“Dopo vent’anni di deregulation del mercato del lavoro e di svilimento dei fondamenti giuridici del lavoro, siamo giunti a un punto di non ritorno e si rende indispensabile un intervento urgente in materia. Perciò, abbiamo messo a punto la nostra proposta”. Così Serena Sorrentino, segretaria nazionale Cgil, ha presentato la Carta dei diritti universali del lavoro, stamattina a Roma, nella sua relazione introduttiva al direttivo seminariale di Agenquadri, che ha visto anche gli interventi di Cristian Perniciano, responsabile della Consulta delle professioni Cgil, e di Roberto Voza, direttore del dipartimento di Giurisprudenza dell’università di Bari (ascolta il podcast integrale su RadioArticolo1).

“C’era bisogno di un’operazione di ricostruzione delle radici del diritto del lavoro – ha rilevato la segretaria confederale della Cgil –, dopo che dal 1996 ad oggi, dal decreto 276, al collegato lavoro, alla legge 92, fino al Jobs act, c’è stato un definitivo ribaltamento dei termini, in relazione all’equilibrio dei poteri tra impresa e lavoratori. Sul piano giuridico, ciò si è tradotto in un cambio sostanziale, da sostegno al soggetto cedevole, i lavoratori, a sostegno unilaterale all’impresa. Esempi significativi, le norme su mansioni e controlli a distanza. Perciò, il nostro primo obiettivo è ricostruire il senso e i princìpi che governano il diritto del lavoro, che sono poi gli stessi che hanno portato nel 1970 all’approvazione della legge 300. Lo schema in cui ci muoviamo è un ddl d’iniziativa popolare, perché ha un carattere di mobilitazione, per una battaglia politica, nonchè culturale, che punta alla valorizzazione del lavoro, attraverso la ricostruzione di un’organicità di norme che ridiano sostanza e forza al diritto del lavoro”.

Il ddl è diviso in tre parti – ha detto l’esponente Cgil –: la prima è quella dei diritti riconosciuti in maniera universale a tutti i lavoratori, che già lo sono nella nostra Costituzione, con uno straordinario elemento d’innovazione, radicalmente diverso anche rispetto allo Statuto dei lavoratori, perché facciamo un’operazione di estensione di tali diritti al lavoro parasubordinato, a quello autonomo e a tutti gli altri rapporti a carattere associativo, come la cooperazione, i lavori socialmente utili, i tirocinanti. In tal modo, i diritti vengono riportati in capo alle persone che lavorano e valgono per tutta la vita lavorativa, anche nella discontinuità tra lavori e professionalità diverse. Questo è un primo elemento non solo d’inclusività, ma anche di contrasto al dumping contrattuale, tra azienda grande e piccola al di sotto dei 15 addetti, perché la nostra proposta si applica a tutte le tipologie d’impresa”. 

“La prima parte del ddl va letta in correlazione con la seconda – ha aggiunto la sindacalista –, dove l’effettività dell’esercizio dei diritti è affidata alla contrattazione collettiva, cioè all’attuazione degli articoli 39 e 46 della Costituzione. Essi, in pratica, sono ‘le gambe’ su cui si rendono esigibili quei diritti che abbiamo codificato nella prima parte, gli strumenti di regolazione della prestazione lavorativa, che a questo punto non è più disciplinata dalla legge, perché la contrattazione - come recita l’articolo 39 - non solo è libera di esercitarsi, ma sovrintende tutto l’ambito regolativo del rapporto di lavoro”.

“Come si fa tale operazione? – si è chiesta infine la dirigente sindacale – Estendendo la contrattazione collettiva, che a questo punto avrà efficacia generale in tutti i settori, in realtà traducendo l’accordo del 28 giugno, pezzo fondamentale del Testo unico del 10 gennaio su democrazia e rappresentanza, e quindi ricostruendo il valore del ccnl, che si applica a tutti gli addetti afferenti quell’ambito settoriale che il contratto individua come sfera d’applicazione. Riportiamo cioè al primo livello tutte le titolarità, incluse le procedure dei demandi delle competenze alla contrattazione decentrata, che diventa a sua volta strumento esigibile e valorizzato, anche in virtù delle modalità con cui costruiamo le procedure di validazione degli accordi che saranno sottoscritti quando avremo raccolto qualche milione di firme e la nostra proposta diventerà legge dello Stato. In pratica, traduciamo in via legislativa quanto già fatto per via contrattuale con il Testo unico”.

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