Alle 7.44 di questa mattina a Leffe, nel Bergamasco, presso la ditta Plastic Leffe, un operaio di 59 anni è morto, in seguito a un infortunio in cui ha riportato uno schiacciamento alla testa e al torace. Sul posto sono intervenuti ambulanza, automedica, carabinieri e vigili del fuoco, che hanno potuto solo constatare il decesso.

“L’incidente di stamattina è l’ennesimo infortunio mortale e attendiamo il lavoro della magistratura per fare luce. Ma i numeri di questi mesi raccontano di una strage continua e non si può parlare di incidenti quando il profitto viene messo prima della vita dei lavoratori”. Queste le parole dei segretari nazionali della Filctem Cgil Sonia Tosoni e Ugo Cherubini, commentando la tragica notizia.

“Le risorse da destinare alle aziende – proseguono Tosoni e Cherubini - devono essere consegnate solo a chi opera con politiche di investimenti che garantiscono la sicurezza. Chiediamo una riforma che orienti risorse finalizzate ad assunzioni di ispettori che operino sul territorio in termini di prevenzione e di controllo”.

“Riteniamo che le aziende inadempienti sui temi della sicurezza vadano sanzionate fino ad arrivare anche al blocco momentaneo della produzione. Passando dalle parole ad azioni concrete a difesa dei lavoratori per poter lavorare in sicurezza. Lavorare per vivere e non per morire”: hanno concluso i due sindacalisti.

"La forte ripresa produttiva che si sta registrando, soprattutto nel manifatturiero, in provincia di Bergamo non può essere pagata con il sangue dei lavoratori - hanno scritto in un comunicato congiunto le segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil -. Dall'inizio dell'anno le vittime nella nostra provincia sono 6. Un numero inaccettabile, visto che già un solo morto sarebbe di troppo in questa macabra contabilità. Il nostro impegno sul campo della sicurezza sul lavoro non si è mai fermato: l'anno scorso denunciavamo la mancanza di dipositivi di protezione per infermieri e medici, quest'anno abbiamo indetto presidi (due a Bergamo solo nel mese di maggio) e manifestazioni per chiedere formazione, tempi di lavoro umani, controlli e rispetto delle regole. I nostri delegati e i nostri responsabili per la sicurezza vigilano ogni giorno nelle fabbriche e nei cantieri, sollecitando interventi e verifiche. Non si contano più i nostri comunicati di condoglianze alle famiglie delle vittime.
Siamo stanchi, e sono stanchi i lavoratori che escono di casa la mattina senza essere certi di ritornare la sera. La crisi dello scorso anno e la ripresa economica appena iniziata non possono essere la scusa per ignorare le norme di sicurezza o per chiedere ai dipendenti di adottare ritmi forsennati che mettono a rischio la loro incolumità e salute. Lo abbiamo visto in molti casi, anche a livello nazionale: dispositivi di sicurezza sulle macchine e sugli impianti che vengono disattivati e manomessi perché rallentano la produzione. Anche a Bergamo abbiamo visto casi di questo tipo, che non temiamo di definire criminali. 
Siamo stanchi, e siamo arrabbiati. Siamo stanchi di sentirci i soli che alzano la voce su questo tema in un silenzio assordante. Siamo stanchi di leggere i necrologi di lavoratori, e di vedere che invece di interventi straordinari per aumentare sicurezza e controlli in quella che è una vera e propria emergenza sociale, vediamo che si preferisce andare in deroga alle norme sugli appalti in nome di uno sviluppo a qualsiasi prezzo. 
Nel 2018 parti sociali e istituzioni avevano sottoscritto un accordo, oggi scaduto, che prevedeva 10 azioni concrete da sviluppare sul territorio per prevenire incidenti e infortuni. Dobbiamo ripartire da qui: non possiamo più aspettare, occorre muoversi adesso su questa strada già tracciata".

Dal primo maggio a oggi le vittime sul lavoro in Lombardia sono 9. proprio ieri, sulla bretella di raccordo tra l'A1 e l'A21, nel territorio di Piacenza, in un incidente stradale che potrebbe risultare infortunio in itinere, sono morti 5 operai dipendenti di due ditte edili del bresciano e residenti tra la provincia di Brescia e quella di Bergamo.