Una ribellione confusa, quella del e al Labour Party britannico. Così la definisce un editoriale pubblicato dal quotidiano inglese The Guardian. Alla luce dei primi risultati delle elezioni al parlamento europeo, l’articolo analizza le fratture interne al partito e il drammatico calo di consensi. Sotto il tiro di molti analisti politici è finito il primo ministro Gordon Brown, ma forse – ipotizza il Guardian – il problema è più profondo e coinvolge le scelte politiche dell’intero movimento. Insomma che si crocifigga o meno il primo ministro, che si chiacchieri in una “vuota cacofonia che finge di essere un dibattito politico serio”, la cosa importante è che, alla fine, si trovi il modo per rispondere alla crisi della sinistra inglese. “Che avvenga tra una settimana o l’anno prossimo, la sceneggiatura del dopo Brown è già pronta da tempo. Le voci dell’ala destra del Labour amano inchiodare i suoi fallimenti a uno scarto a sinistra. (…) Di sicuro – prosegue il servizio – Brown è stato un venditore di blairismo senza le capacità di PR o lo zelo del suo predecessore, e quando lo accusano di essersi allontano dal percorso virtuoso, si chiarisce tutto.” Il grande non detto, che potrebbe portare a quella che il quotidiano britannico definisce una “guerra civile” interna al partito di Brown, riguarda fondamentalmente diverse versioni di uno stesso credo che “spinge avanti le frontiere della privatizzazione, si aggrappa a un’idea illusoria di ‘meritocrazia’, rifiuta di cogliere l’enorme svolta imposta dalla crisi finanziaria”.

segue qui