Maggio mese di lotte. In Sardegna i ricordi si perdono nel tempo, quello del 1906 viene ricordato come il mese della rivolta popolare dovuta alla crescita dei prezzi degli alimenti. Una rivolta spontanea che prese il via da Cagliari, capoluogo dell’isola, e si estese in tutti i centri principali dell’isola. Nel Sulcis, specialmente a Gonnesa, per sedare le dure proteste, fu impiegato addirittura l’esercito.

Era il 21 maggio, una data passata alla storia e che ancora oggi viene ricordata per via dell’alto tributo di sangue versato da chi si ribellò rivendicando il diritto di sfamare i propri figli. Pagarono con la vita Giovanni Pili e Angelo Puddu. Con loro la giovane Federica Pilloni, uccisa dal piombo dei gendarmi perché sventolava un drappo rosso, simbolo del lavoro e del riscatto sociale.

Gli scioperanti, in maggioranza minatori e lavoratrici delle miniere, presero di mira le cantine gestite dalle società minerarie, simbolo dello strozzinaggio operato dai datori di lavoro. Gli operai venivano obbligati dai padroni al rispetto del vincolo del “Ghignone”, il buono d’acquisto che si poteva utilizzare solamente nei negozi dei proprietari delle miniere, dove si vendeva la merce a prezzi più alti.

Merce scadente e cara che portava i minatori all’indebitamento e al ricatto giornaliero, pena il licenziamento e l’inclusione nelle famigerate liste nere che negavano la possibilità di essere assunti negli altri cantieri. Per alcuni giorni a Gonnesa e dintorni divampò una vera e propria battaglia. Dopo il tragico episodio di sangue, la rabbia scoppiò e si impadronì della folla. Con disordini anche nei cantieri dei villaggi vicini.

Ma le forze di polizia ebbero la meglio e per i rivoltosi ci furono punizioni e rappresaglie. Le società minerarie procedettero al licenziamento di centinaia di lavoratori, a cui seguirono gli arresti di massa: 103 minatori furono portati nel penitenziario di Iglesias, per poi essere trasferiti nel carcere cagliaritano di Buoncammino in attesa del processo, che si svolse nel novembre dello stesso anno. Chiedevano pane, latte e generi di prima necessità.

Quei moti portarono all’attenzione generale la situazione gravissima e le condizioni di vita al limite della civiltà in cui erano costrette a vivere la maggior parte delle famiglie delle aree minerarie. Molti di quei lavoratori furono scagionati, mentre i condannati subirono pene molto inferiori rispetto alle richieste dell’accusa. Quel maggio del 1906 diede il la al Parlamento italiano per varare un disegno di legge che istituì una commissione d’inchiesta con il compito di indagare sulle condizioni dei minatori sardi. Le cronache dell’epoca sono abbastanza scarne, ma i fatti di quel maggio sono ben conservati nella memoria collettiva di quei territori, oltre che nei racconti popolari e in alcune poesie a ottave dei poeti improvvisatori sardi.

Quella sommossa popolare di 109 anni fa, il ruolo delle donne in testa ai cortei, l’assalto alle cantine e ai forni, ebbero un ruolo importante nella storia del movimento dei lavoratori dell’isola e ancora oggi sono ricordati ogni anno. Questo 21 maggio, la Cgil regionale sarda e la Camera del lavoro del Sulcis Iglesiente, in occasione dell’anniversario dei moti di Gonnesa, ha premiato i vincitori del concorso letterario “Storie di miniatori”, riservato alle alunne e agli alunni delle scuole primarie e secondarie. Il concorso è stato bandito il 4 settembre dello scorso anno, in occasione del 110° anniversario dei fatti di Buggerru.