Situazione critica quella dell’Istituto statale sordi di Roma. L’unico ente dello Stato che si occupa di sordità non ha le risorse per accendere il riscaldamento e per garantire la piena attuazione dei protocolli di sicurezza anti-Covid, e da sei mesi non paga gli stipendi e neppure i contributi ai lavoratori precari. Per questo i collaboratori, che da 25 anni garantiscono lo svolgimento di funzioni essenziali per le persone non udenti e le loro famiglie, e che ancora oggi non vedono riconosciuti ruoli e professionalità, hanno deciso di mobilitarsi per chiedere al ministero dell’Istruzione di trovare una soluzione.

L’annuncio arriva dal Nidil Cgil, la categoria della confederazione che rappresenta gli atipici, che promette una “mobilitazione permanente fino al risolvimento delle criticità in atto e all’erogazione dei fondi necessari all’assolvimento degli obblighi retributivi e contributivi nei confronti dei precari, oltre che al rispetto di condizioni di lavoro dignitose per tutti” si legge in una nota del sindacato che già tre mesi fa aveva lanciato l’ennesimo appello al Miur, rimasto inascoltato.

“In un momento in cui il Pnrr deve dare risposte alle esigenze di rilancio – afferma il Nidil -, i lavoratori dell’Issr constatano amaramente che il governo continua a privilegiare gli interventi straordinari al lavoro quotidiano di chi da anni si assume l’onere di servizi essenziali per l’inclusione delle persone sorde, in particolare per le famiglie e per i giovani, di garantire corsi di formazione e di didattica specializzata“. I finanziamenti previsti per legge fin dal 1997 non sono mai arrivati e l’istituto si trova oggi in una gravissima crisi finanziaria che ne mette a rischio la sopravvivenza trascinando con sé i lavoratori e le loro famiglie. Senza i fondi, precisa il Nidil, sono a rischio le attività e i servizi che vengono erogati in favore delle persone sorde, gli stipendi dei lavoratori, l’esistenza stessa di un’istituzione che conta oltre 200 anni di storia.