In Umbria è in corso un 'terremoto occupazionale', generato da una crisi senza precedenti, e si sa che i terremoti sono sempre terreno fertile per l’illegalità e le mafie. La Cgil di Perugia, anche alla luce delle ultime operazioni di magistratura e forze dell’ordine sul territorio, lancia un allarme: a fronte di una situazione di emergenza, come quella in atto, è necessario dotarsi di strumenti e procedure in grado di contrastare il malaffare e i tentativi di penetrazione delle organizzazioni criminali, anche e soprattutto nel tessuto economico.

È questo il messaggio che stamattina – mercoledì 25 febbraio – il sindacato ha voluto lanciare nel corso di un’iniziativa pubblica, tenuta presso il salone d’onore di palazzo Donini a Perugia, sede della Regione, dal titolo “Terremoto occupazionale: serve un Durc antimafia”. Iniziativa molto partecipata e ricca di contributi importanti, come quello del procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, che ha ribadito come la mafia oggi non sia più riconoscibile per la coppola e la lupara, ma parli sempre più il linguaggio dell’impresa e degli affari, e proprio per questo sia ancor più pericolosa e difficile da contrastare.

Questo è vero naturalmente anche in Umbria, dove però, per fortuna – come ha ricordato lo stesso Roberti – non sono state accertate connessioni tra le organizzazioni criminali operanti sul territorio e la pubblica amministrazione. “Merito degli anticorpi presenti nel nostro tessuto sociale – ha osservato nella sua relazione introduttiva Vincenzo Sgalla, segretario generale della Cgil perugina –; anticorpi che, però, dobbiamo rafforzare, dotandoci di strumenti che ci consentano, anche come sindacato, di attivare meccanismi difensivi, non appena ci sia anche solo il sospetto di qualcosa che non va”.

Sgalla ha ricordato che la Cgil aveva lavoratori iscritti anche tra le imprese che sono finite al centro delle recenti operazioni anti ‘ndrangheta, brillantemente condotte da magistratura e forze dell’ordine a Perugia. “Quali rischi abbiamo corso nel tutelare quei lavoratori? – si è chiesto il dirigente sindacale – e quali strumenti abbiamo per evitare comportamenti che possano anche solo lontanamente favorire fenomeni di illegalità economica?”

Secondo il procuratore Roberti, alcuni strumenti, come le comunicazioni e, soprattutto, le informazioni antimafia, già esistono. Vanno certamente applicati con grande oculatezza, ma possono costituire una buona arma di difesa. Tuttavia, a giudizio della presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, gli strumenti formali non sono sufficienti. “Dobbiamo rafforzare la prevenzione – ha detto –, attraverso meccanismi di selezione e qualificazione, attraverso liste di imprese di qualità, che siano consolidate e strutturate negli anni nel sistema degli appalti pubblici e non costituite ad hoc per vincere una gara. Da tale punto di vista, certamente l’esperienza della ricostruzione post terremoto del 1997 è un bagaglio importante”.

Intanto, fatto estremamente positivo, la consapevolezza sulla reale dimensione del fenomeno mafioso, anche in una regione a torto considerata fino a poco tempo fa immune, cresce. Se ne compiace l’associazione Libera, che anche in Umbria da anni cerca di sensibilizzare la comunità regionale su questi temi. “Iniziative come quella di oggi sono di grande importanza”, ha detto Salvatore Lo Leggio di Libera Umbria, richiamando poi l’attenzione su “un impegno concreto che la comunità regionale ha di fronte: recuperare e riutilizzare i beni confiscati presenti sul territorio, a partire da quello di Pietralunga”.

Sullo sfondo di tutta la discussione, più volte richiamato dagli interlocutori, il problema dei problemi: "La corruzione, il vero carburante delle mafie, e al tempo stesso – ha osservato ancora il procuratore Roberti – zavorra pesantissima per la crescita della competitività e della qualità delle imprese. Se per battere la concorrenza è meglio pagare qualche funzionario corrotto, piuttosto che investire in nuove tecnologie, è chiaro che le imprese virtuose partono sempre svantaggiate”.

Ma nonostante le dimensioni drammatiche di questo fenomeno, “non c’è mai stata in Italia una reale volontà di aggredire la corruzione – ha osservato Daniele Tissone, segretario generale del Silp, il sindacato di polizia della Cgil –. Al tempo stesso, anziché investire per contrastare questi fenomeni, continuano i tagli selvaggi al sistema della sicurezza che negli ultimi anni ha perso diversi miliardi di euro”.

“Abbiamo in effetti un governo che sembra viaggiare a due velocità – ha osservato nel suo intervento conclusivo Gianna Fracassi, segretaria confederale della Cgil – perché se su alcune questioni procede come un treno per rapidità e determinazione, su altre è fermo al palo e non sembra interessato a muoversi. Mi riferisco alla rapidità con la quale sono passati provvedimenti come il Jobs act, ma anche alla recente riforma della responsabilità civile dei magistrati, mentre su temi a nostro avviso ben più decisivi, come il falso in bilancio, la legge sulla corruzione, o la riforma della prescrizione, non si muove foglia”.

“Non ho mai sentito Renzi parlare di mafia – ha concluso la dirigente di Corso Italiamagistratura –, e questo rende il nostro compito, come sindacato, come società civile, ancora più importante. Sensibilizzare, denunciare, proporre: questo è quello che stiamo facendo con le nostre campagne in giro per l’Italia, e questo intendiamo continuare a fare, soprattutto in quelle parti del Paese dove la consapevolezza su questi temi va sempre più rafforzata”.