La formula Quota 100 non ha risolto i problemi del sistema e ha permesso ad una platea ridotta di lavoratori di andare in pensione. Un numero largamente inferiore alle previsioni del governo, come ha più volte documentato la Cgil. Alla fine della sperimentazione (dicembre 2021) si prevede che andranno in pensione con Quota 100 376.898 lavoratori privati e pubblici, contro una previsione di 944 mila lavoratori. Una differenza di 567.102 persone che comporterà un risparmio nel triennio di 6 milardi e 811 milioni (considerando anche le altre misure previste con il decreto 4/2019 - proroga opzione donna e blocco dell’adeguamento dell’attesa di vita fino al 2026 per le pensioni anticipate)

Risorse che la Cgil, come abbiamo spiegato in  varie occasioni, propone di investire nelle scelte politiche previdenziali.

Sul portale della Cgil è possibile leggere l'analisi completa su Quota 100.

Ma cerchiamo di guardare oltre Quota 100
Considerando la scadenza del 31 dicembre 2021,  si può prevedere vi saranno lavoratori che sono nati entro il 31 dicembre 1959 che avranno la possibilità di perfezionare il requisito, mentre, coloro che invece sono nati dal primo gennaio 1960 in poi, visto che compiranno 62 anni di età solo successivamente al 31 dicembre.2021, data in cui cesserà la sperimentazione di Quota100, saranno costretti ad accedere al pensionamento molti anni dopo, con la pensione anticipata con 42anni e 10 mesi (1anno in meno per le donne) oppure 67 anni di età (uomini e donne).Nella tabella uno schema riassuntivoSi determinerà di conseguenza a partire proprio dal primo gennaio 2022 quel famoso “scalone” di cui si parla spesso e che determinerà un allungamento del periodo di accesso al pensionamento fino a 5 anni.

Necessario un intervento strutturale
Anche per questo motivo sarà necessario un intervento strutturale, che modifichi l’attuale sistema e superi definitivamente la riforma Fornero.Purtroppo, si continua strumentalmente ad attaccare il nostro sistema previdenziale, denunciando la sua presunta insostenibilità, con l’obiettivo di ottenere ulteriori interventi restrittivi. In realtà il nostro sistema è sostenibile finanziariamente, ora e in prospettiva, come certificato anche dalla Corte dei Conti, ed il regime pensionistico italiano, con i 67 anni di età per poter accedere alla pensione di vecchiaia, attualmente è il più restrittivo in Europa.

È necessario quindi, come chiede la Cgil, una flessibilità in uscita a partire dai 62 anni, con interventi a favore delle donne, dei lavoratori precoci, dei lavoratori gravosi o usuranti, degli esodati, introducendo, per i più giovani, una pensione contributiva di garanzia per i lavori poveri o discontinui.

Enzo Cigna è il responsabile previdenza pubblica della Cgil nazionale