A sei mesi dall'entrata in vigore la cedolare secca si rileva un "flop" lasciando che, "senza freni, il caro affitti escluda dal mercato fasce sempre più ampie di popolazione", con un canone medio pari a 1.050 euro. E' quanto risulta da un'indagine del Sunia e dalla Cgil che ha monitorato gli effetti della norma prevista dal decreto legislativo sul federalismo fiscale - che ha introdotto l'imposta sostitutiva sui redditi da locazione nota come cedolare secca - parallelamente ai canoni di mercato in undici aree metropolitane secondo le offerte proposte dai privati.

La cedolare secca, rilevano Sunia e Cgil, ovvero il regime opzionale di tassazione del canone per le abitazioni, "dopo sei mesi non ha prodotto alcuna diminuzione dei canoni: né un effetto calmierante del mercato e né, tanto meno, un aumento della regolarità nel mercato". A quanti sostenevano, infatti, che questo provvedimento avrebbe avuto effetti positivi sulla dinamica degli affitti, per effetto della minore tassazione pagata dai proprietari, si contrappone quanto invece già previsto e denunciato dalla Cgil e dal Sunia: "un provvedimento con vantaggi solo per i proprietari, particolarmente per quelli con con redditi alti, senza nessuna contropartita in termini sociali", sottolinea la responsabile delle politiche abitative per corso d'Italia, Laura Mariani.

Il minore introito nelle casse nazionali, che il sindacato ha denunciato essere "un vero e proprio regalo dello Stato ai proprietari", non ha comportato un analogo "regalo dei proprietari agli inquilini". Al contrario si prevede che la cedolare secca - "rendendo ai fini fiscali sostanzialmente indifferente per un proprietario stipulare un contratto a canone libero piuttosto che a canone concordato - produrrà col tempo "un aumento dei canoni in quanto i contratti, in fase di rinnovo, verranno presumibilmente modificati da concordati a liberi e si allineeranno sui valori di mercato". Di fatto la cedolare secca potrebbe sancire "la fine del canale concordato previsto dalla legge 431 del 98", che è stata ottenuta "con faticose lotte del sindacato contro chi riteneva che l’unica strada per regolare questo settore fosse la totale liberalizzazione".

E la dimostrazione degli effetti 'distorsivi' della cedolare secca si ritrova nel borsino degli affitti stilato dalla Cgil e dal Sunia, che fa il punto di questi ultimi sei mesi attraverso il monitoraggio in undici aree metropolitane per quanto riguarda i casi di rinnovi contrattuali e nelle stipule di nuovi contratti per le tipologie abitative maggiormente diffuse. Nel primo caso il canone medio si attesta su circa 750 euro mensili mentre nel secondo si viaggia sui 1.050 euro, sempre mensili. La tendenza che emerge dai dati, quindi, è "decisamente al rialzo", sostengono i sindacati, puntando il dito contro la cedolare secca.

Nel dettaglio il borsino vede ai primi posti città come Milano e Venezia che registrano un canone medio pari a 1.400 euro, frutto dei 1.800 euro pagati per un trilocale al centro e i 700 a Milano (800 a Venezia) per un monolocale in periferia. Da segnalare le altre grandi città come Roma dove l'affitto medio è di 1.300 euro, ma ne servono 1.600 per un trilocale in centro, o come Firenze dove il canone medio è lo stesso di Roma ma con un fitto per un trilocale in pieno centro che tocca i 1.800 euro. E' al Sud invece che si registrano i valori più bassi: a Bari e a Catania il canone medio del mercato privato si aggira intorno ai 650 euro, mentre a Palermo tocca i 700 euro e a Napoli i 950 euro. A Torino, infine, la media del canone mensile di affitto è di 750 euro e di 800 per un tre locali in centro.

Il sindacato quindi al tavolo di oggi al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti sulle politiche abitative - "che si trascina da mesi", precisa Mariani - ribadirà quindi la richiesta "ormai indifferibile di una riforma delle locazioni private, che intervenga in un mercato oggi solo a favore della rendita". Serve rilanciare nel Paese "una politica abitativa che non sia indirizzata esclusivamente alla proprietà, per troppi redditi diventata insostenibile, ma che aumenti in modo consistente e strutturale l’offerta, nel mercato dell’affitto, di alloggi a canoni sostenibili", conclude Mariani.