Sono settimane delicate le prossime, quelle che vedranno la commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei Deputati esaminare il disegno di legge delega di riforma dei contratti pubblici, meglio conosciuto come Codice degli appalti. L’iter è cominciato e la scadenza per la presentazione degli emendamenti è scaduta alle ore 12 del 21 aprile. Il testo approvato in prima lettura del Senato contiene luci e ombre. E le luci sono anche il frutto di un lavoro delle tre confederazioni, Cgil Cisl e Uil, che in sede di audizioni hanno suggerito emendamenti per migliorare il testo. Tra queste il mantenimento del contratto e del salario anche per lavoratori e lavoratrici dei sub appalti.

Le ombre. Innanzitutto, la volontà chiaramente espressa da alcune forze politiche, anche di maggioranza, di “semplificare” ulteriormente gli iter che, tradotto in italiano, rischia di significare deregolamentazione ed eliminazione di “lacci e laccioli”, strumenti indispensabili, invece, per garantire trasparenza, legalità, rispetto dei contratti e contrasto al lavoro nero.

Serve innanzitutto una stabilità della norma.  A ricordalo è stato Giuseppe Massafra, segretario nazionale della Cgil, durante l’audizione in Commissione alla Camera: “Riteniamo essenziale che il legislatore proceda attraverso modifiche mirate, tese a migliorare il testo per renderlo più efficace. Una modifica complessiva e radicale determinerebbe il blocco del sistema degli appalti e il Paese questo non può permetterselo”. Non solo, per il dirigente sindacale “è necessario avere una normativa ordinaria, che possa sviluppare i suoi effetti nel tempo, che non sia continuamente manomessa, frantumata, svuotata come di fatto è avvenuto negli ultimi 6 anni attraverso quasi seicento modifiche”.

Ad esprimere questa necessità non sono solo le organizzazioni sindacali, ma anche il presidente dell’Anac: "La delega al governo per riscrivere il nuovo Codice degli appalti è troppo generica. E le deleghe generiche sono deleghe in bianco, rischiano di far fare un passo indietro". È quanto ha dichiarato il presidente dell'Autorità Anticorruzione, Giuseppe Busia, in audizione alla commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera. "Occorre mantenere nella riforma - ha aggiunto - un'idea unitaria di Codice degli appalti. Gli operatori hanno bisogno di certezza del diritto".

Non è un caso Cgil Cisl e Uil abbiano chiesto che nella cabina di regia che dovrà monitorare l’evoluzione della normativa sugli appalti venga prevista anche la presenza di sindacati e organizzazioni datoriali. Chi le norme deve applicarle ha bisogno che siano certe e stabili.

Ma c’è una questione che per il sindacato – che proprio in questi giorni sta organizzando iniziative e mobilitazioni – è assolutamente fondamentale: le clausole sociali. Quando si parla di appalti, infatti, non bisogna mai dimenticare che non riguardano solo le infrastrutture. È bene sapere che circa il 50% delle risorse destinate dal Pnrr in appalti saranno messe a gara per servizi.

Non è un caso che la segretaria generale della Filcams, Maria Grazia Gabrielli, proprio su questa questione abbia richiamato con forza l’attenzione delle forze politiche: “Il testo della legge Delega sugli Appalti, approvato dall'Aula di Palazzo Madama, contiene alcune correzioni rilevanti e condivise dalla Filcams: positivo aver riconfermato il rispetto del Ccnl e le tutele per i lavoratori anche in sub appalto, così come la conferma dell'esclusione dei costi della manodopera e della sicurezza dalla possibilità di ribasso è un integrazione importante, richiesta e sostenuta dalla categoria, ma contiene una norma negativa e grave che per la Filcams va modificata”. Così la sindacalista all’indomani del voto al Senato, aggiungendo: “È sbagliato aver lasciato, nel testo approvato, la facoltà di inserire le clausole sociali nei bandi di gara, quando il Codice dei contratti oggi ne prevede l'obbligo. L'applicazione di questa modifica metterebbe in discussione la tutela occupazionale negli appalti di servizi costituendo un incomprensibile passo indietro di sei anni."

"La nostra richiesta è che la Camera operi le necessarie modifiche e ripristini l'obbligo dell'inserimento delle clausole sociali – ha concluso Gabrielli -. Solo così si può impedire che ogni cambio di appalto si trasformi in perdita di posti di lavoro e di reddito per centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori occupati negli appalti di servizi".

A sottolineare il valore delle clausole sociali è stato lo stesso Massafra che ha aggiunto: “È una norma di civiltà nel lavoro. Ha determinato un miglioramento profondo nel settore degli appalti, in modo particolare in quello ad alta intensità di manodopera, diventando uno strumento effettivo per la stabilità occupazionale dei lavoratori e riducendo i livelli preesistenti di forte precarietà. Inoltre, ha contribuito robustamente a migliorare la condizione dei lavoratori sotto il profilo dell'esigibilità del contratto di lavoro e di contrasto al dumping contrattuale e alla contrattazione pirata. Migliorando la qualità delle stesse imprese chiamate ad un maggiore senso di responsabilità".

Anche Giuseppe Busia ha insistito sulle clausole sociali all'interno del Codice degli appalti e sui criteri di sicurezza. "Efficienza e rapidità degli appalti vanno unite a legalità - ha detto -. Il ruolo di Anac come soggetto regolatorio diventa fondamentale al riguardo". Ha poi richiamato l'attenzione sui rischi di un eccesso di deregulation e di affidamenti senza gara: "La trasparenza nell'assegnazione degli incarichi non rallenta le procedure. Favorisce, invece, la scelta degli operatori migliori".

Infine, il presidente di Anac ha richiamato l'importanza della qualificazione delle stazioni appaltanti, a cui l'Autorità sta lavorando insieme alla Presidenza del Consiglio all'interno della cabina di regia, e ha sottolineato il ruolo centrale che nell'appalto svolge la progettazione: "Il tempo investito nella progettazione è tempo ben speso - ha osservato Busia -. Nella riforma del Codice vanno inseriti elementi più precisi al riguardo. È importante che vi sia da parte della stazione appaltante la definizione del fabbisogno, perché è lì che si focalizza qual è il bisogno pubblico da soddisfare".

Il Presidente di Anac ha sottolineato come il testo della delega costituisce un arretramento anche per quanto riguarda la suddivisione in lotti degli appalti e l'accesso agli stessi delle piccole e medie imprese: "Oggi è un obbligo, salvo deroga in casi eccezionali. Nel nuovo testo diventa opzionale rendendo più difficile l'accesso alle piccole imprese agli appalti, facendo dell'unico affidatario un monopolista, che poi distribuisce in subappalto". Da ultimo ha ribadito la richiesta di Anac che venga definito nelle gare di appalto un regime costante di aggiornamento dei prezzi.

Secondo Sergio Genco della Cgil nazionale, “è assolutamente necessario che sia sottolineato il principio dell'evidenza pubblica dell'appalto. Questo significa che occorrerà circoscrivere al massimo l'utilizzazione degli affidamenti diretti e le procedure negoziate senza bando di gara. Procedure queste poco trasparenti, discriminatorie che determinano la corruzione e favoriscono la penetrazione delle mafie nel sistema degli appalti pubblici. La stessa Commissione Europea ha chiesto all'Italia che tale procedura venga drasticamente ridimensionata e sia prevista esclusivamente in casi di straordinarietà e urgenza motivata da aspetti oggettivi. Come è anche necessario, relativamente alla norma che regola gli affidamenti ai concessionari, che il legislatore tenga presente che la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'obbligo di affidare a terzi l'ottanta per cento dei contratti”.

La legge delega di riforma dei contratti pubblici, come abbiamo detto, è all’esame della Camera dei Deputati. Come verrà integrata e corretta rispetto al testo varato dal Senato definirà anche la qualità del lavoro nei servizi. La Cgil, la Filcams, la Fillea sono in campo anche con iniziative e mobilitazioni per far sì che le norme che verranno licenziate dal Parlamento siano all’altezza dei bisogni del mondo del lavoro.

L’auspicio di Massafra, infatti, è che “la legge delega deve da subito avere un indirizzo chiaro: quello che per produrre innovazione, sostenibilità, resilienza nel Paese, attraverso gli appalti pubblici, deve qualificare il lavoro e l’impresa, favorirne la crescita dimensionale e la capacità di investire in formazione, professionalità, nuovi processi e prodotti e non invece essere una leva per un ulteriore impoverimento e guerra tra persone”.