"Le notizie a mezzo stampa di questi ultimi giorni confermano tutte le nostre preoccupazioni, e mettono in evidenza che la crisi non è finita. Rileviamo, infatti, che le previsioni occupazionali vengono espresse come se fossero dati certi e consultivi, mescolando la realtà con le proiezioni future". Così Maurizio Lunghi, segretario generale della Cgil Bologna.

"Unioncamere parla di posti di lavoro previsti, di 5.480 nuove assunzioni a Bologna. Peccato che 2.130 di questi, le stesse previsioni sostengono che saranno contratti atipici, cioè precari. Oltre alla prevalenza dei nuovi rapporti di lavoro instabili, la realtà ci dice che nell'area metropolitana bolognese, tra mobilità e cassa integrazione, sono a rischio più di 9.000 posti di lavoro nel settore industriale. I dati reali dimostrano l'inefficacia della riforma del lavoro introdotta dal Governo, soprattutto se guardiamo alla qualità dell'occupazione esistente oggi sul mercato del lavoro italiano. Nella maggior parte degli avviamenti al lavoro, oltre 250.000 nel 2015 nella città metropolitana, regna sovrano il contratto a termine acausale, che da solo rappresenta circa il 60% del totale", rileva il dirigente sindacale.

"L'altra novità che irrompe prepotentemente alla ribalta del mercato del lavoro è l'ascesa dell'uso del voucher: sono già oltre 14 milioni nella sola Emilia Romagna. Ma il Jobs act non aveva la funzione di ridurre le forme di lavoro atipiche? Con questi dati, ci vuole molta fantasia a pensare che in futuro tornerà a prevalere l'assunzione con il contratto a tempo indeterminato, anche perchè il Governo ha già tagliato gli sgravi del contratto a tutele crescenti, che doveva rappresentare, in tal senso, la chiave di volta della futura occupazione stabile. Il combinato di tutti questi dati ci dice che la frenata sulla crescita, recentemente registrata, l'andamento negativo delle borse, il rischio di una nuova speculazione finanziaria e relativa ricaduta recessiva, molto probabilmente, porterà nel breve periodo a un incremento della disoccupazione strutturale", continua l'esponente Cgil.

"L'allungamento della vita lavorativa, introdotto dalla riforma Fornero, la riduzione delle coperture degli ammortizzatori sociali, sommati alla mancanza di una ripresa su larga scala, determinerà un rischio serio sulla tenuta del sistema previdenziale tra entrate e uscite dell'Inps. La manovra che il Governo pensa di fare sulla modifica delle pensioni di reversibilità, in termini di riduzione della copertura economica delle stesse, rischia di mettere a repentaglio la tenuta del reddito di decine di migliaia di cittadini pensionati a Bologna, in maggioranza donne. Gli ultimi dati in nostro possesso parlano di 70.000 pensioni di reversibilità nella provincia di Bologna, di cui circa 10.000 maschili e 60.000 femminili. In tale contesto, immaginiamo cosa provano e pensano i 70.000 bolognesi che sentono la minaccia di un intervento del Governo su ciò che per loro rappresenta la fondamentale forma di tenuta del reddito", prosegue il sindacalista.

"Da tempo, il sindacato ha richiesto un confronto con il Governo sulla situazione pensionistica e sull'esigenza di cambiare alcuni aspetti dell'attuale assetto previdenziale, anche perché se non si affronta il quadro in termini complessivi, e cioè con un progetto generale che guardi al rapporto tra politiche dello sviluppo per il Paese, mercato del lavoro, occupazione, sistema previdenziale, s'intravvede un futuro alquanto incerto per tutti", osserva ancora il leader della Cgil bolognese.

"Nel frattempo, nonostante tutto, proseguono a Bologna le assemblee e gli attivi nei luoghi di lavoro, sulla nuova Carta dei diritti universali. Sono state concluse 652 assemblee che hanno coinvolto circa 10.000 iscritti, e a calendario ne sono già programmate altre 900 che coinvolgeranno circa 14.000 persone. Contemporaneamente, negli attivi con i pensionati e i cittadini sono stati consultati circa 15.000 iscritti. Il clima che si coglie è molto distante dall'entusiasmo mediatico delle previsioni di ripresa; i lavoratori e i cittadini percepiscono, molto presente e forte, la crisi e le difficoltà di chi deve arrivare a fine mese, di chi deve cercarsi un lavoro per sè o per i propri figli, di chi rischia di trovarsi con la pensione decurtata e di chi vede la pensione come un lontano miraggio. Se queste sono le percezioni dei lavoratori, dei pensionati bolognesi, in un territorio storicamente ricco e con condizioni di vita qualitativamente alte, nel resto del Paese immaginiamo quali condizioni si percepiscano. Alla lunga, la propaganda non basta, servono risposte concrete", conclude Lunghi.