Da tempo la Confederazione di Corso di Italia si occupa di favorire, attraverso la battaglia per l’approvazione di norme adeguate, la rappresentanza sindacale piena anche per le lavoratrici e i lavoratori delle forze armate. Una battaglia cominciata nel 2013 il cui approdo, però, non soddisfa: la legge approvata nella scorsa legislatura non consente la contrattazione sulle condizioni di lavoro che invece è o dovrebbe essere il cuore dell’attività sindacale. Ne Parliamo con Fabrizio Spinetti, responsabile del Coordinamento sindacati forze armate e forze di polizia della Cgil.

I suicidi tra militari sembrano non arrestarsi. Il neo ministro della Difesa ha annunciato di voler fornire un supporto psicologico agli uomini e alle donne in divisa quasi fosse un fenomeno legato esclusivamente al disagio individuale. È proprio così?
Dopo quando avvenuto ad Asso, un carabiniere ha ucciso il proprio comandante, e dopo il femminicidio di Taranto, un sottufficiale della Marina ha ucciso la moglie e poi si è tolto la vita, il ministro Crosetto ha annunciato l’istituzione di un supporto psicologico per i militari.  Si tratta senza dubbio di una misura di attenzione ma certamente non sufficiente perché affronta il tema dei suicidi sempre e solo come un problema che riguarda l’individuo. Parliamo di oltre 60 suicidi 11 mesi, una situazione gravissima che non può riguardare solo la sfera individuale. Per noi la questione interessa gli assetti e gli ambiti organizzativi degli ambienti militari e di polizia che hanno riflessi anche sulle vite private delle lavoratrici e dei lavoratori in divisa. Il più delle volte dietro un suicidio ci sono condizioni di lavoro e di vita complessi che derivano da un disagio lavorativo in ambienti fortemente gerarchizzati.

Lo accennavi, il problema riguarda l’organizzazione del lavoro. Da tempo la Cgil si batte per affermare la necessità della piena democratizzazione delle forze armate e il rafforzamento delle rappresentanze sindacali in divisa. Oggi cosa vi preoccupa?
Ci preoccupa, soprattutto proprio ora che misure restrittive delle libertà costituzionalmente garantite vengono adottate dal governo, il rischio che si possa creare un vulnus democratico nel Paese, e quindi riteniamo sia necessario riconoscere ai sindacati militari, e al sindacato in generale, il ruolo di presidio democratico e di tutela dei diritti e della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori in divisa affinché le regole democratiche, che sono la base della convivenza civile di tutto il Paese, non vengano travisate nel rapporto con la cittadinanza evitando un contrasto radicale tra posizioni contrapposte e costruendo, invece, attraverso l’azione sindacale una consapevolezza che permetta ai lavoratori in divisa di sentirsi riconosciuti come tali e di riconoscere ai cittadini il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero.

Eppure esiste una sentenza della Corte Costituzionale che riconosce anche ai lavoratori e alle lavoratrici in divisa di costituirsi in sindacato
Si, come Cgil abbiamo sostenuto questa battaglia fin dal 2013 facendoci anche promotori di ricorsi insieme ad associazioni militari alla CEDU e al Comitato europeo per i diritti sociali  le cui osservazioni hanno poi contribuito a determinare la sentenza della Corte Costituzionale del 2018 e abbiamo messo il nostro impegno per avviare la fase costituente dei sindacati militari e consentire loro di agire liberamente nel confronto con le Amministrazioni interessate.

Le leggi esistono, quella che riguarda polizia di stato e penitenziaria sono più antiche, più recentemente sono state varate anche le norme per le forze armate. Perché non funzionano?
Perché la normativa, anche per quei settori più avanti nei processi di sindacalizzazione come la Polizia di Stato o la Polizia penitenziaria, impedisce un confronto su come organizzare il lavoro, figuriamoci poi per i nuovi sindacati delle forze armate. Per loro q la legge, approvata nella scorsa legislatura, ostinatamente nega ai sindacati militari ogni ruolo di contrattazione, impedendo qualsiasi evoluzione in senso democratico del sistema e del suo ambiente e impedendo quel ruolo di tutela del lavoratore che ogni sindacato deve agire nel confronto sull’organizzazione del lavoro. Siamo all’assurdo che a una organizzazione sindacale è stato contestato di aver utilizzato troppe volte nel proprio statuto la parola “sindacato” e non “associazione professionale a carattere sindacale”come dispone la legge. Inoltre, la norma sulla rappresentanza sindacale dei militari a nostro avviso alza un muro tra la società civile e il mondo militare. Noi pensiamo che vadano superate le attuali disposizioni che limitano il ruolo delle organizzazioni sindacali anche perché le Forze di polizia e le Forze armate sono istituzioni che devono vivere all’interno di una società complessa e ne devono essere parte integrante. Non è utile al Paese una separazione che rischierebbe diventare sostegno a propositi corporativi.

 

Per il prossimo 30 novembre, insieme alle organizzazioni sindacali che rappresentano i militari e i lavoratori delle polizie, avete organizzato un seminario, perché? Di cosa discuterete?
Fino a oggi il tema dei suicidi è stato negato o ridimensionato dagli Stati maggiori e dalle amministrazioni interessate ed è stato presentato come una questione che non ha attinenza con l’ambiente di lavoro. Noi vogliamo invece affrontare la questione da un diverso punto di vista. Per noi il luogo e le condizioni di lavoro sono determinanti nel creare un disagio lavorativo che, come purtroppo troppo spesso sta accadendo, sfocia in eventi tragici. Riteniamo che l’azione sindacale attraverso il confronto sull’organizzazione del lavoro possa in qualche modo migliorare le condizioni di lavoro e provare a ridimensionare il disagio che le lavoratrici e i lavoratori in divisa subiscono. Un altro obiettivo che ci poniamo è quello di rendere consapevole tutta l’organizzazione della Cgil dell’importanza del sostegno alle organizzazioni sindacali dei militari e delle polizie. La nostra iniziativa è per continuare ad affermare la necessità di democratizzare le Forze armate e di Polizia al fianco dei lavoratori in divisa e di avere sindacati che li rappresentano pienamente titolari di prerogative sindacali.

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