Nel settembre del 2000, l’Onu ha adottato la Dichiarazione del Millennio con l'obiettivo di dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015 e promuovere lo sviluppo globale. Il documento fissava otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDGs) che da allora hanno rappresentato il più importante quadro di orientamento per la cooperazione internazionale allo sviluppo.

Nonostante i progressi sostanziali compiuti grazie agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, la popolazione mondiale deve ancora far fronte a tutta una serie di sfide, tra cui povertà estrema, cambiamento climatico, distruzione dell’ambiente e crisi sanitarie. Ad esempio, nel rapporto pubblicato alla vigilia del vertice di New York “Inequality and the end of extreme poverty”, Oxfam porta evidenze su come l’obiettivo di sradicare la povertà estrema entro il 2030 rischia di essere vanificato se non si interviene sul contrasto alla disuguaglianza estrema e sull’adozione di politiche che permettano ai più poveri di beneficiare degli effetti della crescita economica.

Infatti, quindici anni dopo il lancio degli Obiettivi del Millennio e a dieci anni dai solenni impegni del G7 di Gleneagles di “consegnare la povertà alla storia”, ancora oggi 1 miliardo di persone vive in una condizione di povertà estrema con meno di 1,25 dollari al giorno. Se è vero che negli ultimi quindici anni si è dimezzato il numero di persone che vivono in estrema povertà, facendo registrare già nel 2011 il raggiungimento del primo obiettivo del millennio, alcuni dati recenti, tra cui quelli dell’Overseas Development Institute, dimostrano che il risultato sarebbe stato ancora migliore se il reddito del 40% più povero della popolazione fosse cresciuto più velocemente della media nazionale nei vari paesi. In questo caso avremmo a livello globale un tasso di povertà estrema più basso: pari al 13% invece dell’attuale 16%. In particolare se tutti i paesi in via di sviluppo avessero adottato dal 1990 al 2011 politiche di sostegno attivo alle fasce più povere della popolazione, il risultato sarebbe stato di avere già oggi 700 milioni di persone fuori dalla trappola della povertà.


Come riconosciuto ormai da quasi tutte le agenzie internazionali, il punto centrale quindi è il contrasto alla disuguaglianza e la ripartizione più giusta ed equa dei benefici della crescita che già in questi anni si è prodotta in tanti paesi del mondo con l’emergere delle nuove potenze economiche mondiali.


Secondo proiezioni della Banca Mondiale, anche contando sulle più ottimistiche previsioni di crescita globale, non sarà possibile eliminare la povertà estrema entro il 2030 stando ai livelli disuguaglianza attuali. Eppure, non si tratta di un obiettivo impossibile da raggiungere. Esiste una via: affrontare la disuguaglianza attraverso una decisa azione politica e un piano efficace e concreto. Solo così – sempre secondo la Banca Mondiale – sarà possibile evitare che altri 200 milioni di persone cadano in una condizione di povertà estrema, allontanandoci dallo storico obiettivo dello sradicamento globale del fenomeno.

Questi numeri confermano che il famoso “effetto a cascata” secondo l’assunto neo-liberista – la crescita è diseguale ma alla fine a beneficiarne saranno anche i poveri, – è destituito di fondamento. Al contrario la crescita senza politiche di inclusione e di redistribuzione aggrava le differenze ed è un freno per gli stessi tassi di crescita, pregiudicando la qualità dello sviluppo. Nei paesi dove la crescita ha visto una più equa ripartizione dei benefici per il 40% più povero e nel quale redditi e salari sono cresciuti più velocemente per queste fasce della popolazione rispetto alla media totale, si registrano i più grandi successi nella diminuzione della povertà.

In un mondo globalizzato come quello attuale, nessuno Stato è in grado, da solo, di trovare soluzioni a queste sfide che valicano i confini nazionali. La comunità internazionale intende continuare anche in futuro ad affrontare le sfide globali puntando a obiettivi concreti: l’Agenda post-2015, una nuova agenda per lo sviluppo e la sostenibilità, indica la via da seguire da qui al 2030.

In linea con le decisioni della Conferenza delle Nazioni Unite Rio+20, tenutasi nel giugno del 2012, i nuovi obiettivi considerano la dimensione economica, ecologica e sociale dello sviluppo sostenibile e sono applicabili a tutti gli Stati del pianeta. Non riguardano quindi più soltanto i Paesi e i gruppi di popolazione poveri del Sud del mondo (il cosiddetto «Sud globale»), come invece avveniva con sette degli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Gli Stati e le popolazioni sono invitati a concordare obiettivi comuni e un’equa ripartizione dell’onere. Tutti i Paesi devono, in base alle proprie possibilità e alle diverse realtà nazionali, fornire il proprio contributo al raggiungimento degli obiettivi universali.

I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile:
1. Sradicare la povertà in tutte le sue forme e ovunque nel mondo.
2. Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare l’alimentazione e promuovere l’agricoltura sostenibile.
3. Garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età.
4. Garantire un’istruzione di qualità inclusiva ed equa e promuovere opportunità di apprendimento continuo per tutti.
5. Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze.
6. Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e servizi igienici per tutti.
7. Garantire l’accesso all’energia a prezzo accessibile, affidabile, sostenibile e moderna per tutti.
8. Promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena occupazione e il lavoro dignitoso per tutti.
9. Costruire un’infrastruttura resiliente, promuovere l’industrializzazione inclusiva e sostenibile e sostenere l’innovazione.
10. Ridurre le disuguaglianze all’interno dei e fra i Paesi.
11. Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili.
12. Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili.
13. Adottare misure urgenti per combattere i cambiamenti climatici e le loro conseguenze*. *Considerato che la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici è il forum centrale, internazionale e intergovernativo per negoziati volti a trovare una risposta globale ai cambiamenti climatici.
14. Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine.
15. Proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in modo sostenibile le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e invertire il degrado dei suoli e fermare la perdita di biodiversità.
16. Promuovere società pacifiche e inclusive orientate allo sviluppo sostenibile, garantire a tutti l’accesso alla giustizia e costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli.
17. Rafforzare le modalità di attuazione e rilanciare il partenariato globale per lo sviluppo sostenibile.