da Rassegna sindacale Occorre cambiare la prospettiva rispetto a ruolo del pubblico nelle politiche di sviluppo del Paese e, di conseguenza, occorre cambiare la prospettiva sul ruolo del lavoro pubblico nel nostro Paese. Lo ha detto Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil, aprendo a Roma la seconda tappa delle Giornate del lavoro 2019, interamente dedicata al tema del lavoro pubblico come garanzia dei diritti costituzionali. E illusorio pensare di incrementare in modo significativo l'occupazione, in un paese che sappiamo ai tassi più bassi di occupazione delle economie occidentali, senza pensare che per farlo sia necessario espandere i servizi pubblici e quindi la spesa dedicata agli stessi, ha proseguito Scacchetti nel suo intervento allAuditorium Donat Cattin, è illusorio pensare che per crescere e quindi per riguadagnare competitività basti piegare il sistema di istruzione alle richieste del sistema delle imprese senza invece investire con forza nell'istruzione come strumento per l'accrescimento cognitivo necessario allo sviluppo della persona, alla sua emancipazione, alla costruzione di sé come cittadino consapevole e critico. Ed è addirittura autolesionista lasciare scappare giovani laureati senza individuare, invece, nella ricerca e nelluniversità la prima leva di crescita e di sostegno alla via alta per lo sviluppo, alla necessaria riconversione del nostro sistema produttivo, allo sviluppo di un'economia sociale, alla crescita del benessere di imprese, di territori e naturalmente dei cittadini. Scacchetti ha rimarcato che si tratta troppo spesso la pubblica amministrazione come un grande indistinto, il luogo generatore della burocrazia senza invece raccontarne la complessità, la diversità in termini di funzioni e di strutture, senza raccontarne il grande valore. Per la dirigente Cgil le politiche neoliberiste si sono affermate anche per la retorica dello Stato come continuo costo, per la retorica dell'efficienza esclusiva del sistema privato, del pubblico che cancella il merito, della scuola che dovrebbe sempre più addestrare e rispondere alle esigenze di competitività del mercato. L'arretramento e l'attacco al ruolo del pubblico non sono quindi solo una questione di riduzione dei finanziamenti e delle risorse. Certamente sono anche una grande questione di sottofinanziamento, ma forse in primo luogo è una questione di cultura e di policy a cui dobbiamo contrapporci anche dal punto di vista culturale. Noi sostiene Scacchetti siamo in grado di farlo rafforzando la nostra rappresentanza e attuando pratiche inclusive nella consapevolezza che i processi di esternalizzazione di questi anni richiedono di costruire politiche comuni, percorsi di innalzamento e di parificazione delle condizioni economiche e normative dei lavoratori che pur con contratti diversi agiscono nel medesimo ambito di lavoro anche proponendo processi di reinternalizzazione. Si è preferito in questi anni, invece, trattare il mondo del lavoro pubblico con la tecnica del bastone e della carota - abbiamo visto più bastone che non carote peraltro -. Ma la caccia al fannullone, l'ossessione per il controllo, la continua costruzione di sistemi di valutazione autoreferenziali non hanno prodotto risultati. Conosciamo i ritardi e i limiti di alcuni servizi pubblici, sappiamo che anche il nostro sistema di istruzione ha necessità di adeguarsi e di rispondere a nuove sfide, il tema per la Cgil ha scandito la sindacalista di corso Italia non è mai stato solo dire pubblico è meglio, però se il sistema pubblico viene percepito perlopiù come debole, disimpegnato, incapace in alcuni casi di ascoltare e prendere in carico i problemi non è accettabile che si scarichino le responsabilità strategiche del malfunzionamento dei servizi pubblici sui singoli delegittimando così nel senso comune i dipendenti pubblici e tutta la pubblica amministrazione. Per Scacchetti occorre innanzitutto sfatare il mito dei troppi dipendenti pubblici. Noi abbiamo il 5,3% di dipendenti pubblici rispetto alla popolazione nazionale, 49 ogni 1000 abitanti. La Francia ha una percentuale quasi doppia rispetto a noi. Quasi tutti i paesi dell'area economica occidentale o più sviluppati sono sopra di noi in termini numerici, e questo dato non cambia nemmeno di molto se consideriamo i diversi gradi di esternalizzazione dei servizi, segno quindi che non è vero che le economie che crescono di più sono quelle in cui il ruolo dello Stato si è più ridotto. I paesi che hanno tassi di disoccupazione più bassi del nostro devono questo dato a una maggiore produzione nei servizi pubblici. Cosa è accaduto invece in questi anni nel nostro Paese?, si chiede la dirigente sindacale: Dal 2008 al 2017 c'è stato un grave fenomeno di decrescita del numero dei lavoratori nel pubblico impiego, nel giro di 9 anni c'è stata una riduzione di personale pari al 7,5%, oltre 250.000 unità. In Italia 13 lavoratori su 100 lavorano nel pubblico, 7 persone in meno rispetto alla Francia dove gli impiegati pubblici sono oltre 20 su 100. Inoltre il personale dei servizi pubblici ha un'età media che negli anni è fortemente avanzata passando dalla media di 47 anni del 2001 ai 51 del 2017. Attualmente sono quasi 400mila i dipendenti che superano i 60 anni di età e oltre 650mila quelli tra i 55 e i 59. Nei prossimi anni saranno almeno 500mila i pensionamenti previsti, ma al momento sono rimpiazzati unicamente da 33mila assunzioni straordinarie previste dalla legge di bilancio del 2019, assunzioni che peraltro non saranno immediate ma a cui si procederà nei prossimi cinque anni. Bisogna quindi aprire una nuova stagione nelle politiche occupazionali del personale del sistema pubblico  ha detto Scacchetti . Una politica occupazionale intelligente può rispondere alle importanti sfide che dovrà affrontare il sistema pubblico. I cambiamenti climatici, sociali, demografici, economici, tecnologici sappiamo che acquisteranno centralità servizi che oggi non sono ancora all'altezza del contesto. Si pensi al tema della manutenzione del territorio, al cambiamento dei consumi, alle esigenze di recupero del materiale, ai nuovi bisogni sociali e sanitari, alle nuove povertà, alla transizione energetica e quella tecnologica. L'emorragia di personale vissuta in tutti i settori pubblici la si supera non semplicemente sbloccando il turn over, ma investendo su un piano straordinario dell'occupazione che rafforzi tutto il sistema con una attenzione particolare per tutte quelle attività oggi compromesse proprio dalla carenza di organici, ha detto Scacchetti aggiungendo che occorre superare definitivamente il precariato che si è generato soprattutto nella scuola, nella sanità, negli enti locali. Abbiamo un nuovo esecutivo di governo, io mi auguro che la prima scelta sia una forte discontinuità rispetto alla disintermediazione vissuta in questi ultimi mesi recuperando il confronto con le parti sociali. I sindacati non sono semplicemente degli stakeholder: siamo un soggetto di rappresentanza delle persone che lavorano nella pubblica amministrazione, ha concluso la segretaria confederale della Cgil. » Galleria fotografica