da Rassegna sindacale Il settore delle Tlc rischia di entrare in avvitamento con gravi ripercussioni negative per lintero sistema Paese. Mentre sul Gruppo Tim il bilancio è impietoso e negativo, a distanza di 18 anni dalla privatizzazione di Telecom Italia. Sono netti i sindacati di categoria Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil nel lanciare lennesimo allarme sulle telecomunicazioni italiane, a poche ore dallappuntamento mancato col ministro Di Maio: oggi era previsto un incontro al ministero dello Sviluppo economico per affrontare i problemi del settore, ma il ministro lha annullato allultimo momento. Si è tenuto un presidio dei lavoratori, e poi una conferenza unitaria delle sigle sindacali, che hanno fatto il punto della situazione. Per niente rosea. Lincontro col governo dovrebbe essere nuovamente convocato entro il mese di dicembre. Quanto a Tim, da unazienda tra i maggiori player mondiali del settore ricordano Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil -, presente in diversi continenti e con una avanzata capacità tecnologica, economicamente sana e adeguatamente capitalizzata, siamo passati ad unazienda concentrata solo sullItalia e sul Brasile, con un fatturato attuale (circa 19,8 miliardi) sensibilmente più basso di allora (circa 23 miliardi), fortemente indebitata (circa 25,3 miliardi), con minori investimenti e con decine di migliaia di dipendenti in meno. Solari (Slc) interviene dopo l'incontro al Mise I sindacati, di fronte alla caotica situazione della gestione del gruppo e al contestuale emergere di voci su presunti progetti di spezzatino, ribadiscono la loro totale contrarietà al riguardo e la contestuale necessità di difendere il patrimonio industriale, occupazionale e professionale dellintero perimetro del Gruppo Tim in Italia, della sua rete, dei suoi asset anche a seguito di eventuali operazioni industriali e societarie che potrebbero determinarsi, prosegue la nota unitaria diramata al termine della giornata di protesta. Le sigle ricordano che, in tema di scorporo societario della rete tlc dellex monopolista, non vi è nessun esempio in Europa e pochissimi isolati casi nel mondo; il progetto di societarizzazione della rete che Tim sta avviando deve prevedere il riassorbimento sotto ununica entità anche di Open Fiber ed il suo mantenimento entro il perimetro del Gruppo per evitare che lItalia perda unazienda, la quinta impresa privata del Paese, con una massa critica sufficiente a garantire gli elevati investimenti necessari per limplementazione della banda ultra larga (100 Mbps). Il gruppo Tim occupa oggi circa 58 mila addetti nel mondo, dei quali circa 49.300 in Italia cui si aggiunge lindotto (circa 50.000 addetti). Nonostante i colpi subiti in questi ultimi venti anni proseguono Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil -, ha ancora oggi enormi potenzialità ed un altissimo valore strategico per lItalia, come testimoniato dai circa 5,7 miliardi di investimenti (2017) dei quali circa 2 miliardi in innovazione e ricerca con circa 1.300 addetti in attività di innovazione tecnologica ed engineering. Ribadiamo con forza la necessità che rimanga integro ed in tal senso ci batteremo contro ogni ipotesi, da chiunque provenga, di spezzatino del gruppo Tim che comporterebbe innanzitutto esuberi di migliaia di lavoratori ed il depauperamento di un importante driver di innovazione e sviluppo del nostro Paese. Per i sindacati la nuova Tim dovrà garantire scelte di politica industriale coerenti con gli interessi generali del Paese in materia di innovazione, sviluppo digitale e sicurezza delle reti, dovrà valorizzare, innovare, difendere e sviluppare linfrastruttura di rete nazionale garantendone lapertura con una nuova regolamentazione che garantisca le pari opportunità per tutti gli operatori del settore. Più in generale, nel settore delle Tlc, le sbagliate scelte regolatorie che hanno reimposto il quarto operatore prosegue la nota unitaria -, con conseguente nuova guerra dei prezzi e relativa caduta della marginalità, unita ai pesanti aggravi di costo conseguenti alla modalità di assegnazione delle frequenze 5G che hanno causato una fortissima lievitazione dei prezzi con i valori passati dai previsti 2,5 miliardi ai 6,6 miliardi registrati, mettono lintero settore delle Tlc in una condizione estremamente critica con il rischio di pesanti conseguenze dal punto di vista produttivo ed occupazionale sia direttamente sulle Telco e sia sul versante delle aziende di appalti di rete. Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil ribadiscono che il settore delle Tlc necessita di scelte di politica industriale che permettano di evitare un processo distruttivo e favoriscano il rafforzamento di uno dei sistemi infrastrutturali strategici per il paese e di permetterne una transizione che eviti contraccolpi negativi. Infine il comparto dei call center è uno dei più esposti ai problemi della delocalizzazione e della concorrenza sleale sul costo del lavoro. Questi fattori, in un settore già stremato dalla crisi, hanno provocato e stanno provocando gravi crisi occupazionali che non possono e non devono ripetersi, ricordano i sindacati delle tlc. Il protocollo di autoregolamentazione sottoscritto al Mise il 4 maggio 2017 da tredici tra le principali aziende committenti delle attività di contact center italiane alla prova dei fatti si è rivelato assolutamente inadeguato sia ai fini di un governo positivo dei processi che investono il settore e sia rispetto alle stesse finalità in esso indicate dimostrando, ancora una volta, la necessità di provvedimenti regolatori vincolanti e non affidati alla mera autoregolamentazione. Per queste ragioni Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil il 4 settembre hanno inviato al ministro Di Maio una richiesta di incontro con allegata la piattaforma sui contact center nella quale sono indicate le proposte che i sindacati stessi avanzano per permettere un futuro dignitoso al settore ed alle migliaia di lavoratrici e lavoratori che vi lavorano, conclude la nota unitaria.