Perché rischiamo di non aver compreso la lezione della pandemia e della crisi economica e sociale che ne è conseguita se, di fronte alla disuguaglianza crescente fotografata dall'aumento della precarietà e della povertà nel nostro paese, le risposte sono quelle contenute nella legge di Bilancio.

Questo è il tempo della ricostruzione: salute, sociale, lavoro, inclusione.

Questo è il tempo dell’equità: nulla è più discriminatorio che fare parti eguali tra diseguali. Di fronte alla scelta di quali sono i redditi da tutelare, bisogna aiutare chi vive di un lavoro povero e di una pensione più bassa.

Questo è il tempo della giustizia sociale: nella pandemia c’è chi ha pagato un prezzo più alto di altri per assenza delle reti di protezione sociale, per la precarietà del lavoro, per l’assenza di una prospettiva di futuro con un sistema che costringe a lavorare di più chi guadagna di meno, i giovani e le donne per i quali aumenta il rischio sociale e si allontana una pensione dignitosa.

Questo è il tempo in cui le politiche ordinarie scrivono la pagina più importante del futuro del nostro Paese perché sono “attivatrici” e “direttrici” di spesa dei fondi straordinari che arrivano dall’Europa e perché devono intervenire laddove questi non danno risposte.

Potremmo costruire materialmente case della comunità per la salute territoriale e asili nido ma per assumere personale c’è bisogno di aumentare la spesa corrente. Una scelta che non viene fatta né per la salute, dove l’allarme delle Regioni preoccupa per la tenuta della rete covid, per il rinnovo del Ccnl e la riforma dell’assistenza territoriale, né per il sociale dove dall’infanzia alla non autosufficienza non scommettiamo adeguatamente sul potenziamento dell’inclusione.

Di fronte alle ingiustizie sociali e al mancato contrasto alla disuguaglianza, in assenza di scelte che tutelino il lavoro di qualità, stabile e in sicurezza. Di fronte a riforme di struttura annunciate e per le quali nella legge di bilancio non si investe nelle assunzioni e nella valorizzazione professionale. Di fronte alla assurdità dell’introduzione di ulteriori vincoli e tetti di spesa sulla riforma dell’ordinamento professionale e sulla contrattazione decentrata nel settore pubblico. In coerenza con la piattaforma che abbiamo presentato e discusso in questi mesi con le lavoratrici e lavoratori, e in ragione delle risposte inadeguate, occorre mettere in campo iniziative di lotta che segnalino dissenso e richiesta di radicali cambiamenti, a partire dalla legge di Bilancio, e guardando alle riforme che ci attendono.

Coesione sociale è un’espressione densa di significato che rimane la nostra ambizione insieme alla giustizia sociale e all’eguaglianza. Vogliamo il pane e anche le rose e il 16 scioperiamo per il Futuro e la Dignità del Lavoro.