“Eppur si muove”, verrebbe da dire. Il Piano del lavoro, più volte evocato e altrettante volte dimenticato dalla confederazione di fronte alla necessità di rispondere all’emergenza economica e sociale del paese, è diventato in alcune regioni e città riferimento di una nuova stagione di contrattazione territoriale da parte della Cgil.

Questo il dato più rilevante emerso nel seminario che si è tenuto l’8 aprile a Roma alla presenza delle strutture regionali e di numerose Camere del lavoro. Le relazioni dei segretari Cgil di Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Basilicata hanno illustrato le intese unitarie ottenute con le relative giunte regionali dopo mesi di confronti.

A partire dall’emergenza occupazionale e del lavoro, queste realtà hanno saputo conseguire accordi di programma finanziati dai bilanci pubblici che produrranno occasioni di lavoro e di integrazione sociale in quei territori. Altri regionali Cgil (Liguria, Piemonte e Abruzzo) hanno esposto gli orientamenti assunti a partire ciascuno dalle proprie specificità economiche, sociali e politiche.

La Camera del lavoro di Milano ha descritto un’innovativa attività di “presa in carico” del disagio sociale da parte delle strutture sindacali Cgil attraverso la figura inedita del “delegato sociale” che dialoga con le istituzioni comunali preposte all’assistenza.

Sul lato dei contenuti trattati dai “Piani regionali del lavoro” presi in esame, è stata disegnata un’ampia gamma di priorità e di ricette per affrontare il tema occupazionale. In Emilia prevale il tema della ricostruzione edilizia post sisma, della diversa qualità dell’edificazione civile e industriale, del controllo degli appalti.

Il Lazio ha convenuto un Patto generale di modernizzazione della regione con infrastrutture materiali e tecnologiche, oltre a politiche sociali da attuare attraverso diversi accordi di programma. La Toscana si è dedicata soprattutto ai temi della riqualificazione del tessuto industriale e alla manutenzione del territorio in un’ottica di rafforzamento della coesione sociale messa in discussione dalla crisi.

La Basilicata ha soprattutto usato le risorse derivanti dalla “rendita petrolifera” per attuare misure contro la povertà in forma di “reddito minimo di inserimento”. In ciascuno dei casi esaminati, si è passati attraverso forme congiunte di individuazione e nuova destinazione delle risorse in essere. Nei prossimi mesi si tratterà di dare avvio alle intese raggiunte regionalmente coinvolgendo le diverse realtà territoriali.

Sul piano del metodo, è interessante rilevare come, al contrario di quanto accada nei confronti con il governo nazionale, nelle realtà regionali si sia potuto sperimentare o mantenere un metodo di confronto diretto con gli esecutivi sulle priorità da condividere e sulle modalità con cui farvi fronte, fino a raggiungere vere e proprie intese formalmente approvate. Altrettanto importante è notare che questa prassi di dialogo e contrattazione siano state frutto di un solido accordo unitario tra Cgil, Cisl e Uil.

Forse sarebbe utile confrontare queste esperienze con quelle contrattuali delle categorie. Il segretario confederale nazionale Danilo Barbi, che ha concluso il seminario, ha richiamato la necessità di implementare le esperienze di realizzazione del Piano del lavoro Cgil come unica strategia che, seppure in mancanza di adeguate politiche economiche anticicliche in Italia e in Europa, pone l’obiettivo della piena occupazione al centro delle azioni per la crescita e l’innovazione.

La Cgil nazionale, a questo fine, ha messo a punto strumenti per la formazione e la sperimentazione dei percorsi di attivazione del Piano del lavoro, che mette a disposizione delle strutture regionali e territoriali della confederazione in funzione di coordinamento, sussidio e tutoraggio, ove necessario.

Il “pacchetto” formativo-attuativo del Piano del lavoro si articola in diversi capitoli, tra analisi, proposta e percorso di realizzazione. A partire dalla necessità, per il sindacato (non solo la Cgil), di innovarsi, allargando la propria rappresentanza contrattuale fuori dai luoghi di lavoro e oltre le figure “tipiche” , essendo venuta meno, con la trasformazione dei partiti in forma autoreferenziale, la intercettazione e mediazione politica dei bisogni sociali.

A tal fine, il Piano del lavoro individua una nuova stagione di contrattazione sociale territoriale per il lavoro, come strumento di inclusione di altri soggetti associativi presenti sul territorio, delle scuole, delle università, delle imprese e di rappresentazione in forma vertenziale dei bisogni sociali attraverso la costruzione di piattaforme condivise.

La proposta del Piano del lavoro da collocare al centro delle piattaforme territoriali consiste nella definizione di progetti che, a partire dai bisogni sociali più rilevanti del territorio, sostengano la domanda locale di innovazione e producano occasioni di lavoro qualificato su tre grandi assi: la manutenzione e il riassetto del territorio, la diffusione di un welfare omogeneo e universale, la modernizzazione delle città. Ciascuno di questi assi si articola in numerosi capitoli progettuali.

L’analisi dei bisogni, l’individuazione delle priorità, l’individuazione delle risposte necessarie vanno svolte, secondo il Piano del lavoro, attraverso la collaborazione tra Rsu, servizi sindacali, Leghe dei pensionati, che sappiano operare nel territorio in momenti di consultazione che abbiamo chiamato Laboratori di innovazione sociale.

Le piattaforme verranno poi indirizzate alle istituzioni di governo locali, con cui si apriranno i confronti fino a individuare e condividere le fonti di finanziamento appropriate, i progetti fattivi di realizzazione, le esperienze di lavoro da attivare.