o reversibilità. Ma il rapporto 2016 contiene una serie di altri dati sull’occupazione femminile, in Italia e in Europa. “Senza contare – sottolinea Gianni Rosas, direttore dell’Oil per l’Italia – i tanti esempi di buone pratiche, come quelle relative all’attività delle cooperative italiane del terzo settore che sono impegnate nella fornitura di servizi di cura e di assistenza”.

In termini di salari, i risultati del rapporto confermano la stima mondiale dell’Oil, secondo la quale le donne continuano a guadagnare in media il 77% di ciò che guadagnano gli uomini. Un divario che non può spiegarsi solo in base alle differenze d’istruzione e formazione o di età, ma che può essere connesso a una sottovalutazione del lavoro e delle competenze richieste nei settori o occupazioni in cui il lavoro femminile prevale, alla discriminazione e alla necessità per le donne di interrompere la carriera o ridurre le ore di lavoro retribuito per dedicarsi a ulteriori responsabilità di assistenza e cura. “Anche se c'è stato qualche leggero miglioramento nella riduzione dei divari salariali – commentano alla sezione italiana dell’Oil –, una continuazione delle tendenze attuali richiederà più di 70 anni per colmare le divergenze di genere”.

Silvana Paruolo, area politiche europee e internazionali della Cgil nazionale