“Nel corso degli anni ho cercato di far capire, attraverso la televisione, la carta stampata e i libri perché il nostro paese è in queste condizioni e perché si potrebbe fare qualcosa di diverso”, così Mario Tozzi, geologo Cnr parla di dissesto idrogeologico ai microfoni di RadioArticolo1, spiegando l'importanza della prevenzione sui territori maggiormente colpiti dal rischio, quali sono i fattori scatenanti e quali le buone pratiche da seguire per arginare i danni provocati da alluvioni, frane e smottamenti del terreno che ogni anno provocano la morte di decine di persone. L'intervista è stata rilasciata nel corso delle Giornate del lavoro in corso a Firenze.

Ed è proprio per salvare vite umane che la prevenzione diventa “un dovere verso le nuove generazioni” in un paese come l'Italia, che in termini di dissesto idrogeologico registra cifre da capogiro: “su 740mila frane censite in tutta Europa – spiega Tozzi -, mezzo milione ha riguardato l'Italia. Sono circa 7,5 milioni i cittadini distribuiti in 6.300 comuni a rischio. Siamo il paese europeo con il dissesto idrogeologico più avanzato”. Ma la prevenzione per Tozzi ha una valenza anche economica, “un euro investito in prevenzione ne fa risparmiare almeno cinque, che altrimenti verrebbero spesi per l'emergenza”. Un'emergenza profondamente legata ai cambiamenti climatici che hanno mutato l'intensità e la frequenza delle piogge, “oggi assistiamo a delle vere 'bombe d'acqua' che portano i fiumi a straripare in pochissimo tempo”, naturalmente tutto ciò è aggravato dalla cementificazione ad opera dell'uomo.

“Le catastrofi naturali non esistono – dice Tozzi - esistono gli eventi naturali che diventano catastrofici a causa della mano dell'uomo”. Il geologo punta il dito contro la cattiva amministrazione del territorio e la cementificazione selvaggia: “è chiaro che aumentando la superficie asfaltata e cementata, l'acqua non viene assorbita dal terreno e va a finire in fiumi che non sono abbastanza grandi da poterla contenere, come è successo in Liguria”. “In Italia – prosegue lo studioso - ogni secondo che passa ci sono otto metri quadrati di cemento in più: una cifra che nessun paese può permettersi senza pagare lo scotto di un dissesto elevato. Non solo, questa massa di costruzioni, spesso inutili, toglie anche bellezza al paesaggio”. Senza dubbio per Tozzi “c'è bisogno di una revisione generale dell'approccio al territorio. Non si può più pensare che l'alluvione è un evento speciale, che i cambiamenti climatici non esistono e che l'unico rimedio sono le opere”.

Dunque, cosa si può fare?. “Siamo ad un punto cruciale, e apprezzo che in questo il sindacato abbia cambiato idea” dice Tozzi riferendosi ai contenuti del Piano del Lavoro della Cgil sui temi ambientali: “negli anni passati si è barattato il lavoro con qualsiasi cosa, sopratutto con l'ambiente. Come a Porto Marghera, dove la gente moriva di cancro, ma non si andava contro il padrone per paura di perdere il lavoro”. Oggi, invece, prosegue Tozzi “potremmo avere una rinascita economica proprio legata al risanamento del dissesto idrogeologico, come avvenne negli Stati Uniti con il New Deal di Roosvelt”. Secondo il geologo, l'Italia potrebbe garantire centinaia di migliaia di posti di lavoro, soprattutto in regioni con tassi di disoccupazione tra i più alti come la Campania e la Calabria, solo attraverso la messa in sicurezza del territorio, grazie quindi: “auna manutenzione costante che permetterebbe inoltre il recupero dei valori paesaggisti”.

Riguardo l'accordo sul clima che è stato raggiunto al G7 di Elmau, Tozzi spiega: “con questo ritmo di emissioni, mi sembra francamente difficile mantenere l'innalzamento delle temperature entro i due gradi, per ridurle significativamente è necessario lavorare fin da subito”, ma si preferisce rimandare per “non perdere competitività eutilizzare così risorse per la mitigazione del cambiamento climatico: nessuno vuole farlo per primo. Cina, India, Brasile da lì si deve iniziare, se non lo fanno loro sembrerà vano anche lo sforzo di paesi come l'Italia”.

“Il governo - sottolinea Tozzi - se da una parte si è impegnato aorganizzare un'unità di missione contro il dissesto idrogeologico, 'Italia Sicura', dall'altra continua con una politica industriale lacunosa. Non si può continuare a ragionare in maniera così vecchia, gli incentivi per le fonti energetiche vengono dati in maniera quasi uniforme alle rinnovabili, agli inceneritori e addirittura agli idrocarburi, questo non si può sopportare”.

Tozzi conclude l'intervista con un auspicio: “arrivare al 50% della produzione di energia da fonti rinnovabili si può, l'Italia potrebbe così creare posti di lavoro e stimolare la ricerca e l'innovazione”. (F.A)