Carla Cantone, segretario generale dello Spi, ha concluso i lavori del convegno nazionale dedicato a 'La medicina della differenza - La sfida della salute di genere', organizzato dal sindacato dei pensionati della Cgil (Roma, Centro congressi Frentani, 12-13 febbraio). "La medicina di genere è una delle nuove frontiere della sanità di oggi e lo Spi, essendo la più grande organizzazione esistente che si occupa di sanità sociale, discute sulla materia già da diversi anni. È un argomento su cui, però, non basta solo parlarne, ma servono azioni concrete: la medicina di genere, che consideriamo essenziale per la salute della donna, come un tempo addietro lo furono i consultori, può avere un futuro, a patto che si partecipi ai luoghi delle scelte, ovvero quelli della politica. Ciò significa istituire un osservatorio sulla medicina di genere presso il ministero della Salute, vuol dire inserire la materia nel Piano sanitario nazionale e in tutti quelli regionali, investire a tale proposito sulla ricerca, sia pubblica che privata, approntare specifici programmi di formazione professionale per i medici e gli operatori sanitari".

"La medicina di genere – ha proseguito la leader Spi –, proprio per l'importanza sociale che riveste, potendo permettere azioni di prevenzione, diagnosi e cura più efficaci e appropriate, non solo per la salute delle donne, ma per tutti, deve richiedere un impegno costante e in prima persona da parte di tutto il sindacato, a partire da categorie quali lo Spi e la Funzione pubblica, di raccordo con la stessa Confederazione e anche con Cisl e Uil. Ciò si deve tradurre in una piattaforma specifica sul tema, puntando, nel contempo, sulla contrattazione sociale territoriale, che deve diventare la nostra priorità d'intervento a livello locale, nel quadro delle rivendicazioni sul welfare. La salute è un diritto costituzionale per tutti, ed è per questo che dobbiamo impegnarci di più sulla sanità pubblica, sui servizi socio-sanitari, finalizzati, in particolare, ai soggetti deboli, come bambini, donne e anziani, sempre più colpiti dalla povertà, che costringe moltissime persone - per il 60% donne anziane -, a dover rinunciare a curarsi per motivi economici. In tal senso, la sfida della salute di genere sarà vincente, se servirà a portare maggiori investimenti al settore, indispensabili per combattere le principali malattie della nostra società, che si chiamano innanzitutto indigenza e disoccupazione".