“Quella che stiamo vivendo è una fase critica del paese. Nel pieno di una crisi economica di lunghissimo periodo, che sta fiaccando la società italiana, ma anche di una fase di grande confusione istituzionale. In questa fase gli elementi di garanzia costituzionale sono sicuramente fondamentali. Quindi, dopo le dimissioni di Napolitano, l'elezione del nuovo presidente della Repubblica assume un aspetto particolare rispetto alla sua normale importanza”. E' quanto ha detto Danilo Barbi, segretario nazionale della Cgil, ai microfoni di Italia Parla, su RadioArticolo1.

“C'è anche da dire - ha continuato Barbi - che anche la seconda nomina di Napolitano è stata un fatto eccezionale. Già in quella c'era un elemento di crisi che non aveva precedenti nella storia della Repubblica. Sicuramente frutto di una condizione di emergenza. Anche per questo, l'elezione del presidente assume oggi un'importanza storica particolare. Il secondo settennato, tra l'altro, era nato in nome delle riforme, che finora non sono state ancora varate”.

“La Costituzione - ha spiegato il dirigente sindacale - dà un ruolo di garanzia al presidente della Repubblica. Il ruolo di garanzia però non è un ruolo passivo, ma dipende dal contesto storico. E' chiaro che in una situazione di destabilizzazione, di confusione, di crisi istituzionale come quella che stiamo vivendo, una figura di garanzia diventa anche una figura attiva. Ma è il suo ruolo di garante a rimanere fondamentale. Penso che sia più utile, per un paese così complicato, contraddittorio come è l'Italia”.

Secondo Barbi, “una figura di rappresentanza che però abbia poteri diretti molto forti, come nel semipresidenzialismo francese, è più naturalmente connaturata ad un paese che ha una cultura nazionale molto forte come la Francia. Il presidente lì è figura anche politica, che fa scelte dirette. L'Italia invece è il paese delle contraddizioni, qualcuno l'ha definito il paese delle infamie e delle meraviglie. E' quindi logico che chi rappresenta la Repubblica abbia una funzione di garanzia. Io trovo le discussioni che si fanno sulle riforme istituzionali abbastanza bizzarre. Perché se nel mondo esistesse un sistema perfetto l'avrebbero già adottato tutti. E' invece la natura storica, sociale ed economica dei diversi paesi a determinarne le istituzioni. Ogni sistema ha pregi e difetti, il problema è trovare un equilibrio. In Italia, invece, questa discussione la facciamo in modo diverso. Pretendiamo che le forme istituzionali risolvano tutti i problemi. Ma non è mai così, e alla fine si passa da una forma all'altra quasi per per contrapposizione. Non si discute quasi mai della natura storicamente determinata delle istituzioni, della storia di questo paese e delle sue istituzioni. Anche se sarebbe meglio farlo”.