L’impegno del governo c’è, ma per ora le risposte non sono certo soddisfacenti. L’incontro di oggi (venerdì 26 marzo) a Roma, presso la sede del ministero dello Sviluppo economico, cui hanno partecipato il titolare del dicastero Giancarlo Giorgetti e il ministro del Lavoro Andrea Orlando, è solo il primo passo di un percorso che si annuncia lungo e complesso. In agenda, in questo vertice con i sindacati, c’era anzitutto la situazione di ArcelorMittal. Ma Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil hanno portato in piazza un centinaio di lavoratori delle tante vertenze aperte: la discussione, dunque, si è allargata all’industria più in generale e all’analisi delle principali crisi aziendali.

Ai sindacati Giorgetti e Orlando hanno detto di voler costituire, appunto, una task force sulle imprese in difficoltà: la struttura dovrebbe entrare in funzione entro breve, si è in attesa delle ultime autorizzazioni. “Una risposta non soddisfacente”, commenta la segretaria generale della Fiom Cgil Francesca Re David: “Questi lavoratori e queste imprese hanno spesso lunghe storie alle spalle, molte di queste aziende sono aperte soltanto grazie alla tenacia dei loro dipendenti, non è pensabile che le cose rimangano ferme in questo modo”.

I sindacati hanno dunque chiesto al governo di “mettere in calendario, fin da subito, tavoli di confronto almeno sulle vertenze più urgenti. Anche perché, è bene ricordarlo, il governo ha deciso che nell’industria da luglio si può licenziare. Una cosa va detta chiaramente: non è che da luglio si decide che si può licenziare, e per affrontare le crisi si deve invece aspettare che ci sia una riorganizzazione totale”. Giorgetti e Orlando hanno quindi assicurato la convocazione dei tavoli fin dai prossimi giorni, ma “una risposta con delle date – rimarca Re David – non l’abbiamo avuta”. 

Entrando nello specifico dell’ex Ilva, il governo si è impegnato a mettere la tranche di 400 milioni prima del 13 maggio allo scopo di garantire il lavoro, anche quello dell’indotto. “I ministri hanno anche detto di non essere convinti del piano industriale e neanche delle vere intenzioni dell’azienda”, illustra Re David, rilevando però che “non siamo stati noi ad aver scelto ArcelorMittal, ma i governi: dal 2018 ne sono cambiati quattro, ogni volta ci si spiega che devono verificare la sua affidabilità. Io non mi esprimo sulla multinazionale, ma chiedo: chi l'ha scelta?”.

L’intenzione dell’esecutivo, comunque, è realizzare un intervento dello Stato per divenire maggioranza. Il coinvestimento consentirà anche la nomina di tre membri del Consiglio di amministrazione, indicati da Invitalia, che potranno svolgere una funzione di controllo. "Il governo - precisa la leader sindacale - sta analizzando il piano industriale per capirne la concretezza e da questa verifica dipendono gli investimenti del Recovery plan sulla siderurgia. Permane, quindi, una condizione di incertezza che peggiora la situazione dei lavoratori di tutti gli stabilimenti, a partire da Taranto, mentre sarebbero necessari investimenti industriali, ambientali e sulla manutenzione".

Stesso stato di incertezza riguarda il sito siderurgico di Piombino. “Il ministro ha detto che la siderurgia è un asset strategico e che, come si mettono le risorse su Taranto, si metteranno anche su Piombino. Ma il piano industriale dell'azienda è stato nei giorni scorsi respinto dal governo”, spiega la segretaria generale Fiom Cgil: "Il governo sta valutando l’ingresso di capitale pubblico che, per noi, è condizionato alla salvaguardia di tutta l’occupazione". Giorgetti, in aggiunta, ha rimarcato che “nel Recovery fund ci sono tanti soldi per la siderurgia, ma prima di spenderli bisogna analizzare l’affidabilità dell’interlocutore privato, e allo stato non c’è grande fiducia in Jsw”.

La Fiom ritiene urgente la convocazione dei tavoli di settore su automotive, aerospazio, elettrodomestico e siderurgia, con la presenza delle imprese e dei sindacati. "Le politiche industriali e le politiche per il lavoro vanno discusse insieme", conclude Francesca Re David: "Le risorse del Recovey fund devono essere utilizzate per consolidare l’industria e garantire l’occupazione, i piani devono essere condivisi con il sindacato. Pertanto, se nei prossimi giorni non arriveranno le risposte e le necessarie convocazioni, torneremo a mobilitarci”.

LA GIORNATA
“Ci aspettiamo che sull’Ilva, dopo 12 anni di disastri e dopo l'accordo fatto, il governo ci dica cosa succede e cosa vuole fare”. Parole chiare, quelle della segretaria generale della Fiom Cgil Francesca Re David, pronunciate oggi (venerdì 26 marzo) prima dell'incontro convocato dal ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, iniziato a Roma alle ore 11. “Hanno fatto un accordo per cui lo Stato entra nella proprietà e deve mettere delle risorse”, aggiunge la leader sindacale: “Non si può pensare che lavoratori e territorio siano in attesa di chissà cosa”.

All’incontro (il secondo sul tema, il primo si è tenuto due settimane fa) partecipano i vertici di Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil, Ugl e Usb. Al ministero, però, non si parlerà solo di acciaio, perché oggi, in contemporanea al vertice, i sindacati hanno anche organizzato un presidio davanti al ministero dello Sviluppo economico (nel rispetto delle regole anti-Covid) per richiamare l'attenzione del governo sulle grandi crisi aperte. Al sit-in partecipano delegazioni delle principali vertenze: Whirlpool, Jabil, Industria Italiana Autobus, Acc-Embraco, Leonardo, Ge Aviation, Ast, Jws, Bosch, Stellantis e Sirti.

“Noi avevamo già scritto una lettera ai ministri Giorgetti e Orlando, chiedendo un incontro sull'insieme delle vertenze su cui non sappiamo nulla, e non abbiamo alcuna convocazione, da più di un mese”, riprende Re David, evidenziando che “a questa lettera nessuno ha risposto. È poi arrivata la convocazione per Ilva, e noi abbiamo comunque mantenuto il presidio perché tutti i lavoratori sono in una condizione di difficoltà e di incertezza”. La leader Fiom chiede al governo di “discutere di politica industriale e di politiche di settore, di affrontare assieme a sindacati e lavoratori e il presente e il futuro dell’industria del Paese” e di stilare “un piano programmatico di convocazione per tutti gli tavoli di crisi”.

Tornando all’ex Ilva, l’incontro arriva dopo alcuni giorni di grande fibrillazione. Venerdì 19 marzo l'azienda dichiarava di voler rallentare produzione e investimenti, non riprogrammando la ripartenza degli impianti fermi a Taranto e non richiamando il personale dalla cassa integrazione. Questo perché Invitalia era inadempiente circa il versamento di 400 milioni di euro per portare lo Stato a entrare al 50 per cento nel capitale di ArcelorMittal, come da accordo del 10 dicembre. Il giorno seguente, sabato 20, ArcelorMittal ritornava sulle proprie decisioni, rimettendo progressivamente in marcia gli impianti fermi e richiamando gli operai al lavoro. Successivamente l'amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, scriveva ad ArcelorMittal rassicurandola sulla volontà dello Stato di tener fede all'accordo.