Nel Veneto le richieste di aiuto per la violenza contro le donne sono in crescita, ma le strutture per farvi fronte restano assolutamente insufficienti. A dirlo è la Cgil Veneto, chiedendo alla Regione di convocare con urgenza il tavolo di coordinamento regionale. Secondo la Cgil, la legge “Interventi regionali per prevenire e contrastare la violenza contro le donne”, entrata in vigore nove mesi fa, “non sembra aver modificato il quadro pre-esistente dal punto di vista delle risposte necessarie alle donne che chiedono aiuto. Se i centri antiviolenza risultano essere dieci in tutte le province del Veneto, sono un numero insufficiente per garantire la necessaria copertura; per quanto riguarda le Case rifugio e le Case rifugio di secondo livello, che servono per offrire ospitalità temporanea a soggetti che non si trovino in condizione di pericolo immediato, queste sono, rispettivamente, soltanto sette e cinque”. Questo a fronte del dato proveniente dal Centro Antiviolenza di Padova, “che ha raccolto – nel corso del 2013 – ben 720 richieste di aiuto da parte di donne, il doppio rispetto al 2012”.

Aggiunge il comunicato: “Dalle testimonianze di tutte le associazioni intervenute nel convegno pubblico promosso dalla Cgil Veneto il 25 novembre scorso a Treviso, è emerso un aumento complessivo delle denunce e delle segnalazioni, per cui appare evidente che non basta offrire alle vittime un punto di ascolto se poi non si è in grado di prospettare soluzioni (abitative, economiche, lavorative, di sostegno). E’ indispensabile che la Regione promuova l’attività del Tavolo di coordinamento regionale previsto dalla legge per coinvolgere, come è previsto, tutti i soggetti competenti, istituzionali e non, per costruire prassi condivise, una rete di supporto fatta non solo di competenze, ma anche e soprattutto di risorse concrete”. Ad esempio, conclude la Cgil Veneto, “è possibile ipotizzare che i Comuni più grandi, o più Comuni in forma associata, possano attivarsi per aprire sportelli di accoglienza per donne vittime di violenza e recuperare abitazioni sfitte da adibire a Case rifugio di primo o secondo livello, ovviamente in rete con i Centri antiviolenza? Il costo di una simile operazione, pure in un quadro di risorse comunali assai malmesse, non sarebbe poi così proibitivo”.