Stato di agitazione dei co.co.co. idi Ipsos impiegati nelle sedi di Milano e Bari. Nella società che opera nel settore delle ricerche di mercato e dei sondaggi di opinione è a rischio il reddito di circa 150 lavoratori, a partire da quelli impegnati da tre anni nell’appalto Tim di cui l’azienda ha annunciato l’esternalizzazione. Per questo sono stati programmati due sit-in che si terranno il 7 giugno a Milano e il 14 giugno a Bari, dalle 10.30 alle 13.30, davanti alle sedi aziendali. È quanto si apprende da una nota unitaria di Felsa Cisl, Nidil Cgil e Uiltemp, “Riteniamo gravissima la vicenda che coinvolge le collaboratrici e i collaboratori di Ipsos – affermano le tre organizzazioni sindacali – e che si inserisce nell’infernale catena degli appalti e dei subappalti in cui gli unici a pagare un prezzo altissimo sono sempre i soggetti più deboli, ovvero i lavoratori". 

“Questo è quello che succede in appalti come quello di Tim – proseguono i sindacati – dove per l’aggiudicazione della commessa viene favorita la competizione fra imprese non sulla qualità del servizio, ma sulla riduzione dei costi, con la conseguenza che in questa colpevole e inaccettabile logica saltino posti di lavoro e si comprimano i redditi e i diritti di chi lavora, compresi quelli di chi è già più precario, a valle della catena produttiva”.

In particolare, a preoccupare lavoratori e sindacati è la comunicazione fatta dall’azienda di voler esternalizzare la recente aggiudicazione nella gara di appalto per lo svolgimento di un servizio per conto di Tim. Complessivamente, per i collaboratori impegnati su questo servizio da circa tre anni, ciò determinerà la riduzione di circa il 20% del monte orario e quindi del reddito di quest’anno. “Non possiamo accettare il continuo riproporsi di queste dinamiche negli appalti, a maggior ragione se a promuoverle sono aziende importanti come Tim – affermano ancora le tre sigle –.  Chiaramente, la denuncia pubblica di queste vicende non basta, per quanto ci riguarda stigmatizziamo la condotta di Ipsos e chiediamo che la commessa resti in carico all’azienda per permettere ai collaboratori di lavorare.”

Nei mesi scorsi i sindacati hanno più volte incontrato la multinazionale francese per conoscere le prospettive lavorative dei circa 150 collaboratori delle due sedi operative in Italia, Milano e Bari. "L’azienda – conclude la nota – è sempre stata invitata anche a discutere delle condizioni di lavoro, come ad esempio l’organizzazione di turni e orari, il compenso come previsto dall'accordo collettivo di settore, la regolamentazione del lavoro da remoto. Nonostante le dichiarazioni d’intenti ai tavoli sindacali non sono mai seguiti atti concreti e, nel tempo, la situazione è oltremodo peggiorata".