Lavoro stagionale nella filiera turistica e della cultura: la precarietà e le condizioni di lavoro sono insostenibili. È indispensabile un “nuovo turismo” caratterizzato da occupazione stabile, regolare e dignitosa. Forte stagionalità, bassi salari e tante forme di irregolarità contrattuale sono i mali endemici del turismo, già prima della pandemia. L’emergenza sanitaria ha ulteriormente messo in luce le criticità, portando allo scoperto le condizioni di un lavoro sempre più precario e mal retribuito.

“L’allarme lanciato dagli imprenditori che denunciano la mancanza di lavoratori è fuorviante oltreché strumentale”. Lo afferma Fabrizio Russo, segretario nazionale della Filcams Cgil, aggiungendo: “Quello che manca è in realtà un lavoro stabile, regolare e dignitoso, quindi sostenibile. “

A parlare chiaro sono i dati che evidenziano quanto il lavoro nel turismo sia il più precario: il 41% dei lavoratori rispetto al 22% del totale dell’economia nazionale; così come è forte l’incidenza della stagionalità, il 14% rispetto al 2% del dato di riferimento a livello nazionale.

Precarietà e instabilità contrattuale sono le caratteristiche del comparto: più del 55% dei lavoratori a chiamata presta attività nella filiera del turismo e della cultura. Lo dimostrano anche i dati relativi alle assunzioni a tempo indeterminato, nettamente inferiori nel turismo e nella cultura rispetto agli altri settori: il 59% a tempo indeterminato contro l’82% del totale economia. La situazione, già difficile, è stata aggravata dai mesi di fermo dovuti all’emergenza sanitaria, facendo aumentare anche le tante forme di lavoro irregolare, nero o grigio.

Secondo i dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro, sono state 10.472 le violazioni accertate nel 2020; il 17% del totale, con un tasso superiore al 70% per le attività di alloggio e ristorazione. Il lavoro nel turismo è anche “il più nero”: secondo i dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro, il 46% delle violazioni totali, mentre un altro 12% riguarda l’orario di lavoro

A tutto ciò si aggiungono le basse retribuzioni (nel turismo e della cultura sono pari ai due terzi del totale), l’orario di lavoro ridotto (il 54% di part time contro il 29% del totale) e la dequalificazione professionale (82% di qualifiche “operaie” contro il 53% del totale).

Un nuovo modello di turismo è possibile - prosegue Fabrizio Russo -. Inclusione, sostenibilità e legalità, nel perimetro del rispetto della legge e dei contratti nazionali di settore; solo così sarà possibile gestire la ripresa per un rilancio del settore”.