La pandemia, per qualche mese, ha bloccato tutto. Anche il confronto tra sindacati e governo ha dovuto subire uno stop anche perché le emergenze economiche hanno messo per ora in secondo piano i problemi strategici del riordino del sistema previdenziale pubblico e della costruzione di un piano pensioni per tutti anche per i giovani che oggi hanno impieghi precari. Ma anche in campo previdenziale ci sono problemi da affrontare subito. Ne abbiamo parlato con il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli. Ecco che cosa ci ha detto.

Il coronavirus ha interrotto il normale svolgimento della contrattazione del sindacato e dei negoziati con il governo sulle riforme. Da cosa si deve ripartire per il sistema previdenziale? E quali sono stati gli effetti della crisi più importanti per i pensionati?

La priorità per tutti in questi mesi è stata l’emergenza sanitaria e la necessità di mettere in sicurezza le persone, dal punto di vista sanitario ma non solo. Non è stato facile e molti lavoratori e pensionati stanno pagato un caro prezzo, in termini economici, con la riduzione o la perdita di lavoro e di conseguenza del loro reddito, in termini sociali, con la mancanza di servizi fondamentali come ad esempio quelli scolastici e per l’infanzia o quelli rivolti alle persone anziane o disabili. A molti lavoratori sono stati richiesti sacrifici immani, ad iniziare da chi lavora in sanità e a tutti coloro che hanno dovuto garantire “in presenza” la continuità di un servizio. Molti di questi hanno pagato con la loro vita, come anche tantissimi anziani, in particolare gli ospiti delle residenze. Ora l’emergenza non è finita ma siamo in una fase diversa nella quale occorre pensare anche a come far ripartire il Paese su nuove e più solide basi. Questa è la sfida che stiamo lanciando al governo e ci aspettiamo che il presidente Conte sia conseguente alla disponibilità data e avvii immediatamente il confronto con le parti sociali. Un confronto che va riaperto anche sui temi sociali, compreso il tavolo sulla previdenza  che si è interrotto lo scorso mese di febbraio. Consapevoli che ora è tutto più complicato e che vi sono elementi nuovi di cui è necessario tenere conto.

In una recente intervista per un sito specializzato sui temi della previdenza hai parlato di una pensione Covid. Di che si tratta e a chi è rivolta?  

L’emergenza sanitaria ha messo in rilievo diverse fragilità, da tutelare con la massima attenzione. Innanzitutto vi sono le persone con delle patologie croniche particolarmente a rischio, soprattutto nel contesto lavorativo e più in generale vi sono le persone più anziane. Inoltre la crisi determinerà pesanti ricadute in termini occupazionali e molti perderanno il lavoro e chi non ce l’ha avrà sicuramente più difficoltà a trovarlo. L’idea che stiamo approfondendo, in Cgil e unitariamente, è quella di usare anche la leva previdenziale per concorrere alla tutela di queste fragilità, con misure ad hoc che valgano per questo e per il prossimo anno. In particolare, in stretto rapporto con le caratteristiche delle fragilità evidenziate, immaginiamo un anticipo di pensione rispetto all’attuale limite di 67 anni della pensione di vecchiaia, una estensione delle platee a cui si rivolge l’Ape sociale e la norma sui Precoci, agendo su tutte e 4 le casistiche attualmente previste, che sono fortemente connesse agli effetti del Covid 19: i disoccupati, gli invalidi, i care giver e i lavori gravosi. Inoltre stiamo pensando ad un nuovo strumento che possa garantire, anche attraverso un contributo diretto dell’impresa, la transizione tra il lavoro e la pensione  a fronte di processi aziendali di crisi o di ristrutturazione, di fatto rendendo accessibili a tutti i lavoratori strumenti come l’Isopensione o i contratti di espansione, attualmente utilizzati solo dalle aziende più grandi e con grandi disponibilità finanziarie.

Quale ruolino di marcia possiamo immaginare per avviare il percorso che porterà alla riforma della previdenza? Il limite è la scadenza di Quota 100?

Per noi rimane centrale l’obiettivo di una riforma strutturale del sistema pensionistico basato sulla flessibilità in uscita e sull’attenzione a giovani, donne, gravosi, precoci, lavoro povero, e confermiamo l’idea che dal 2022, dopo la fine di Quota 100, la riforma vada a regime. Nel frattempo dobbiamo mettere in campo le misure previdenziali più urgenti che sono appunto quelle più legate all’emergenza sanitaria a cui ho fatto riferimento prima ma anche temi altrettanto urgenti come la copertura previdenziale per i part time verticali o la questione esodati, utilizzando sia la fase di conversione del decreto “rilancio” che la prossima legge di bilancio.

Si parla molto in questo periodo della necessità di reperire risorse finanziarie per il rilancio economico. Che ruolo potranno avere (se lo avranno) i fondi pensione negoziali?

Possono avere un ruolo importante visto che gestiscono 53 miliardi di euro. I Fondi possono orientare più risorse verso le piccole e medie imprese italiane, a condizione che queste imprese siano solide e abbiamo seri progetti di sviluppo tecnologico e occupazionale, nel rispetto dei diritti dei lavoratori. Una esperienza ormai a buon punto in questa direzione è stata avviata da Assofondipensione in collaborazione con la Cassa depositi e prestiti. Ma soprattutto i fondi dovrebbero essere messi in condizione di investire in un Progetto Paese, nelle infrastrutture sociali, materiali e tecnologiche, nella tutela ambientale e del territorio. E per sostenere questo processo, nell’ambito di un sistema che offra le necessarie garanzie, è importante che anche il Governo faccia la sua parte, anche attraverso la predisposizione dei contenitori su cui investire e un sostegno fiscale che dovrebbero essere previste già nelle prossime misure legislative.