Dopo i guasti della riforma Monti-Fornero, il capitolo esodati non è ancora chiuso. L’ennesimo allarme arriva da Vera Lamonica, segretario confederale della Cgil, intervistata oggi da RadioArticolo1 nel corso di “Italia Parla” (qui il podcast). “Sulla carta – ha detto la sindacalista – dovrebbero essere state salvaguardate 170 mila persone per un costo vicino ai 12 miliardi. In realtà le persone effettivamente in pensione sono solo 70 mila mentre le domande accolte sono 112 mila. Quindi, ancora una parte consistente di esodati aspetta la risposta dell'Inps e rimangono 49 mila persone che non sono rientrate nelle salvaguardie precedenti. È urgente, dunque, determinare un provvedimento che completi questa vicenda”.

Tra l’altro, ha aggiunto la sindacalista, “le risorse non sono state tutte utilizzate tutte, impegnate sì ma non utilizzate. Sarebbe quindi il caso che si tirino fuori i dati: ci dicano quante risorse rimangono da quelle impegnate. Molto probabilmente, con esse sarebbe possibile salvaguardare anche l'ultimo pezzo che è rimasto fuori”.

Ancora aperta è, in generale, tutta la questione che riguarda le pensioni. Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto unitariamente un tavolo con l'esecutivo, ma sono passate due settimane da quando Poletti ha annunciato una fase di raccolta delle informazioni propedeutiche all’incontro. “L'unica cosa certa – osserva Lamonica – è che non c'è ancora traccia di convocazione e di apertura di tavoli. Anzi, c'è qualche elemento di preoccupazione in più negli ultimi giorni, al di là delle dichiarazioni del ministro, perché è evidente che se il programma di governo per i prossimi tre anni è quello enunciato recentemente dal presidente del Consiglio, noto che da Renzi non c’è stato nessun impegno sulla revisione profonda della Monti-Fornero”.

Trapelano indiscrezioni, proposte e studi, “ma noi vorremmo che il governo in questo tavolo ci dicesse in maniera esplicita se ha intenzione di mettere mano a questo tema oppure no. Di sicuro le cose che vengono fuori da queste anticipazioni, dalle indiscrezioni e dalle proposte del presidente dell'Inps non corrispondono in alcun modo all'idea che Cgil, Cisl e Uil hanno messo in campo. Noi continuiamo a ritenere che la legge Fornero vada rivista, che vada determinata una possibilità di accedere alla pensione prima di quanto previsto attualmente dalla legge e che vada fatta una distinzione tra i lavori che non sono tutti uguali”.

“Vorrei ricordare – ha sottolineato il segretario confederale Cgil – che la manifestazione degli edili ha posto questo tema in grande evidenza.
Per questa categoria, ad esempio, la legge Fornero proprio non regge. E poi rimane tutto in piedi il problema di dare un minimo di risposte certe al futuro previdenziale ai giovani. Di tutto questo, a parte un impegno generico del ministro a una convocazione che non arriva, non c’è traccia”.

Tra gli altri temi toccati da Lamonica durante l’intervista c’è quello della povertà, con il dato Istat allarmante uscito in settimana: 4 milioni di poveri assoluti e 8 milioni in povertà relativa. “Il dibattito nel paese su questi dati è stato surreale – ha detto il dirigente Cgil –. Tutti, a partire dal presidente del Consiglio, ‘godevano’ per il fatto che i poveri non fossero cresciuti, ma nessuno ha ricordato che questa cifra era la metà solo pochi anni fa. Il dato stabile, in realtà, ci dice che la povertà è diventata endemica, un dato ormai strutturale della realtà sociale di questo paese che non è più possibile ignorare”.

La Cgil, insieme all’Alleanza contro la povertà, ha fatto una proposta, ha detto Lamonica, “affinché il governo affronti in maniera organica la questione della povertà assoluta, con un provvedimento nazionale strutturato e programmato con l'obiettivo di far uscire queste persone dalla povertà. Questo strumento si dovrebbe configurare come un livello essenziale delle prestazioni, quindi di rango costituzionale: un diritto delle persone che abbia valenza uguale da Aosta a Palermo, che impegni delle risorse seppure in maniera graduale e arrivi a regime almeno nell'arco di quattro”.

Il governo, invece, per la Cgil “sta facendo un’operazione un po’ furba, inaccettabile e pericolosa: prendere tutte le sperimentazioni che ci sono in atto, la nuova social card, il cosiddetto Sia – una sperimentazione per ora rivolta a 12 città del Sud e molto ridotta nelle proporzioni, negli esiti, senza strumenti, senza collegamento con i servizi – con l’idea di allargarla al Nord. Magari mettendoci sopra un po’ di risorse europee e così facendo una misura spot, tampone, come tante altre volte già fatto”.

“Abbiamo già detto al ministro – ha argomentato Lamonica – che noi su questa ipotesi non ci stiamo: non si tratta infatti di rimettere sul tappeto questa o quell'altra ‘misuretta’ tampone. Basta sperimentazioni, sono anni che sperimentiamo e l'unico esito di questa sperimentazione è che i poveri sono raddoppiati. Adesso il punto è invece intervenire in maniera strutturale”.