Sono anni che il 3D ci insegue, dalla notte dei tempi del cinema. Poi, con gli occhialini immortalati da una celebre foto, la terza dimensione è tornata negli anni Cinquanta, quindi negli anni Settanta e di recente è ricomparsa con Avatar. È stata una sveglia per le case di produzione ma è durata poco, anche se naturalmente se ne parla ancora. Il destino del 3D, tuttavia, tornerà ad attrarre produttori e registi, anzi non smetterà mai di farsi desiderare.

Si tratta infatti di una scommessa sulla magia del cinema. Tra i registi più famosi il grande Bernardo Bertolucci, un caro amico, aveva annunciato di voler lavorare sulla terza dimensione per un film tratto da un libro di Niccolò Ammaniti. Poi, in una recente intervista, ha dichiarato che il film forse si farà ma senza 3D, e ha anche concluso amaramente che in Italia un progetto così non è realizzabile. Non conosco i particolari della vicenda e mi dispiace. Posso dire a Bernardo che spero, comunque, in un suo ritorno sul set.

Dal canto nostro abbiamo appena realizzato una doppia esperienza in 3D che verrà presentata a fine settembre al Prix Italia a Torino. Il progetto è stato messo su dal sottoscritto, che ha firmato la regia e la sceneggiatura, e dalla Direzione tecnologie della Rai, con il Centro ricerche di Torino, il Centro di produzione della città e il coproduttore Venezia Eventi.

Il primo film, della durata di 20 minuti, è stato girato a Venezia durate il Carnevale di quest’anno e si intitola Venezia Carnevale 3D - Il pianeta delle maschere. È stata una prova molto ardua realizzare, in mezzo alla gente e alla vivace confusione delle maschere, un documentario narrativo. Il secondo film è anch’esso un corto, più breve, e si chiama …un gigante: presenta il giorno del 1° maggio (e la notte precedente) dedicati a Giovanni Paolo II, il papa operaio, come si definì lui stesso, che lavorò alla Solvay, fece l’attore, scrisse poesie.
Venezia Carnevale 3D  esprime una sperimentazione complessa fatta con pochi mezzi e in pochi giorni, in una situazione dove occorreva improvvisare e usare le macchine con una certa spregiudicatezza. Insieme all’altro corto tenta di dimostrare come sia possibile realizzare un racconto con nuove risorse e con nuove soluzioni.

Sono persuaso, infatti, che la vera dimensione del 3D sia il racconto e non il semplice ricorso ad essa come tecnica per ottenere effetti speciali, peraltro facili e usurati, come una mano che esce dallo schermo, un veicolo che ti precipita addosso o addirittura, come accade nei cartoni animati, la lingua di un personaggio di cartone che si allunga per leccarti il naso.

Sono convinto che i giochi ottici possano certo ridursi a una trovata, ma che si giustificano soprattutto se la terza dimensione non resta una semplice risorsa tecnica e diventa invece uno strumento di esplorazione nello spazio. Quindi credo fermamente che il 3D non debba andare in pensione ma possa e debba stimolare una seria ricerca creativa. Faccio tanti auguri a Bernardo e anche a noi, con la speranza che si possa davvero continuare a cercare in questo campo: un campo sciupato dalla banalità e dalla vana aggressività degli effetti peraltro assai poco speciali.