"Il modello di sviluppo che adotta la nostra regione non è all'altezza della gravità della situazione. In questi anni, il Veneto ha perso tanti punti in termini di produzione, con molte aziende costrette alla chiusura: siamo sempre nella dimensione imprenditoriale del 'fai da te', che non può reggere la sfida della globalizzazione, perchè se non si fa sistema non si può competere sui mercati. Oltrettutto, la Giunta Zaia non ha fatto interventi significativi in termini di sviluppo. L'unico dato positivo rimane il tasso di disoccupazione, inferiore alla media italiana". Così Elena Di Gregorio, segretario generale della Cgil Veneto, stamattina ai microfoni di RadioArticolo1 (podcast). 

"Per quanto riguarda l'occupazione, scorrendo i dati del primo trimestre 2015, si scopre un aumento significativo di assunzioni a tempo indeterminato. Ma se andiamo a leggere tra le righe cos'è avvenuto realmente, per il 70% si tratta di trasformazioni di rapporti di lavoro all'interno della stessa impresa. Quindi, non si può parlare di nuovi occupati, ma è solo un'operazione di restyling. Vi sono alcuni settori che vanno meglio grazie all'export, per via di fattori esogeni positivi, come la diminuzione del costo del petrolio e il valore dell'euro. Ma non s'intravvedono ancora segnali di ripresa certa, tant'è che gran parte del sistema industriale veneto ha atteggiamenti assai cauti, soprattutto sul fronte artigiano, elemento trainante della regione, per capacità produttiva e numero di addetti". osserva la dirigente sindacale.

"Sul lavoro, si va avanti a colpi di spot, soprattutto in questo periodo di campagna elettorale. C'è chi propone d'incentivare ulteriormente chi assume giovani fino a 29 anni. Non si tratta di progetti, ma di 'provvedimenti tampone', lanciati sulla scìa dell'emergenza. Non c'è quel salto di paradigma che noi auspichiamo con il Piano del lavoro. Per creare occupazione ci vogliono investimenti pubblici, che a loro volta mettano in moto i consumi interni, facendo ripartire l'economia. Tutto questo non è recepito nei programmi, nei messaggi e negli interventi dei vari candidati. Alle regionali, le parole d'ordine non riguardano nè il lavoro nè la legalità: ciò è molto grave, perchè la nostra è la regione degli scandali legati alle infrastrutture; pensiamo al Mose, alla Pedemontana. Non c'è grande impresa, infatti, che non sia stata toccata da fenomeni di corruzione. Il presidente uscente lancia la proposta del garante della legalità, ma nessuno parla di buona amministrazione. Sul fronte sindacale, abbiamo seri problemi legati al lavoro nero e alla catena degli appalti, e, a tal fine, stiamo cercando di fare accordi sulla trasparenza con le associazioni imprenditoriali. Le prime risposte ricevute sono di segno positivo, proprio perché concorrenza e legalità sono i temi che si avvertono più di tutti anche sul fronte datoriale", aggiunge l'esponente della Cgil regionale.

"In questi giorni, stiamo concludendo la raccolta di firme per la legge d'iniziativa popolare sugli appalti. C'è stato un grandissimo impegno della nostra organizzazione a tutti i livelli e in tutte le categorie, perché ormai con l'allungamento della filiera produttiva non c'è più alcun settore, pubblico o privato, che non sia toccato da appalti e subappalti. La nostra mission è difficile, perché in una situazione di crisi e precariato, parlare di solidarietà e unità del mondo del lavoro non è semplice. Temiamo prevalgano spinte individualiste, il 'si salvi chi può'. Questo non possiamo permetterlo: è ingiusto, aumenta le disuguaglianze, la disgregazione sociale già presente, ma soprattutto rende tutti più deboli, perché nessuno si salva da solo. Questo è il messaggio che stiamo cercando di estendere, per fare in modo che chi ha forza e diritti possa farli valere, mettendoli a disposizione di chi invece è più fragile. Discorso quanto mai attuale, alla luce del Jobs act. Ne stiamo discutendo con i lavoratori, perchè è evidente che se un'azienda propone a un giovane precario un contratto a tutele crescenti, quello possa sentirsi più sicuro e gratificato professionalmente. Noi cerchiamo di far capire la pericolosità di tale percorso: purtroppo, con il provvedimento del governo, avere un contratto più stabile non significa vedersi estesi i propri diritti", rileva ancora la sindacalista.     

Infine, la vicenda dei migranti. "Il tema scuote l'Italia, e a tale proposito, in Veneto c'è una forte contraddizione: da un lato, è la regione dove il volontariato e la cultura cattolica sono ancora molto radicati e diffusi; dall'altro, c'è il fenomeno leghista, con spinte xenofobe sempre forti. A poche ore dall'ultimo naufragio, Zaia ha chiarito di essere totalmente indisponibile ad accogliere nuovi profughi. La cosa è drammatica, perché il Veneto è l'unica regione che continua a tenere una posizione del genere, e lo fa in chiave chiaramente elettorale, cavalcando il disagio e ammiccando alle spinte più retrive, nonostante il dramma che accade vicino a noi. Così facendo, scarica le proprie responsabilità sui comuni che non hanno risorse nè capacità per affrontare una tragedia di simili dimensioni, pur avendo la volontà di dare accoglienza a chi ne ha bisogno. Per cui, la ribellione investe anche gli enti locali, che sono allo stremo, già penalizzati dai tagli e sempre più in difficoltà nell'affrontare l'emergenza occupazionale, gli sfratti, l'assistenza agli anziani. Si rischia una deriva, una guerra tra poveri, solo per portare a casa una manciata di voti in più", conclude la leader della Cgil veneta.