Siamo a un anno ma sembrano cento. L’assuefazione alla sofferenza, uno dei mali del nostro tempo, confonde i piani e sbiadisce l’obiettivo. E tutto resta pericolosamente sospeso. Immobile, rarefatto. Incomprensibilmente contorto. Aggressori e aggrediti. Vittime e carnefici. Invasori e invasati. Fiumi di sangue e d’inchiostro. Abominevoli ossimori giustificano orrori senza senso e senza sosta. Nel più assordante silenzio generale. Tutti si fanno belli(ci) con la parola pace. Ma la pace non è una bandiera controvento. Non è un aforisma sdolcinato, un’utopia irraggiungibile e nemmeno l’equidistanza prezzolata di chi la usa come un’arma. La pace è convinzione, coraggio, volontà. È condanna ma anche abbraccio. Resistenza e inclusione. Compromesso e compassione. Perché la vittoria non è mai pacifista. Pacifista è un pareggio al 94esimo che centra la salvezza.