Buona e cattiva finanza, credito, sistema bancario, risparmio: temi che troppo spesso sembrano distanti dalla vita concreta delle persone e diventano patrimonio di cerchie ristrette, di piccoli gruppi di potere, che in ambiti chiusi e quasi sempre poco trasparenti, prendono decisioni che poi in realtà incidono in maniera determinante sulle vite dei lavoratori e dei cittadini.

Rompere questo schema è uno degli obiettivi che la Fisac Cgil si è posta elaborando il suo “Manifesto per la buona finanza”, sette proposte concrete che il sindacato, all'interno del più ampio Piano del Lavoro della Cgil, vuole mettere al centro del dibattito, tanto più in questa ultima fase di campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento Europeo, campagna decisamente troppo concentrata su dispute e scontri nazionali, piuttosto che sui grandi temi, come appunto quello della finanza e del ruolo delle banche nell'Ue.

L'occasione per rimettere al centro il tema è arrivata oggi, 16 maggio, a Perugia, con la presentazione del volume “Una buona finanza e le banche al servizio del paese”, a cura di Agostino Megale e Nicola Cicala, ospitata dalla Cgil dell'Umbria in un dibattito che ha coinvolto, oltre al curatore del volume, anche il segretario del sindacato regionale, Mario Bravi e l'eurodeputato (e candidato del Pd) Leonardo Domenici.

“Vogliamo tentare di fare di questo tema l'oggetto di un'azione politica e sindacale capace di dare una risposta ai problemi quotidiani di lavoratori e lavoratrici – ha spiegato Megale – nella consapevolezza che per ottenere un cambiamento in Italia abbiamo bisogno prima di tutto di un cambiamento in Europa, che non arriverà di certo – ha precisato il segretario Fisac - con le forze del populismo o della destra”.

Quella che serve, secondo Megale, è “un'Europa che faccia l'Europa” e non “un'insieme di stati ridotti ai minimi termini intorno ad una Germania forte”. Dunque, un'Europa capace di attuare una sua politica industriale (sul modello di quanto fatto dagli Stati Uniti di Obama), fiscale ed economica, con un piano per la crescita e l'occupazione. Servono in altre parole investimenti, pubblici e privati, per raggiungere una crescita di almeno il 2%, soglia minima necessaria perché l'occupazione in Italia torni a crescere, ha spiegato il segretario Fisac, dopo una perdita di circa 1,5 milioni di posti di lavoro in sei anni.

In tutto questo è evidente la centralità del sistema creditizio. Se dei 200 miliardi di derivati riconducibili alle banche (ma esistono stime anche molto superiori), 50 fossero veicolati verso l’economia reale, si calcola una crescita del Pil potenziale dell’1,5%, spiega la Fisac nel suo manifesto, aggiungendo che dal 1994 al 2011 gli investimenti nelle imprese delle banche sono calati del 42%. Di qui la proposta di separazione, a livello europeo, tra banche commerciali e banche d’affari, “in cui le prime – spiega la Fisac - concentrino la loro attività verso il credito a imprese e famiglie e mettano le proprie competenze al servizio del paese. E affinché le seconde possano svolgere non solo la vendita ma anche realizzazione dei prodotti finanziari che vendono”.

Temi come questo – ha insistito Megale – devono essere al centro del dibattito sindacale e politico, “ma neanche la stessa sinistra – ha lamentano il segretario Fisac - sembra coglierne l'importanza, come se fossero materie per soli specialisti”.

E poi c'è il ruolo della Bce, altro punto centrale nel manifesto della Fisac. “Oggi in Europa abbiamo una moneta unica, ma 27 paesi con 27 tassi di interesse e 27 inflazioni diverse – ha osservato ancora Megale – con il risultato che famiglie e imprese italiane pagano il credito molto di più, ad esempio, di quelle tedesche”. Di qui la proposta di “superare i differenziali nei tassi di interesse pagati tra i paesi europei”, attraverso una serie di interventi quali la supervisione bancaria unica a livello europeo, la definizione di un sistema unico di garanzia sui depositi, la possibilità di ricapitalizzazione diretta da parte dell’Esm - Bce. E ancora, la monetizzazione parziale del debito (avendo come parametro il rapporto con il Pil), la mutualizzazione del debito (emissione di titoli europei, Union Bonds – Project Bonds) e l’acquisto diretto di titoli del debito pubblico da parte della Bce.

Infine, una proposta anche per il territorio, in questo caso l'Umbria, ma facilmente esportabile ad altre realtà. Qui, la Camera del Lavoro di Terni e la Cgil regionale insistono da tempo sulla necessità di un ruolo diverso nella crisi delle fondazioni bancarie, che, secondo il sindacato umbro, andrebbero direttamente coinvolte, viste le importanti risorse di cui dispongono (oltre 1 miliardo di euro nella regione), nel sostegno all'industria e all'occupazione.

Progetto raccolto dal segretario della Fisac che ipotizza la creazione di “fondi di solidarietà” da finanziare con un combinato di risorse provenienti dall'Europa, dalle Regioni e, appunto, dalle fondazioni bancarie, senza escludere un contributo diretto anche di imprese e lavoratori. Il ricavato, secondo Megale, potrebbe andare a finanziare progetti che diano certezze ai lavoratori esodati e favoriscano il ricambio generazionale dell'occupazione attraverso una “uscita soft” dei lavoratori pensionandi con un ricorso al part-time, che agevoli al contempo l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.