La manifestazione di oggi a piazza Farnese a Roma, organizzata dalla Flc Cgil (il sindacato della conoscenza) per lo sciopero generale contro i tagli del governo, inizia con un minuto di silenzio. Per Carmine, professore precario di 52 anni con due figli che si è ucciso per la mancanza di un lavoro stabile. Per Andrea, 15 anni, studente che si è ucciso perché preso in giro dagli altri alunni sulla sua presunta omosessualità.

Poi, di fronte a una platea gremita, le voci si fanno inarrestabili: quelle dei precari, dei “nomadi della scuola”, dei garantiti ma senza strumenti per operare correttamente alla formazione. Iniziano a parlare sciorinando dati da far vergognare tutti: una scuola su 10 ha lesioni, in pochissime sono a norma, 1 su 3 non ha l'aula digitale, 8 miliardi di tagli all'istruzione dell'obbligo.

La prima a parlare dal palco, tra gli applausi di studenti e professori, è Antonella Vulcano, precaria da 11 anni, che narra quello che ormai è realtà in tutti gli istituti scolastici: “Se le cose rimangono così sarò senza lavoro l'anno prossimo. Ho iniziato a insegnare a Bari con tanto entusiasmo. Da incarichi annuali, però, sono passata a insegnare solo qualche mese, così sono andata a Treviso, dove ho trovato la stessa passione ed entusiasmo, nei ragazzi e nei colleghi”. C'è tanta delusione nelle sue parole, per il ritiro dell'adesione di Cisl e Uil allo sciopero: “Dovevamo ricostruire l'unità sindacale dopo il 2008 e invece siamo qui, lasciati a piedi dagli altri sindacati”.

Il suo è il racconto di un'epoca, quella della Ministra Gelmini, che ha unito la scuola alla voce di spesa “scuola”, avallando così la formula “senza oneri per lo Stato”. “Dopo aver lavorato tanto – dice la precaria - ci siamo sentir dire che non hanno bisogno di noi, anche se mandiamo avanti la baracca. Non è vero che i nostri posti non ci sono, siamo convocati annualmente su posti vuoti. La verità è che hanno distrutto l'eccellenza dei tre professori nella scuola primaria. E per noi è cominciata la guerra tra poveri. Ci hanno dileggiato dicendoci che deve esserci un concorso a cui per ora possono partecipare solo gli abilitati, creando così una divisione tra precari giovani e meno giovani”.

Dopo di lei a parlare sul palco sale un'altra donna, Marinella Esposito, maestra di scuola primaria a Ponticelli, 10 anni da insegnante di carcere minorile, poi 17 nella periferia di Napoli, “garantita ma agguerrita”. Che chiede un applauso per il bene comune, per la scuola pubblica. “Lavoro con bambini abbandonati, lasciati soli da famiglie che non hanno strumenti per occuparsene, figli di camorristi o persone povere. Regaliamo vestiti a bambini che fino a ieri venivano a scuola con i sandali, perché non avevano le scarpe, quindi come posso parlare con un politico che ripristina un anno di scatti di anzianità a discapito di un terzo del fondo di istituto? Ma come può la scuola di Ponticelli, della Basilicata, della Sicilia, continuare la programmazione, aiutare a crescere creando parità, con questi tagli? Stanno aprendo la scuola ai privati in questo modo, che detteranno le regole dei progetti educativi. Ci hanno venduto per gli scatti di anzianità”.

La segue Angela Pannunzi, docente inidonea, che spiega la sua realtà di emarginazione: “Noi inidonei siamo docenti laureati, abilitati, specializzati, che a un certo punto si sono ammalati in modo grave e irreversibile e hanno dovuto rinunciare alla docenza in aula. Siamo circa 3500 e abbiamo data il nostro contributo alla scuola attraverso l'apertura e la cura di biblioteche e laboratori. Non abbiamo diritti, il Governo ha stabilito da un anno e mezzo che le scuole possono fare a meno di noi. Così a luglio è uscito un decreto che ci fa transitare nei ruoli Ata, tecnici e amministrativi. Ma non è un passaggio, ma un declasssamento che ci penalizza dal punto di vista previdenziale e retributive”.

Maurizio Spacconi, amministrativo precario della scuola da 9 anni: “Io dovrei essere il “nemico” della collega che ha parlato prima, Angela, perché con la nuova legge lei dovrà prendere il mio posto, ma io conosco il loro contributo alla scuola e sosterrò la loro lotta”. Maurizio ha un contratto fino “ad avente diritto” e da un momento all'altro potrebbe andare via, sostituito da un collega precario e inidoneo, che molto probabilmente a sua volta sarà sostituito. “Noi precari non abbiamo diritto agli scatti di anzianità, ma dal taglio del fondo di istituto perdiamo gran parte del salario aggiuntivo che ci permette di tirare avanti e lavorare. Stanno fomentando la guerra tra poveri”.

Raffaele di Stefano ricercatore dell'Ingv racconta del suo contratto precario da 14 anni, che scade tra 40 giorni. È lui a chiedere, tra gli applausi della piazza, che vengano tagliati i finanziamenti alla scuole private a discapito di quella pubblica. “Io lavoro alla sicurezza dei Vulcani e non possono tollerare di votare chi continua a sfruttare attraverso la Legge 30 e nel frattempo taglia la scuola pubblica e la ricerca”.

La precarietà è un morbo che si contrae attraverso rapporti di lavoro non protetti, scherza la conduttrice dal palco. Nella platea molti conoscono i risvolti dolorosi di questa situazione. Leonardo Esposito è uno studente universitario e rivendica come Unione degli studenti medi e universitari la sua presenza in quella piazza: “Non siamo mai stati ascoltati: 8 miliardi di tagli alla scuola pubblica, 1 miliardo all'università e nelle discussioni pubbliche molti provano a mettere noi studenti contro gli insegnanti, ma non ci riusciranno. Noi abbiamo un'altra idea di Europa, che è un investimento sul nostro e vostro futuro. Vogliamo una formazione qualificata e per questo vi siamo vicini. Non vogliamo più crolli di scuole e di coscienze. C'è un'alternativa concreta e sostenibile per il nostro futuro, vogliamo che venga seguita”.

Ania Cattanei, docente di Ferrara, che fa parte del progetto Insieme la scuola non crolla: “La situazione è critica, in Emilia le scuole sono aperte da poco e non sono sicure. Da noi molti alunni sono nei container. Ci avevano promesso posti in più per aiutare le scuole colpite dal sisma ma così non è stato. Abbiamo bisogno di aiuto per ripartire dopo il terremoto, abbiamo bisogno di solidarietà”.

C'è anche la solidarietà della Fiom dal palco e dalla piazza. Degli operai dell'Ilva e dell'Almaviva che chiedono un futuro per sé e per i propri figli lontano dal concetto di produttività e più vicino a quello di umanità e progresso. Quella degli studenti e delle studentesse degli alloggi universitari de La Sapienza, che vogliono prendere in mano il loro diritto allo studio e vederlo realizzato. I ragazzi e le ragazze delle scuole superiori che stanno occupando le scuole in questi giorni e non vogliono una scuola di élite ma collaborazione e solidarietà da parte degli adulti.

Le conclusioni sono lasciate a Mimmo Pantaleo, segretario della Flc, che racconta i motivi della protesta e dà il senso complessivo di questa giornata di lotta: “Questa è una piazza unitaria, perché trasmette il sentimento dei lavoratori e delle lavoratrici che abbiamo incontrato in tante assemblee unitarie nel Paese. Un sindacato senza un popolo non serve, per questo sono addolorato che le altre organizzazioni sindacali non siano qui. Come Cgil abbiamo comunque deciso di onorare quel patto preso durante le assemblee e per questo siamo qui. Il primo obiettivo che dovevamo realizzare era cancellare l'innalzamento dell'orario di docenza a 24 ore, perché stavano facendo passare il messaggio vergognoso che a scuola si lavorasse solo 18 ore. Una vergogna che non tiene conto della qualità della docenza e del lavoro che serve per realizzarla. Oggi dobbiamo ringraziare anche gli studenti che ci hanno permesso di realizzare questa vittoria. Poi c'è il problema degli scatti di anzianità: hanno fatto il gioco delle tre carte. Per avere gli scatti ci hanno detto di rinunciare a 387 milioni per l'offerta formativa. Ma ridurre il Fondo per l'offerta formativa e quello di istituto significa anche dire alle persone che devono lavorare gratis per una scuola di qualità. Noi non ci fermeremo a questo e la nostra protesta continuerà nelle scuole e nelle strade, perché vogliamo un'Europa sociale e non delle banche. Oggi si sprecano tanti talenti di giovani e questo è il peggior delitto che ci possa essere. Non si può usare con i ragazzi il bastone e la carota e poi offenderli con lavori precari che li umiliano”. Pantaleo si rivolge al Governo e al Paese, ricordando anche lui Andrea, che a 15 anni si è tolto la vita e la giornata di domani contro la violenza sulle donne: “La scuola pubblica ha un ruolo per fermare tutto questo, perché è una palestra di pace importante e non può essere svilita con un concorso pubblico che è una lotteria o tagli indiscriminati”.