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Previdenza

Pensioni e costo della vita: la rincorsa

Foto: vitaliy-m (www.pixabay.com)
Paolo Andruccioli
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Il meccanismo di perequazione automatica per il 2022 permetterà un recupero parziale del potere d'acquisto. Per lo Spi Cgil è una buona notizia, ma non è ancora sufficiente. Serve un migliore adeguamento all'andamento dei prezzi, un allargamento della platea dei beneficiari della quattordicesima e un intervento fiscale

Anche nel 2022 le pensioni saranno adeguate all’andamento del costo della vita. In termini tecnici si parla di “perequazione” perché in realtà non si tratta di veri e propri aumenti delle rendite mensili dei pensionati e delle pensionate, ma di adeguamenti che comunque non copriranno completamente la perdita del potere d’acquisto, soprattutto in periodi di forte oscillazione dei prezzi come quello attuale. In ogni caso per i pensionati la notizia è positiva perché è stato ripristinato il più favorevole meccanismo di perequazione per fasce orizzontali di reddito, in sostituzione di quello applicato fino al 2021. Nel novembre scorso un decreto ministeriale ha previsto l’adeguamento delle pensioni anche per il 2022. E questo comporterà incrementi diversificati a seconda della pensione lorda mensile: si va dai 110 euro l’anno per pensioni sui 500 euro lordi a circa 440 euro per pensioni sopra i 2000 euro, parlando sempre d'incrementi annui.

Come si applica
La perequazione si applica a tutti i trattamenti pensionistici erogati dalla previdenza pubblica, dalle gestioni dei lavoratori autonomi, dalle gestioni sostitutive ed esclusive. Si applica alle pensioni dirette e a quelle ai superstiti (pensione di reversibilità e pensione indiretta), indipendentemente dal fatto che esse siano integrate al trattamento minimo. Le pensioni sono adeguate dal primo gennaio di ogni anno sulla base dell’incremento dell’indice annuo dei prezzi al consumo accertato dall’Istat.

Per il 2021 che si è appena concluso la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni è pari a 1,7%, ma ovviamente i trattamenti pensionistici non saranno adeguati tutti allo stesso modo. La rivalutazione dipende infatti dalle diverse fasce di reddito: 100% dell’indice Istat costo della vita, ovvero in misura piena, fino a 4 volte il trattamento minimo (che era 515,58 euro al mese nel 2021); 90% dell’indice per la quota della pensione compresa tra 4 e 5 volte il trattamento minimo; 75% dell’indice per le quote di pensione che va oltre 5 volte il trattamento minimo.

Non sono aumenti
“Bisogna stare attenti alle semplificazioni – ci spiega Valter Cavasin del dipartimento previdenza dello Spi Cgil nazionale – spesso infatti i giornali parlano di aumenti delle pensioni. In realtà le norme sulla perequazione sono state pensate e applicate per permettere un recupero parziale della perdita del potere d’acquisto. È chiaro quindi che non si può parlare di aumenti delle pensioni nel 2022, ma di un adeguamento che per forza di cose (siccome è riferito alla dinamica dei prezzi dell’anno precedente) è sempre in ritardo”. 

Da gennaio l’Inps aveva provveduto a rinnovare le pensioni applicando temporaneamente l’indice provvisorio di rivalutazione dell’1,6%. Da marzo l’Istituto dovrebbe invece rivalutare le pensioni sulla base dell’indice dell’1,7% previsto dal decreto ministeriale del Mef e a liquidare il relativo conguaglio dello 0,1% frutto dello scarto tra i due indici. Da aprile dovrebbe invece applicare le nuove norme fiscali.

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Congelamento Fornero
La perequazione è stata pensata per mantenere nel tempo il potere d’acquisto delle pensioni, altrimenti destinate a una progressiva svalutazione nel tempo. In questo momento l’unico strumento di difesa che consente di conservare, sia pure in parte, il valore iniziale della pensione. Si tratta di un sistema che ha subito notevoli interventi politici nel corso degli ultimi anni. Il più drastico è stato quello voluto dalla ministra Elsa Fornero che per conto del governo Monti aveva bloccato la rivalutazione delle pensioni per quelle d'importo superiore a due volte il trattamento minimo. Il meccanismo era stato poi sbloccato dal governo guidato da Enrico Letta, con un sistema che le organizzazioni sindacali hanno contestato da subito. Dal 2022 si è finalmente tornati al sistema in vigore prima del 2012. 

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Un automatismo indispensabile
La “scala mobile” dei pensionati è dunque fondamentale per evitare la vera e propria erosione del valore delle rendite lorde mensili, ma non è sufficiente. Per questo lo Spi continua a battersi per un vero adeguamento al costo della vita, da realizzare con più strumenti a cominciare dall’aumento del valore della quattordicesima mensilità insieme all’allargamento della platea dei beneficiari. Oggi sono compresi i pensionati con un reddito fino a due volte il trattamento minimo: lo Spi chiede di estenderlo fino a tre volte. 

Infine una particolare attenzione deve essere dedicata al sistema fiscale che penalizza il reddito da pensione rispetto a quello dei lavoratori dipendenti. Una condizione che anche l’ultimo intervento sul fisco non ha sanato. I pensionati italiani sono oggi i più tassati in Europa.