“È un disastro per l'economia locale con un impatto considerevole su quella nazionale”. Sintetizza così, in un intervista a Il Sole 24 Ore, le conseguenze del terremoto in Emilia-Romagna Gaetano Maccaferri, vicepresidente di Confindustria per le politiche regionali e la semplificazione e anche, dallo scorso novembre, presidente della Confindustria regionale. “Erano state fatte delle valutazioni per il primo sisma, dopo quello di ieri sono in aggiornamento. Sicuramente sono almeno 500 gli stabilimenti danneggiati molto pesantemente in termini di edifici, macchinari e scorte; valutiamo un danno per il momento sicuramente superiore ai 600 milioni con12-13mila posti di lavoro a rischio sui 60mila complessivi dell'area. Un'area che rappresenta circa il 10% del Pil della regione, 1'1% del Pil nazionale, ovvero 15 miliardi di output, con un export superiore al 35 per cento. Il problema vero è che nel nostro sistema economico, fatto di filiere, un terremoto moltiplica i danni sulla produttività dei sistemi industriali delle province.

E sulle polemiche a proposito dei capannoni, Maccaferri dice che “in Emilia-Romagna sono fatti in base alle norme tecniche che erano previste nel momento in cui sono stati costruiti. Ricordo che tutte le strutture in cemento armato devono essere certificate dal genio civile. Che poi la nostra area fino al 2003 non fosse considerata sismica, è un altro discorso. Però anche qui è difficile sostenere che ci sia stata incoscienza, perché è anche vero che nel nostro territorio dal '500 non ci sono stati terremoti. L'aggiornamento delle mappe del rischio del 2003 ha portato a rivedere la situazione, e dopo gli edifici sono stati costruiti in base a quegli aggiornamenti”.