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Dal secondo dopoguerra a oggi: un racconto del Paese attraverso la lente del sindacato
La Cgil unitaria. I duri anni Cinquanta. La ripresa degli anni Sessanta
1945. Il Congresso della Cgil delle zone liberate
(Napoli, 28 gennaio - 1 febbraio)
Il 1° febbraio 1945 si conclude a Napoli il Congresso della Cgil delle zone liberate.
Vengono eletti i primi segretari della Confederazione generale italiana del lavoro: Giuseppe Di Vittorio per i comunisti, Achille Grandi per i democristiani, Oreste Lizzadri per i socialisti. Dopo il Patto di Roma che ha ridato vita alla Cgil unitaria, nell’Italia tagliata in due secondo la definizione crociana, il primo appuntamento ufficiale è a Napoli, dal 28 gennaio al 1° febbraio 1945.
Prima e dopo l’appuntamento napoletano vanno segnalati altri due incontri: il convegno che si tiene a Roma, il 15-16 settembre 1944, in cui si discute della vita interna della Cgil e del rapporto con i partiti – quindi, si direbbe oggi, dell’autonomia del sindacato –; il congresso delle Camere del lavoro dell’Italia settentrionale (Milano, 24-25 luglio 1945) che integra i vertici della Cgil con i rappresentanti del Nord.
I tre segretari che sono anche i leader delle tre maggiori correnti che compongono la Cgil – comunista, democristiana e socialista – fissano gli obiettivi che andranno perseguiti a guerra finita: riforme strutturali dell’economia, partecipazione dei lavoratori al controllo e alla gestione delle grandi imprese, riforma agraria, una incisiva legislazione sociale.
Recita la risoluzione finale del Congresso:
“Il primo Congresso della Cgil approva il bilancio di attività presentato dalla Segreteria Generale e constata con soddisfazione che il principio dell’unità sindacale sancito nel Patto di Roma ha avuto la sua piena applicazione nella costituzione della Cgil, che raccoglie nel suo seno tutta la famiglia del lavoro dell’Italia liberata. Il Congresso è sicuro di esprimere il sentimento profondo di tutti i lavoratori italiani, manuali ed intellettuali, rendendo il più commosso omaggio alla memoria di Bruno Buozzi, che dell’unità sindacale è stato uno dei primi artefici ed il Martire.
Il Congresso dichiara che l’unità sindacale, superate trionfalmente le prime prove, è considerata da tutti i lavoratori italiani come la più importante conquista da essi realizzata. Il proletariato italiano difenderà col più grande vigore questa sua conquista contro tutti coloro che tentassero, con arti subdole e con attacchi diretti, di infrangerla o d’incrinarla. (…) Il Congresso confederale saluta i fratelli lavoratori del Nord; plaude alla lotta coraggiosa che essi conducono contro l’oppressore tedesco ed i traditori fascisti, facendo leva su tutte le rivendicazioni sindacali immediate dei lavoratori per intensificare la lotta per la liberazione del Paese. Esso plaude all’unità sindacale realizzata clandestinamente anche nell’Italia occupata, sulla base del Patto unitario di Roma, e rileva con soddisfazione che questa unità permette di dare un maggiore impulso alla lotta contro il peggiore nemico dei lavoratori, dell’Italia e dell’umanità.
Il Congresso esprime l’ammirazione illimitata dei lavoratori italiani ai soldati del Corpo Italiano di Liberazione, ai marinai ed agli aviatori italiani, ai giovani generosi che si arruolano volontari nel nuovo esercito nazionale in formazione, agli eroici partigiani d’Italia che, tutti, con la loro lotta, col loro ardimento, coi loro sacrifici, riscattano l’onore del popolo italiano dalle colpe infami che ha fatto ricadere sul nostro Paese la serie di aggressioni imperialiste compiute dal fascismo contro popoli fratelli, e rivendicano il diritto dell’Italia alla libertà, all’indipendenza, alla rinascita”.
1947. Il primo Congresso, l’ultimo unitario
(Firenze, 1-7 giugno)
È il primo Congresso vero e proprio, l’unico a carattere unitario.
Dopo il 25 aprile 1945, la Cgil unitaria dà un contributo fondamentale per la ricostruzione economica, sociale, politica e istituzionale dell’Italia, rappresentando uno degli interlocutori privilegiati dagli Alleati.
Il sindacato giocherà un ruolo politico di assoluto rilievo nella elaborazione della Costituzione, che all’articolo 1 definisce l’Italia “una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Sarà grazie all’impegno della Cgil che principi e istituti fondamentali quali la libertà sindacale, la contrattazione collettiva e il diritto di sciopero entreranno nel testo finale. Ma le differenti impostazioni culturali nel sindacato e la netta involuzione politica a livello internazionale, con lo scoppio della guerra fredda tra Usa e Urss, produrranno effetti laceranti.
All’indomani della strage di Portella della Ginestra le sinistre saranno estromesse dai Governi di unità nazionale. Nonostante le divisioni nella Cgil, evidenti al Congresso, l’unità sindacale regge ancora un anno. Dopo le elezioni politiche del 18 aprile 1948, che vedranno la netta affermazione della Democrazia Cristiana e la sconfitta del Fronte popolare (Pci e Psi), e dopo l’attentato a Togliatti del 14 luglio, cui la Cgil reagirà con lo sciopero generale politico, la corrente democristiana decide la scissione. Il periodo delle scissioni sindacali si protrarrà per circa due anni, dall’estate del 1948 alla primavera del 1950.
1949. Di Vittorio e il Piano del lavoro
(Genova 4-9 ottobre)
La fase successiva alle scissioni è una delle più difficili per il sindacato italiano.
La repressione poliziesca, condotta dalla famigerata “Celere” potenziata dal ministro dell’Interno Mario Scelba, causerà la morte di decine di lavoratori durante manifestazioni e scioperi. La città simbolo di questi eccidi è Modena dove il 9 gennaio 1950 moriranno 6 operai.
“Si noti che tutti questi lavoratori - scriveva Di Vittorio - sono stati uccisi unicamente perché chiedevano di lavorare, gli uni sulla terra incolta, gli altri nella fabbrica serrata (…). I lavoratori sono stanchi di piangere i loro morti e non sono affatto disposti a lasciar soffocare nel sangue i loro bisogni di lavoro o di vita. La Cgil con la sua forza e il suo prestigio è riuscita sinora a contenere in limiti normali la protesta popolare contro gli eccidi. Ma la storia insegna che, al di là di un tale limite, nessuna forza umana può garantire i confini entro i quali possa essere contenuta una collera popolare lungamente compressa. Questo è il monito che viene da Modena”.
La Cgil prova a uscire dall’isolamento attraverso una proposta politica forte, lanciata al II Congresso di Genova (1949) e nota con il nome di “Piano del Lavoro”. Nelle intenzioni dei promotori il Piano - che prevedeva la nazionalizzazione dell’energia elettrica e un programma esteso di lavori pubblici in edilizia e agricoltura - avrebbe dovuto sollecitare le classi dirigenti sul tema delle cosiddette “riforme di struttura”.
1952. Lavoro e Costituzione
(Napoli, 26 novembre-3 dicembre)
Dopo il Piano del Lavoro, Di Vittorio lancia al III Congresso di Napoli (1952) l’idea di uno Statuto dei diritti dei lavoratori. Prendendo la parola nel corso dei lavori del Congresso del Sindacato dei chimici dell’ottobre precedente Di Vittorio formulava, un mese prima, una proposta destinata ad assumere una grandissima importanza nella storia del nostro Paese.
“I lavoratori sono uomini e liberi cittadini della Repubblica Italiana anche nelle fabbriche, anche quando lavorano (…) - scriveva su l’Unità dell’11 ottobre - Nell’interesse nostro, nell’interesse vostro dei padroni, nell’interesse della patria, rinunciate all’idea di rendere schiavi i lavoratori italiani, di ripristinare il fascismo nelle fabbriche (…) Io voglio proporre a questo Congresso una idea che avevo deciso di presentare al prossimo congresso della Cgil (…) facciamo lo statuto dei diritti dei lavoratori all’interno dell’azienda. Formulato in pochi articoli chiari e precisi, lo statuto può costituire norma generale per i lavoratori e per i padroni all’interno dell’azienda (…)”.
“Abbiamo il dovere di difendere le libertà democratiche e i diritti sindacali che sono legati alla questione del pane e del lavoro - aggiungeva nella sua relazione al Congresso confederale - abbiamo il dovere di difendere i diritti democratici dei cittadini e dei lavoratori italiani, anche all’interno delle fabbriche. In realtà oggi i lavoratori cessano di essere cittadini della Repubblica italiana quando entrano nella fabbrica (…) Il lavoratore è un uomo, ha una sua personalità, un suo amor proprio, una sua idea, una sua opinione politica, una sua fede religiosa e vuole che questi suoi diritti vengano rispettati da tutti e in primo luogo dal padrone. È per questo che noi pensiamo che i lavoratori debbono condurre una grande lotta per rivendicare il diritto di essere considerati uomini nella fabbrica e perciò sottoponiamo al congresso un progetto di ‘Statuto’ che intendiamo proporre, non come testo definitivo, alle altre organizzazioni sindacali (perché questa esigenza l’ho sentita esprimere recentemente anche da dirigenti di altre organizzazioni sindacali), per poter discutere con esse ed elaborare un testo definitivo da presentare ai padroni e lottare per ottenerne l’accoglimento e il riconoscimento solenne”.
1956. Il ritorno alla fabbrica
(Roma, 27 febbraio-4 marzo)
Il 29 marzo del 1955 a Torino, per la prima volta, la Cgil è messa in minoranza nelle elezioni per le Commissioni interne alla Fiat. La Federazione perde non solo la maggioranza assoluta dei voti, ma anche il primato all’interno della più importante fabbrica italiana, superata dalla Fim-Cisl.
Il successivo 10 aprile scriveva su Lavoro un lucido e coraggioso Giuseppe Di Vittorio: “Sui sorprendenti risultati delle recenti elezioni delle Commissioni Interne del complesso Fiat si è concentrata l’attenzione di tutto il Paese. Questo è un fatto positivo, in quanto può contribuire a far conoscere largamente al Paese il clima di dispotismo e di ricatti padronali instaurato alla Fiat e in molte altre aziende, determinando condizioni più favorevoli allo sviluppo della lotta per il rispetto dei diritti democratici e della dignità dei lavoratori nei luoghi di lavoro”.
“Sarebbe tuttavia un grave errore - continuava Di Vittorio - se noi, individuando e denunciando l’azione illegale e ricattatoria del grande padronato, sottovalutassimo la gravità del colpo inferto alla Fiom e alla Cgil nelle recenti elezioni della Fiat; se noi, cioè, tentassimo di scagionare ogni nostra responsabilità nella sconfitta. Ciò non sarebbe degno di una grande organizzazione come la Cgil, la quale affonda le sue radici in tutta la gloriosa tradizione del movimento sindacale italiano, ne rappresenta la continuità storica ed ha tutto l’avvenire davanti a sé”.
“Una nostra responsabilità, pertanto - proseguiva - vi è certamente nella sconfitta subita alla Fiat. Il compito nostro è quello di scoprire, assieme a tutti i lavoratori della Fiat, quali sono stati i nostri errori, le nostre lacune, le nostre debolezze (…) Alla Fiat (…) hanno vinto momentaneamente i padroni, ha vinto la paura della fame (…) Nessuno si illuda che l’insuccesso del 29 marzo abbia inflitto un colpo decisivo alla Cgil. La più grande organizzazione, libera e unitaria, dei lavoratori italiani si è temprata e sviluppata nelle alterne vicende della lotta per l’emancipazione del lavoro. Essa è stata scalfita da vari insuccessi ma non è mai stata vinta”.
Dopo la sconfitta, probabilmente su suggerimento di Vittorio Foa, Di Vittorio invia a Torino un giovane del quale cui negli anni a seguire si sentirà parlare molto: Bruno Trentin. Il suo rapporto, redatto con i dirigenti della Camera del lavoro torinese, sarà decisivo per cambiare la strategia della Cgil e l’orientamento del segretario generale, determinando il cosiddetto ritorno in fabbrica del sindacato.
Il “ritorno alla fabbrica” diventerà lo slogan che accompagnerà la ripresa sindacale dalla metà degli anni ’50 e la svolta rivendicativa sarà precisata al Congresso, l’ultimo di Giuseppe Di Vittorio.
1960. La contrattazione articolata
(Milano, 2-7 aprile)
Il 3 novembre 1957 muore Giuseppe Di Vittorio. A sostituirlo è Agostino Novella, già responsabile dell’Ufficio organizzazione della Cgil e segretario generale della Fiom.
Al Congresso di Milano del 1960 la Cgil sceglie in modo netto la politica della contrattazione articolata, decidendo di dare un maggior peso sia alle categorie nazionali, sia alle strutture di fabbrica, sviluppando, accanto al contratto nazionale, gli accordi decentrati.
Parallelamente prosegue l’impegno politico della Confederazione che raggiunge l’apice nell’estate del 1960, quando la Cgil proclamerà da sola lo sciopero generale contro il Governo Tambroni, appoggiato dai neofascisti del Msi e responsabile di una dura repressione e di gravi eccidi durante alcune manifestazioni popolari a Genova, Roma, Reggio Emilia e in Sicilia. Sul finire del 1960 si ha il primo banco di prova per la politica articolata. La vertenza degli elettromeccanici milanesi, conclusa con la firma di decine di accordi aziendali vittoriosi, dimostrerà la validità della nuova linea.
1965. La programmazione
(Bologna, 31 marzo-5 aprile)
Dopo mesi di gestazione, nel febbraio 1962 il primo governo di centro-sinistra, presieduto da Fanfani, ottiene la fiducia del Parlamento, con i socialisti a garantire l’appoggio esterno.
Una parte significativa del programma di governo trova subito attuazione, in particolare con il varo della nazionalizzazione delle aziende elettriche e la riforma della scuola media. Anche il sindacato beneficia del clima politico migliore e vive una fase di consolidamento. Dal 1963, però, il contesto economico nazionale si fa più difficile. Nonostante le difficoltà, la nuova stagione congressuale mostra un sindacato forte ed il VI Congresso di Bologna (31 marzo - 5 aprile 1965) è centrato prevalentemente sul nodo della programmazione economica.
Intanto scoppia in Italia il Sessantotto. Dal marzo 1968 riprende il dialogo tra le Confederazioni, favorito in modo sostanziale dalle rilevanti conquiste operaie nella contrattazione aziendale in tema di organizzazione del lavoro, ambiente di lavoro e delegati sindacali. Il 14 novembre 1968 Cgil, Cisl e Uil tornano a scioperare per la prima volta insieme dai tempi delle scissioni. Tra il 1968 e il 1969 le Confederazioni portano avanti, con esito positivo, le battaglie generali sulle pensioni e per l’abolizione delle gabbie salariali.
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Dall’autunno caldo al Sindacato dei Diritti
1969. Appuntamento in autunno
(Livorno, 16-21 giugno)
Se il 1968 è l’anno degli studenti, il 1969 è quello delle cosiddette tute blu. Il baricentro delle lotte si sposta dalle aule universitarie ai cancelli delle fabbriche portando a grandi conquiste in tema di democrazia (assemblea), salario (aumenti uguali per tutti), orario (40 ore settimanali), diritti e potere nei luoghi di lavoro. Sullo sfondo del rinnovo contemporaneo di 32 contratti collettivi di lavoro, cinque milioni di lavoratori dell’industria, dell’agricoltura e di altri settori fanno sentire il peso delle proprie rivendicazioni. Il 1969 è l’anno dell’affermazione definitiva del sindacato come soggetto politico.
La Cgil, nel VII Congresso di Livorno (16 - 21 giugno), sceglie l’incompatibilità tra incarichi sindacali e di partito, rafforzando la propria autonomia politica. L’apice viene raggiunto con “l’autunno caldo” dei metalmeccanici, quando la categoria riesce a rinnovare il contratto ottenendo grandi conquiste. Gran parte di quelle conquiste troveranno spazio nella legge n. 300/1970, lo Statuto dei diritti dei lavoratori, approvato dal Parlamento nel maggio 1970. Qualche settimana prima, nel marzo 1970, Luciano Lama era subentrato a Novella nella guida della Cgil.
1973. La proposta globale
(Bari, 2- 7 luglio)
Nei primi anni Settanta l’unità sindacale sembra a portata di mano, arrivando a stabilire, tra molte difficoltà, le tre riunioni tra i Consigli generali e le Segreterie di Cgil, Cisl e Uil - promosse dall’ottobre 1970 al novembre 1971 a Firenze - le date di scioglimento delle Confederazioni. Le elezioni politiche anticipate del maggio 1972 modificano però il quadro politico, con la vittoria del centrodestra. A quel punto, il Patto federativo (firmato nel luglio 1972) sembra essere l’unico compromesso possibile.
Nell’anno successivo alla grande manifestazione di Reggio Calabria la Cgil si riunisce per la priva volta a Bari con i traguardi ambiziosi: una proposta “globale”, un progetto di riforme capace di investire i meccanismi stessi dello sviluppo, per spostare risorse verso l’occupazione, il Mezzogiorno e i servizi sociali.
1977. La svolta possibile
(Rimini, 6-11 giugno)
Nel 1977 i congressi confederali (quello della Cgil, il IX, si tiene a Rimini dal 6 all’11 giugno) rinviano l’unità organica a data da destinarsi, mentre nel febbraio successivo l’Assemblea unitaria dei quadri e dei delegati sindacali riunitasi a Roma, nel quartiere dell’Eur, ufficializza la svolta di politica economica decisa dalla Federazione, centrata sulla moderazione salariale, sulla maggiore mobilità del lavoro, sull’accordo con le imprese in tema di licenziamenti. La strategia dell’Eur sarà duramente colpita non solo dall’opposizione della base operaia, che pure ci fu e si fece sentire, ma anche dal fatto che, a un mese di distanza, il paese sarà paralizzato dalla notizia del rapimento di Aldo Moro.
Saranno per l’Italia e per il sindacato anni difficili: Moro, Guido Rossa, Ustica, Bologna, Danzica. In questo clima di tensioni sociali si apre - e si chiude - a Torino la vertenza alla Fiat. Il 14 ottobre 1980 lavoratori, quadri e dirigenti Fiat si muovono in corteo per le strade di Torino, dando vita a una vera e propria manifestazione contro il sindacato (la famosa “marcia dei quarantamila”). L’impatto emotivo è enorme e il sindacato accusa il colpo.
1981. Riunificare il lavoro
(Roma, 16-21 novembre)
Durante i lavori dell’Assemblea nazionale dei quadri e dei delegati (unitaria), tenuta nel marzo 1981, così come nei Congressi delle confederazioni celebrati lo stesso anno, i rapporti tra Cgil, Cisl e Uil si fanno sempre più tesi. Già dal 1982 comincia a circolare l’ipotesi di un aggiustamento della scala mobile contro l’inflazione. Il 1° giugno gli industriali decidono la disdetta dell’accordo Lama-Agnelli del 1975. Il sindacato risponde con gli scioperi generali del 2 e del 25 giugno. Per alcuni mesi il timore di nuove divisioni sembra essere scongiurato, ma la discussione per la legge finanziaria 1984 mette nuovamente in evidenza crepe e spaccature.
Il 12 febbraio 1984 il governo formalizza la proposta di un ulteriore taglio alla scala mobile. La Cgil si spacca, all’interno e all’esterno. Il 14 febbraio viene firmato un accordo separato, pratica ormai in disuso da circa trent’anni. Per superare la frattura sindacale il governo interviene d’urgenza attraverso lo strumento del decreto legge. Contro il decreto di San Valentino la Cgil si mobilita. Il 24 marzo la maggioranza della confederazione organizza a Roma un’imponente manifestazione cui partecipa circa un milione di persone.
A maggio il decreto viene convertito in legge. Agli oppositori rimane adesso un’unica arma: il referendum. La raccolta firme è promossa dal Pci e da Democrazia proletaria, mentre la Cgil, immersa nella grave crisi dovuta alla spaccatura con i socialisti e al collasso della Federazione unitaria, assume una posizione attendista. Il referendum si terrà nel giugno 1985. Vincerà, con una differenza di circa l’8%, il no. Si conclude così l’esperienza della Federazione unitaria.
1986. Fine di un ciclo
(Roma, 28 febbraio-4 marzo)
L’XI Congresso chiude un intero ciclo storico. L’addio commosso di Lama, il cui posto viene preso da Antonio Pizzinato, riassume simbolicamente il passaggio di fase, una fase difficile segnata, a solo due anni dall’insediamento, dalle dimissioni di Pizzinato – novembre ’88 – e dall’arrivo al vertice di Corso d’Italia di Bruno Trentin.
1991. Trentin e il sindacato dei diritti
(Rimini, 23-27 ottobre)
Il 29 novembre del 1988 Bruno Trentin viene eletto segretario generale della Cgil. Il primo atto della sua Segreteria è la Conferenza programmatica di Chianciano nell’aprile successivo. Trentin rompe gli indugi e illustra il suo progetto, avanzando l’ipotesi di una nuova Cgil, sindacato dei diritti, della solidarietà e del programma. È il punto di avvio di un processo di autoriforma che proseguirà con la Conferenza di organizzazione di Firenze del novembre 1989 ed il Congresso di Rimini del 1991 per concludersi nel giugno 1994 a Chianciano con la Conferenza programmatica della Confederazione.
Sul piano organizzativo, la novità più rilevante è lo scioglimento delle componenti storiche collegate ai partiti di riferimento della sinistra italiana. In questo modo, la dinamica tra maggioranza e opposizione si sarebbe sviluppata all’interno del sindacato non tanto sulla base della vicinanza a un partito o a una coalizione di governo, quanto in virtù della condivisione o meno di un programma di governo dell’organizzazione.
Sul piano rivendicativo la Cgil accetta di contribuire alla riforma della contrattazione collettiva e di discutere con gli interlocutori pubblici e privati l’introduzione della politica dei redditi attraverso il sistema della concertazione, individuata come il principale strumento per riportare sotto controllo l’esplosione del debito nazionale; entrambi questi temi saranno introdotti con lo storico accordo siglato nel luglio 1993 con il Governo Ciampi.
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L’attacco ai diritti riaccende il conflitto sociale
1996. Autonomia e crisi istituzionale
(Rimini, 2-5 luglio)
Il XIII Congresso - segretario generale Sergio Cofferati, subentrato a Trentin nel giugno ’94 - è il primo del ventennio berlusconiano. Si tiene in un momento di speranza, dopo l’affermazione dell’Ulivo e di Romano Prodi alle elezioni politiche di aprile.
La Cgil giunge al Congresso dopo una discussione capillare, che ha coinvolto tutte le sue strutture. Quasi cinquantamila (48.028 per l’esattezza) le assemblee di base . Coinvolti quasi cinque milioni di iscritti (4.863.194), pari al 92,91 per cento del totale dei tesserati. E’ il primo Congresso ad essere raccontato tramite Internet.
2002. L’articolo 18
(Rimini, 6-9 febbraio)
Il 6 febbraio del 2002 Sergio Cofferati parla per l’ultima volta da segretario al Congresso nazionale della Cgil lanciando la proposta di una mobilitazione generale contro la riforma dell'articolo 18. Il 23 marzo successivo la Cgil organizzerà la più grande manifestazione della storia italiana, con tre milioni di partecipanti al Circo Massimo di Roma “contro il terrorismo – il 19 marzo le Nuove Brigate Rosse hanno assassinato Marco Biagi – e per i diritti”. È l’inizio di un’intensa mobilitazione, proseguita anche dalla nuova Segreteria di Guglielmo Epifani, subentrato a Cofferati nel settembre 2002, e destinata a concludersi con la sconfitta del governo sull’articolo 18.
2006. Riprogettare l’Italia
(Rimini, 1-4 marzo)
Il 4 marzo del 2006, a conclusione del XV Congresso della Cgil, Guglielmo Epifani viene riconfermato segretario generale della Confederazione. “Gentili ospiti, amici invitati, delegate e delegati, care compagne e cari compagni - diceva aprendo l’assise - torniamo a Rimini dopo quattro anni per celebrare assieme il XV congresso nazionale della Cgil. Abbiamo alle spalle mesi e mesi di dibattiti, confronti, discussioni serrate. 55.000 assemblee nei posti di lavoro, nelle leghe e luoghi dei pensionati. Una partecipazione di oltre 1.600.000 persone fra iscritte e iscritti alla Cgil e una presenza al voto quasi altrettanto alta. Abbiamo in questi mesi incontrato tanti giovani per la prima volta, spesso precari nella loro condizione di lavoro e di vita; tanti migranti, quelli più fortunati, a cui un lavoro regolare ha ridato dignità e identità sociale; tante anziane e anziani a cui il tempo non ha attenuato né la passione né la volontà di agire.
Questa è la Cgil, il più grande sindacato italiano, e tra i primi in Europa; questo è il suo volto: una comunità di uomini e di donne che liberamente si associano, discutono, agiscono e decidono per dare dignità e diritti alle persone, e dare forza ai valori della solidarietà e della giustizia sociale. Qui, prima che nei numeri - in questa passione e in questi ideali - risiede la vera forza della Cgil. Una organizzazione serena, affidabile, ferma nei suoi principi, aperta al confronto e al dialogo con tutti”. Una organizzazione che proprio nel 2006 festeggia i suoi primi cento anni di vita.
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La Cgil del tempo presente
2010. Dentro la crisi
(Rimini, 5-8 maggio)
Il XVI Congresso si svolge nel pieno della crisi che l’economia mondiale vive a partire dal 2008. Epifani, riconfermato segretario, lascerà pochi mesi dopo la guida dell’organizzazione. Gli succede la prima segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso.
Diceva il segreatrio generale uscente in occasione del passaggio del testimone nel novembre 2010: “Voglio fare gli auguri di cuore - convinti e sereni - a Susanna. Per quanto la fase che è chiamata a affrontare con la nuova responsabilità sia realmente densa di problemi e durezze, non ho il minimo dubbio che li affronterà nel modo più serio, più adeguato possibile. Ne ha le capacità, la determinazione, l’esperienza. Ha il vostro e il mio appoggio. In Cgil non si sta tanti anni in trincea, in posizione di responsabilità così a lungo e così con stima, se non si hanno le qualità giuste. Di testa e di cuore. Di conoscenze e di passione, di capacità e di determinazione. Per una donna poi sappiamo quanto tutto sia più difficile tra responsabilità di lavoro e quelle di cura e di famiglia. Susanna sarà una grande segretaria della Cgil, e sarà anche la mia segretaria. Dobbiamo essere contenti della scelta fatta. E del fatto storico che abbiamo determinato: non solo una donna alla guida della Cgil, ma una donna alla guida di uno dei più grandi e rispettati sindacati mondiali. Superiamo così un ritardo non accettabile, e insieme riconosciamo anche il ruolo che nella storia delle classi lavoratrici italiane hanno avuto le donne (…). Le braccianti, le tessili, le maestre, le impiegate, le operaie e tutte le altre fino ai giorni nostri. E le tante figure di questa storia: Argentina Altobelli, Lina Fibbi, Teresa Noce, Nella Marcellino, Donatella Turtura”.
2014. Il lavoro decide il futuro
(Rimini, 6-8 maggio)
Dalle lotte in difesa dell’occupazione all’accordo sulla rappresentanza, dal dimissionamento di Berlusconi al Governo Monti, dallo scossone delle elezioni politiche del 2013 all’esecutivo Letta, sino all’ascesa di Matteo Renzi, è la storia di questi anni, il contesto in cui si tiene a Rimini, dal 6 all’8 maggio, il XVII Congresso confederale.
La Cgil ne esce rilanciando la priorità della lotta al lavoro precario e per una riunificazione del lavoro sotto il segno dei diritti universali, aprendo una lunga e inedita stagione di scontro coi governi a guida Pd, che proprio sul terreno del lavoro, dopo la promulgazione del Jobs Act renziano, troverà il suo attrito più forte.
Il Congresso si conclude con la rielezione di Susanna Camusso, che su 143 componenti del direttivo presenti su 151, ottiene 105 voti a favore, 36 contro e 2 astenuti.
2019. Il lavoro è
(Bari, 22-24 gennaio)
“In una fase politica dove prevale l’idea del “Prima" - recita il documento approvato - dell’individualismo e dell’autosufficienza autocratica e sovranista, la Cgil conferma la difesa dell’identità collettiva nei suoi valori fondanti come rappresentati dalla nostra Carta Costituzionale. Il patto costituzionale si fonda su un’idea di società basata su convivenza civile, solidarietà, coesione sociale e territoriale, sui diritti umani. La politica xenofoba sui migranti di questo governo, lede il principio di uguaglianza tra le persone e nega il valore dell’accoglienza mortificando i processi di integrazione, mentre la pratica dei respingimenti e la minaccia della chiusura dei porti, rappresentano una scelta disumana e incivile, non all’altezza della storia di solidarietà e accoglienza del nostro paese.
Per questo il Congresso impegna l’intera organizzazione ad intensificare la mobilitazione per arrestare questa deriva disumana e razzista che sta coinvolgendo la società, a contrastare le norme criminogene sull’immigrazione a partire dalla Bossi-Fini e a sostenere tutti quegli strumenti che garantiscono il diritto ad una sicura e libera circolazione, come i corridoi umanitari e il ripristino di flussi di ingresso legale, anche attraverso una legge di iniziativa popolare. Riscontriamo che la medesima determinazione non viene riservata al contrasto alla criminalità organizzata e alle mafie, piaga endemica del nostro paese che riduce lo sviluppo di interi territori e li colloca sotto il controllo criminale. La difesa di questi valori per la Cgil è una scelta non negoziabile, è identità del nostro nascere ed agire, dei compagni e delle compagne che “hanno lottato allora per la giustizia e per la democrazia, per cambiare l’Italia, per renderla libera”.
Per questo ribadiamo con forza oggi dal nostro Congresso il nostro antifascismo e antirazzismo militante e lo facciamo mentre in Italia e nel mondo soffia forte il vento della destra razzista e xenofoba. Convivenza civile, solidarietà, coesione sono valori connaturati all’idea stessa di sindacato confederale, che unisce gli interessi particolari e collettivi e li rappresenta. Perché difendere quei valori significa oggi difendere i grandi connettori sociali rappresentati dai servizi pubblici, che attuano i diritti universali partire da quelli primari, come la salute o l’istruzione. Sono le nostre infrastrutture di cittadinanza che uniscono il paese e lo sostengono. Rompere queste connessioni piuttosto che non garantire le risorse necessarie significa rompere l’unità del paese, determinare e condannarne una parte al proprio destino e con essa i più fragili: gli anziani e giovani”.
L’Assemblea generale elegge alla guida della Confederazione Maurizio Landini con il 92,7% di sì pari a 267 voti a favore, 18 contrari, 4 astenuti. “Posso garantirvi – dirà appena eletto – che la Cgil mi ha fatto innamorare e che ho imparato a voler bene a tutti quelli che, come noi, per vivere hanno bisogno di lavorare. Ho imparato tanto dalla loro dignità e continuo a credere che questa società che sfrutta le persone, che le mercifica, sia una società che si deve combattere, che non possiamo accettare, che dobbiamo trasformare insieme. Ma non domani. Qui e ora. Questa causa val bene un impegno, val bene un rischio, val bene una vita”.
Perché lavorare per la Cgil e nella Cgil non è – non può essere – un mestiere come un altro, ma può essere, può diventare una ragione di vita. Perché ci sono delle radici che non si possono sradicare.
Buon XIX Congresso, compagne e compagni.
Al lavoro e alla lotta.
A schiena dritta. A testa alta.
Con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro.