La contrattazione, attività fondamentale del sindacato, esce dalle fabbriche e dai luoghi di lavoro per allargarsi al territorio e alla salvaguardia del reddito complessivo dei lavoratori/cittadini (il cosiddetto salario indiretto). Si chiama contrattazione sociale e rappresenta una parte sempre più importante dell’attività del sindacato e della Cgil in particolare, visto che, come spiega il segretario della Cgil di Perugia, Filippo Ciavaglia, “se riusciamo con fatica ad ottenere un aumento di 100 euro in busta paga e poi quest’aumento è azzerato dall’incremento di tasse e tariffe o dal taglio dei servizi, allora non abbiamo ottenuto alcun risultato”. Ecco perché oggi, 12 ottobre, la Camera del Lavoro di Perugia ha voluto dedicare al tema della contrattazione sociale un’iniziativa pubblica che si è svolta presso la sala del Consiglio provinciale di Perugia ed ha coinvolto numerose lavoratrici e lavoratori dei servizi pubblici, insieme a pensionate e pensionati delle leghe dello Spi Cgil.

Il bilancio della contrattazione sociale appena conclusa con i Comuni relativa ai bilanci finanziari del 2015 è per la Cgil in chiaroscuro. Come ha spiegato nella sua relazione introduttiva Sandro Piergentili, resonsabile welfare per la Cgil di Perugia, a fronte di buoni accordi siglati con alcuni enti (Città di Castello, Marsciano, Umbertide ecc.), che prevedono l’invarianza delle tariffe e l’introduzione di criteri di equità sulla tassazione locale, ci sono infatti molti Comuni che hanno preso decisioni unilaterali, come quella di portare le aliquote dell’addizionale Irpef al massimo, senza incremento delle esenzioni.

Ma la contrattazione sociale non è solo una battaglia per una tassazione locale più equa e sostenibile. “Con la definizione di specifiche piattaforme rivendicative – ha detto ancora Piergentili - noi vogliamo puntare ad elevare la qualità dei servizi sociali dedicati alle persone più deboli, alla difesa del reddito da lavoro e da pensione e al miglioramento della vivibilità dei nostri territori”. Questo significa “contrattare” non solo con i Comuni, con i quali è necessario “un cambio di passo”, ma con i distretti sociosanitari e con la stessa Regione, parlando di non autosufficienza, di politiche abitative, di sicurezza urbana e di tutte quelle materie che, appunto, incidono sulla condizione di vita delle persone.

“Siamo consapevoli delle grandi difficoltà che vivono gli enti locali e che rendono difficile l’esercizio della contrattazione sociale – ha detto nelle sue conclusioni Nicola Marongiu, coordinatore Area Welfare Cgil nazionale – eppure è evidente che in questa fase la spesa sociale andrebbe incrementata, a fronte di un aumento esponenziale dei bisogni, in particolare di alcune fasce di popolazione, come gli anziani non autosufficienti o i minori affetti da disabilità. E se è vero che certamente servirebbero politiche nazionali che invertano il trend disastroso dei tagli al welfare, è anche vero che talvolta gli enti locali, i Comuni, sono pigri, soprattutto sull’attuazione dei patti antievasione. Dunque, in una piena sinergia tra livello nazionale e livello locale, la contrattazione sociale sarà sempre più una sfida decisiva per la Cgil e per il sindacato tutto”.