Lo stress, le molestie, la violenza sul luogo di lavoro sono sempre di più temi centrali delle strategie per la salute e la sicurezza. In Europa, un lavoratore su quattro soffre di stress legato all’attività lavorativa per tutto o per la maggior parte dell’orario di lavoro, per altrettanti il lavoro ha un impatto negativo sulla propria salute. A dirlo è l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha), con sede a Bilbao, presentando la relazione “Rischi psicosociali in Europa: diffusione del fenomeno e strategie di prevenzione” (scarica il pdf), realizzata assieme alla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound), di cui ora una sintesi è disponibile anche in italiano (scarica il pdf). Il documento indaga il fenomeno dei rischi psicosociali tra i lavoratori, indicando anche le possibili strategie di intervento attuabili dalle imprese e dai vari governi nazionali.

“La ricerca è davvero significativo e interessante: i suoi contenuti, che sono evidenti per chi, come noi, ha contatti quotidiani con i luoghi di lavoro, mettono l'accento ancora una volta sui principali problemi aperti in questi anni di crisi” osserva Sebastiano Calleri, responsabile salute e sicurezza della Cgil nazionale. La situazione italiana è però maggiormente negativa, spiega Calleri: “basta pensare alla scarsa cultura e attenzione aziendale a questo riguardo, e al fatto, ad esempio, che le controparti datoriali non hanno voluto recepire nella nostra realtà l’accordo europeo sulla violenza e le molestie”. Sul tema stress, infine, “al di là della generica volontà di adempimento dell’obbligo normativo, non ci risultano effettive azioni di cambiamento e risoluzione delle situazioni di disagio organizzativo”.

A impensierire maggiormente gli esperti dell’Agenzia sono le mansioni monotone o complesse, gli orari prolungati e l’alta intensità del lavoro. Preoccupano ovviamente anche violenze e molestie, pur essendo segnalate con minore frequenza. A peggiorare le cose sono intervenuti negli ultimi anni “l’aumento della precarietà del lavoro e della pressione del lavoro, generalmente associate a cambiamenti sul luogo di lavoro riconducibili alla crisi economica”. Esistono, poi, anche caratteristiche di genere: la relazione segnala che “gli uomini lavorano più a lungo e che le donne incontrano maggiori ostacoli nella loro carriera lavorativa”.

I rischi psicosociali rappresentano una fonte di apprensione per la maggior parte delle imprese: quasi l’80 per cento dei dirigenti si dichiara allarmato per lo stress legato all’attività lavorativa, mentre uno su cinque considera la violenza e le molestie sul lavoro la maggiore preoccupazione. Se si considerano singolarmente i vari rischi, il principale problema riferito dai dirigenti riguarda i ritmi di lavoro pressanti e la gestione di clienti, pazienti e studenti difficili. Nonostante tali preoccupazioni, meno di un terzo delle imprese dispone di procedure adatte a gestire questo genere di rischi.

Ma come intervenire? Secondo l’Agenzia, nelle aziende questi rischi si possono aggredire soltanto con un processo strutturato
, a diverse fasi, che comprenda cambiamenti nell’ambiente di lavoro e il coinvolgimento attivo dei lavoratori. A livello politico generale, servono iniziative legislative ad hoc, un rafforzamento delle ispezioni e il coinvolgimento delle parti sociali. Si insiste, in particolare, sull’adozione del “dialogo sociale a vari livelli, dall’Unione Europea al luogo di lavoro”, perché contribuisce “alla sensibilizzazione sui rischi psicosociali e favorisce lo sviluppo di politiche e interventi a livello aziendale”. Secondo l’Agenzia, in conclusione, occorrerebbe “continuare a progredire in tal senso, soprattutto nei paesi in cui le politiche in materia sono ancora meno sviluppate”.